Trivelle offshore, in Montenegro consultazione per permessi in 13 blocchi

OneAdriatic: il Governo italiano intervenga violate convenzioni internazionali e norme Ue

[22 Gennaio 2016]

Mentre in Italia si discute del referendum contro le trivelle, i petrolieri continuano a proporre di trivellare il Mare Adriatico e l’ultimo Paese ad essere preso di mira è il Montenegro.

Coordinamento No Ombrina, Trivelle Zero Molise e Marche e Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, hanno rivelato che «Il Governo montenegrino ha avviato lo scorso 28 dicembre 2015 la fase di consultazione del pubblico per la procedura di Valutazione Ambientale Strategica del proprio piano di sviluppo “Sea for hydrocarbon exploration and production in od ffshore Montenegro”. In Montenegro la fase pubblica avrà termine il 25 febbraio 2016»

Ma le organizzazioni No-Trivo ricordano che l’articolo 47 della Direttiva Ue 42/2001, altre normative europee e la Convenzione internazionale di Espoo, ratificata sia dall’Italia che dal Montenegro, «obbligano gli Stati a sottoporre d una procedura di tipo transfrontaliero, a partire dalla notifica nei confronti degli altri stati potenzialmente interessati tutti i piani di attività che anche solo potenzialmente possono incidere sull’ambiente di altri stati».

L’articolo 7 della Direttiva 42/2001/CE recita: Consultazioni transfrontaliere. 1. Qualora uno Stato membro ritenga che l’attuazione di un piano o di un programma in fase di preparazione sul suo territorio possa avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro, o qualora lo richieda uno Stato membro che potrebbe essere interessato in misura significativa, lo Stato membro sul cui territorio è in fase di elaborazione il piano o il programma trasmette, prima della sua adozione o dell’avvio della relativa procedura legislativa, una copia della proposta di piano o di programma e del relativo rapporto ambientale all’altro Stato membro. 2. Uno Stato membro cui sia pervenuta copia della proposta di piano o di programma e del rapporto ambientale di cui al paragrafo 1 comunica all’altro Stato membro se intende procedere a consultazioni anteriormente all’adozione del piano o del programma o all’avvio della relativa procedura legislativa; in tal caso gli Stati membri interessati procedono alle consultazioni in merito ai possibili effetti ambientali transfrontalieri derivanti dall’attuazione del piano o del programma nonché alle misure previste per ridurre o eliminare tali effetti. Se tali consultazioni hanno luogo, gli Stati membri interessati convengono specifiche modalità affinché le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 3 e i settori del pubblico di cui all’articolo 6, paragrafo 4, nello Stato membro che potrebbe essere interessato significativamente, siano informati ed abbiano l’opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli. 3. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli»

Il piano del Montenegro  prevede attività di ricerca e di sviluppo in 13 blocchi di fronte alle coste del piccolo Paese dell’ex Yugoslavia e le 4 organizzazioni italiane dicono: «Ci risulta che il Governo montenegrino abbia individuato esclusivamente la Croazia e l’Albania quali stati potenzialmente interessati (pagina 23 del Draft), tenendo anche conto che il Piano comprende attività sulla terraferma e, quindi, poste a confine con questi Stati.

L’Italia appare essere stata esclusa, a nostro avviso in maniera del tutto erronea. Infatti basterà ricordare che: a) lo stesso studio “Safety of offshore oil and gas operations: Lessons from past accident analysis: Ensuring EU hydrocarbon supply through better control of major hazards” commissionato al Joint Research Center dalla Commissione Europea ha evidenziato che le attività off-shore possono comportare gravissimi impatti a scala vasta in caso di incidenti che, seppur rari, sono sempre possibili. L’Adriatico è un golfo di un mare chiuso, il Mediterraneo, e una macchia di greggio, a seconda delle condizioni climatiche e delle correnti può viaggiare per decine di chilometri in poche ore (e centinaia in alcuni giorni). La distanza tra questi blocchi e la costa pugliese è di un centinaio di chilometri e ancora meno dalle acque territoriali italiane (e ancora meno dalle acque sovrastanti la nostra piattaforma continentale). La costa pugliese e quella adriatica in genere dell’Italia ha numerosissimi siti di interesse naturalistico protetti a vario titolo e ospita un’importante flotta peschereccia. Inoltre l’attività turistica è ormai uno dei settori trainanti dell’intera economia del territorio. Un solo incidente grave potrebbe avere impatti alla scala dell’intero Adriatico, come dimostra, a mero titolo di esempio, il caso della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. b) Le tecniche di ricerca prevedono l’uso estensivo dell’airgun, una tecnica estremamente invasiva con l’emissione di onde sonore che viaggiano per centinaia di chilometri e che possono avere un impatto importante sulla vita marina (e anche sul pescato). Lo stesso Ispra  in un documento tecnico fornito al Ministero dell’Ambiente nel maggio 2012 riconosce che tra due barche che stanno facendo rilievi in contemporanea con questa tecnica deve esserci una distanza minima di 100 km. Lo Stato italiano ha recentemente autorizzato alcuni progetti di prospezione nelle acque di propria esclusiva competenza di fronte alla Puglia imponendo questa prescrizione che, ovviamente, non potrà essere rispettata (visto che deve essere intesa in ogni direzione!) senza una pianificazione con le autorità di altri Paesi, come evidenzia bene proprio il caso in questione (fermo restando la nostra più netta e radicale critica anche a tali provvedimenti)».

I NO –Triv dicono che è «incredibile che la Croazia e il Montenegro abbiano almeno avviato una procedura pubblica di pianificazione delle attività e lo Stato italiano sia totalmente refrattario arrivando addirittura a cancellare il Piano delle Aree nell’ultima legge di Stabilità».

OneAdriatic, la rete di associazioni  ambientaliste e i movimenti di Italia, Montenegro, Croazia e Albania, nel dicembre 2015 aveva inviato una segnalazione alla Commissione Europea denunciando proprio l’impatto cumulativo e la Commissione Ue ha risposto dichiarando di aver avviato la valutazione della segnalazione. Ora OneAdriatic si rovolgerà formalmente al  Governo italiano «affinché, come già avvenuto nel caso del Piano croato, le procedure di consultazione avviate dal governo del Montenegro siano estese immediatamente anche all’Italia sulla base di quanto previsto dall’Art.7 della Direttiva 42/2001/CE, rendendo così possibile, tra l’altro, una partecipazione maggiore delle comunità (associazioni di categoria; associazioni e comitati ambientalisti; enti locali ecc.) al procedimento, in considerazione dell’allarme che questi progetti stanno provocando rispetto al futuro dell’intero mare Adriatico».