Rave party nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Legambiente: «Chi doveva autorizzare? Chi non ha controllato?»

«La corretta fruizione e la concreta gestione delle aree naturali protette sono temi che non possono essere più elusi»

[27 Agosto 2019]

Il caso del Rave Party che si è svolto all’interno un’importante area naturalistica del Parco nazionale dell’Appennino Lucano ripropone con forza all’attenzione generale il tema della fruizione corretta dei siti naturali. Già in occasione del recente Jova Party sulla spiaggia di Policoro avevamo sottolineato che oltre ai notevoli impatti ambientali potenziali legati all’evento ci fosse anche un approccio culturale non corretto legato all’utilizzo di siti naturali per grandi manifestazioni.

Avevamo sottolineato come ci fosse il rischio che venisse sdoganato il concetto che sia possibile fare tutto in qualsiasi luogo, anche laddove si ritiene generalmente impossibile la compatibilità di certe attività con la conservazione degli aspetti naturali e ambientali.  A distanza di pochi giorni da quel concerto che ha coinvolto decine di migliaia di persone, pone seri interrogativi il fatto che si sia potuto organizzare un evento come quello di Murge Sant’Oronzo.

Si è trattato certamente di un evento di dimensioni molto più ridotte rispetto al Jova party, che però si è svolto in condizioni, a quanto pare semi-clandestine, in un’area ad elevato valore conservazionistico che a poca distanza ospita nelle sue inaccessibili rocce la nidificazione del Capovaccaio (Neophron percnopterus), specie quasi del tutto estinta in Italia e altre specie avifaunistiche di elevato valore (grifone, cicogna nera) oltre che ambienti forestali di grande pregio. Area peraltro sottoposta a stringenti misure di protezione rientrando nella Zona 1 del Parco, ad elevato interesse naturalistico e paesaggistico con inesistente o limitato grado di antropizzazione, e ricadendo nella IBA (Important Bird Area) Val d’Agri e nella ZSC (Zona Speciale di Conservazione) Murgia San Lorenzo.

Ci si chiede allora a cosa servano tali misure di protezione se poi risulta così semplice per centinaia di persone concentrarsi per diversi giorni in un’area per un’iniziativa di questo tipo il cui impatto è, peraltro, al momento, non quantificabile. La sensazione spiacevole che rimane ad evento concluso ed eventuale danno apportato, è che ci siano in questa Regione vaste porzioni di territorio di grande valore, abbandonato, non controllato, in cui tutto può essere permesso. Curiosamente la Zona Speciale di Conservazione Murgia San Lorenzo, in cui si è svolto il rave party è la stessa in cui, qualche anno fa, Legambiente denunciò l’invasività di un progetto di sentieristica autorizzato dall’Ente Parco Appennino Lucano e dalla Regione Basilicata e fortunatamente poi bloccato, anche se molti interventi dannosi erano già stati realizzati. Anche in quel caso, come in questo, sottolineammo l’assenza di un’attività di monitoraggio e controllo.

Ancora una volta, vogliamo evidenziare che le misure di protezione e tutela servono a poco se non accompagnate da azioni concrete di gestione, che devono essere animate da una sensibilità ed un’attenzione certosina nel mettere in campo progetti che sappiano coniugare sviluppo territoriale, bellezza dei luoghi e tutela della biodiversità e non avallando iniziative che vadano a ledere gli stessi valori che devono essere tutelati».

di Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata