Perché la destra induista vuole chiudere Greenpeace India?

Il governo indiano accusa Greenpeacedi essere finanziata da organizzazioni e potenze straniere

[10 Novembre 2015]

Vinuta Gopal è la co-direttrice ad interim di Greenpeace India e lavora per questa associazione da 14 anni, organizzando e partecipando a decine di campagne per proteggere l’ambiente indiano e i diritti delle persone.  E’ lei che il 6 novembre ha ricevuto una lettera che le ha fatto dire che quello era un’altra giornata nera per la democrazia indiana: il District Registrar Chennai annunciava che  la society registration di Greenpeace India era stata annullata e che l’ONG doveva cessare ogni attività in India. «Noi, naturalmente, ricorreremo contro tutto questo in tribunale – ha subito risposto la Gopal – ma chiaramente la repressione da parte del ministero degli affari interni (Ministry of Home Affairs – MHA, ndr) dei gruppi della società civile come Greenpeace India continua». Si tratta dello stesso meccanismo utilizzato contro le ONGinternazionali in Russia, che Vladimir Putin considera “agenti stranieri”.

Secondo la co-direttrice ad interim di Greenpeace India, le accuse del governo, soprattutto quelle di “frode”, «Sono del tutto ridicole. Il Registrar of Society (RoS)  non ha capito l’informativa finanziaria di base e ha confuso le donazioni straniere con quelle indiane, che sono riportate separatamente per disposizioni di legge. Questo gli è stato fatto notare, ma hanno ignorato il nostro chiarimento».

Greenpeace India dimostra questo “equivoco” semplicemente pubblicando la  notifica di cancellazione  e la sua risposta al registrar of society che si occupa del caso.

Gopal  dice: «Non capisco il motivo per cui l’MHA vuole chiudere una organizzazione come la nostra. Facciamo delle campagne per mantenere il nostro cibo privo di pesticidi e OGM, per salvare le nostre foreste, per pulire la nostra aria dall’inquinamento e per promuovere l’energia sostenibile. Non posso credere di dover andare di nuovo in tribunale per difendere il nostro diritto di esistere! Si tratta di una distrazione preoccupante da quello che avrei preferito fare:  una campagna per un futuro verde e di pace per mia figlia e per il Paese a cui appartiene. L’India è la più grande democrazia del mondo, ma il diritto fondamentale degli indiani di parlare è in pericolo. Anche altre organizzazioni della società civile, come INSAF, il Sabrang Trust, Citizens for Justice and Peace e  People’s Watch, sono sotto attacco. Non si tratta solo di noi: questo è un attacco orchestrato contro il nostro spazio democratico e il nostro diritto ad avere un’opinione dissenziente».

La storia degli attacchi a Greenpeace India è iniziata con un presunto rapporto dei servizi segreti che ha portato alla cancellazione dello status di FCRA (Foreign Contribution Regulation Act) e delle sentenza del tribunale per ripristinarlo. Poi è stata annullata anche la sentenza ad un’altra attivista di Greenpeace India, Priya Pillai, alla quale è stato tolto il passaporto e vietato di recarsi all’estero, anche se il giudice aveva affermato che un disaccordo con il governo non faceva di questa ambientaliste indiana un elemento antinazionale. L’ MHA ha quindi congelato i conti bancari di Greenpeace india e dei suoi dirigenti, comprese le  donazioni di oltre 77.000 cittadini indiani, ma un giudice si è espresso nuovamente a favore degli ambientalisti, concedendo a Greenpeace India la possibilità di continuare a lavorare.

«Ora hanno cancellato la nostra society registration – denuncia Vinuta Gopal  – e ci ha detto di approvare una risoluzione per concludere le nostre operazioni, così, ancora una volta, andremo di nuovo in tribunale. Negli ultimi mesi, in mezzo a tutto questo, come direttrice esecutiva ad interim sono stata orgogliosa di lanciare nuove campagne per contrastare il pericoloso inquinamento atmosferic, pericoloso, per lanciare il movimento SolarRise e per sostenere i miei colleghi in Indonesia evidenziando  la loro lotta contro gli incendi boschivi . La nostra lotta per l’ambiente  e i diritti dell’India non è mai cessata. Quindi questa non è la fine. Sono determinata  a tornare in tribunale, per proteggere i nostri diritti a fare campagna per un futuro in cui crediamo e perché gli altri abbiano spazio  per  parlare di quello che hanno in mente senza timore di repressione».

Greenpeace India invita tutti a raccontare la storia di questa repressione della società civile in India, cominciando col firmare la petizione al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon mondo per chiedergli di esprimersi a favore della libertà di parola in India.

Ma perché il governo della destra induista di Narendra Modi vuole sbarazzarsi di Greenpeace e di altre ONG accusandole di raccogliere denaro all’estero e quindi di essere al servizio di organizzazioni e potenze straniere?

Secondo la Gopal, «Il RoS agisce chiaramente sotto le indicazioni del ministero degli affari interni di Delhi, che sta cercando di chiudere Greenpeace India da oltre un anno. La goffa tattica dell’MHA di sopprimere la libertà di parola e le voci di dissenso si stanno trasformando in una grande imbarazzante figuraccia nazionale e internazionale per questo governo. Si tratta di un’estensione della profonda  insofferenza per punti di vista diversi della quale sembrano portatrici ambienti di questo governo. Il cancelliere ha oltrepassato questo ordine senza concedere udienza a Greenpeace e senza rispettare l’ordinanza dell’Alta Corte di Madras di affrontare ciascuno dei nostri punti di vista e domande. Si tratta di un palese tentativo di aggirare il processo legale e non mostra alcun rispetto per la legge.  Siamo fiduciosi di avere una forte base legale. Abbiamo fiducia nel processo legale e siamo fiduciosi di annullare questo ordine».

Quello che si temeva con la vittoria di Modi sta avvenendo: il suo  Bhartiya Janta Party sta tentando di azzittire ogni voce dissenziente, a cominciare dalle scomode ONG internazionali che possono più facilmente portare all’attenzione pubblica mondiale le pulsioni fasciste che sono da sempre una delle anime di una destra induista che vorrebbe ridurre ad un’impossibile unità un Paese/Continente nel quale convivono religioni, etnie e culture politiche. L’attacco contro le ONG ambientaliste e umanitarie potrebbe essere la miccia di una repressione che potrebbe tramutarsi in un nuovo incendio settario che brucerebbe l’India e la sua problematica democrazia.