Sequenziato per la prima volta l’intero genoma del drago di Komodo, ricostruita la sua storia evolutiva

Studio internazionale realizzato con il contributo delle università di Firenze e di Padova

[30 Luglio 2019]

Lo studio “Genome of the Komodo dragon reveals adaptations in the cardiovascular and chemosensory systems of monitor lizards”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution conferma che il drago di Komodo (Varanus komodoensis) «Sopporta la fatica quasi fosse un mammifero, ha un olfatto migliore di qualsiasi altro rettile e una saliva velenosa che lo colloca non troppo distante dai serpenti».

Sono alcune delle caratteristiche del drago di Komodo, la più grande lucertola al mondo che vive solo su cinque isole del sudest indonesiano e che può raggiungere una lunghezza di 3 metri e un peso di oltre ottanta Kg, che hanno trovato riscontro nel sequenziamento e nell’analisi dell’intero genoma  che è stato ricostruito per la prima volta da un team internazionale di ricercatori del quale hanno fatto parte Claudio Ciofi, Alessio Iannucci, Renato Fani, Marco Fondi, e Valerio Orlandini dell’Università di Firenze, Tomaso Patarnello e Massimo Milan dell’Università di Padova. I risultati del lavoro, coordinato da dal Gladstone Institutes e dall’università della California – San Francisco (Ucsf).

Secondo i ricercatori italiani i risultati dello studio «Evidenziano i possibili adattamenti genomici di questo rettile assimilabile, nell’immaginario collettivo, a un drago per taglia e aggressività.  Il lavoro si distingue per le tecniche d’avanguardia, che integrano il sequenziamento e la mappatura ottica del genoma di singole molecole di DNA con l’utilizzo di citometria a flusso, una tecnica che consente la separazione e il successivo sequenziamento dei singoli cromosomi».

Ciofi spiega «Siamo arrivati così a produrre un genoma ad alta definizione e a identificare alcune caratteristiche fisiologiche e metaboliche molto peculiari per un rettile. Il DNA ha rivelato l’elevata resistenza aerobica dei varani di Komodo, oltre a caratteristiche del metabolismo e della fisiologia cardiovascolare che spiegano la capacità di sostenere sforzi fisici prolungati, rispetto agli altri rettili, nella caccia alle prede o nei combattimenti tra maschi durante il periodo dell’accoppiamento. Un altro aspetto emerso dallo studio riguarda l’evoluzione, in termini genetici, di alcuni recettori degli organi vomeronasali (legati all’olfatto). Un processo che è iniziato 5 milioni di anni fa e permette oggi ai varani di localizzare prede e carcasse, e altri varani, di sesso opposto, a diversi chilometri di distanza».

Patarnello ricorda che «I varani di Komodo sono caratterizzati da una saliva con proprietà anticoagulanti che ne rendono il morso micidiale per la cattura delle prede. Tuttavia, sembra che i varani stessi siano immuni dagli effetti della propria saliva, un fenomeno documentato durante gli scontri tra maschi, e questo probabilmente proprio grazie alle pressioni selettive che abbiamo individuato durante il nostro lavoro».

Uno degli autori dello studio, Benoit Bruneau del Gladstone sottolinea: «Abbiamo iniziato il progetto 9 anni fa per vedere come si evolvono i genomi, ma per farlo avevamo prima bisogno delle sequenze del genoma. All’epoca, altri gruppi avevano sequenziato il genoma di tartarughe, il genoma di serpenti e di uccelli e il genoma di coccodrillo era in corso, ma il ramo mancante erano i  varanidi, la famiglia a cui appartengono i draghi di Komodo».

Katherine Pollard, del Gladstone Institute of Data Science and Biotechnology, racconta: «Sono andata sull’isola di Komodo anni fa come turista, e lì ho visto i draghi di Komodo allo stato brado. Non avrei mai immaginato che un giorno avrei lavorato sul loro genoma. In quel momento, non avevamo nemmeno un genoma umano!»

Il team ha studiato il DNA di Slasher e Rinca, due draghi di Komodo dello zoo di Atlanta, i cui campioni di sangue sono stati ottenuti come parte dei loro controlli annuali programmati e Joseph Mendelson III, erpetologo, biologo evoluzionista dei vertebrati e il direttore della ricerca allo Zoo di Atlanta, è convinto che «Questo progetto è stata per noi una grande opportunità per saperne di più sui draghi di Komodo utilizzando più recenti e migliori tecnologie e, quindi, essere in grado di contribuire con le nostre scoperte alla conoscenza generale della biologia delle lucertole».

La Pollard, che insegna anche all’Ucsf , spiega ancora: «I genomi dei vertebrati sono grandi e contengono molte sequenze ripetitive. La maggior parte delle tecnologie di sequenziamento produce solo brevi tratti di sequenza alla volta. Quando quei brevi tratti includono elementi ripetitivi, è impossibile sapere a cosa appartengono e a cosa si collegano, rendendo difficile metterli insieme». Per risolvere questo problema, il team ha adottato un approccio articolato: «Abbiamo utilizzato più tecnologie, incluso il sequenziamento a lungo raggio e una tecnica di mappatura fisica per eseguire l’assemblaggio – ha detto Bruneau, che è anche direttore del Gladstone Institute of Cardiovascular Disease e professore al  Dipartimento di pediatria dell’Ucsf- Quindi, abbiamo una sequenza super profonda e di altissima qualità per il Komodo».

Una volta ottenuta la  sequenza, gli scienziati la hanno confrontata con quella di altri rettili per vedere cosa rende unico il genoma del drago di Komodo. Erano alla ricerca dei cambiamenti nel genoma che hanno aiutato il drago di Komodo ad adattarsi al suo ambiente attraverso un processo evolutivo chiamato selezione positiva e dcicono che «Una scoperta notevole è stata che la selezione positiva ha plasmato diversi geni coinvolti nella funzione dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula che controllano il funzionamento del cuore e degli altri muscoli».

La principale autrice dello studio, Abigail Lind, che lavora al laboratorio di Pollard, conferma: «La nostra analisi ha dimostrato che nei draghi di Komodo, molti dei geni coinvolti nel modo in cui le cellule producono e usano l’energia sono cambiati rapidamente in modi che aumentano la capacità aerobica della lucertola. Questi cambiamenti sono probabilmente la chiave della capacità del Komodo di arrivare a un metabolismo vicino a quello dei mammiferi».”

Le lucertole non sono generalmente note per la loro elevata capacità aerobica. In altre parole, si affaticano rapidamente dopo gli sforzi fisici. Ma Mendelson, che è anche professore associato al Georgia Institute of Technology, fa notare che «Tuttavia, dal lavoro fatto sui draghi di Komodo, sappiamo che sono in grado di sostenere un’attività aerobica, che possono nuotare, correre o camminare per distanze estremamente lunghe. Il nostro studio ci ha mostrato che il segreto sta in questi adattamenti mitocondriali per aumentare la loro gittata cardiaca. Questo ci dà una comprensione di come questi animali siano in grado di fare ciò che stavamo osservando».

Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che i draghi di Komodo, insieme ad altre lucertole, hanno un numero inaspettatamente elevato di geni che codificano sensori chimici noti come recettori vomeronasali: «Questi recettori fanno parte di un sofisticato sistema sensoriale che consente agli animali di rilevare ormoni e feromoni – spiegano ancora i ricercatori – Questo tipo di rilevamento è coinvolto in una varietà di attività, tra cui il riconoscimento dei parenti, la scelta del compagno, l’evitamento dei predatori e la caccia». Nel genoma di Komodo, il team ha trovato oltre 150 copie di una classe di geni del recettore vomeronasale. Il team ha anche scoperto che molti di questi geni sono unici per ogni singola specie di lucertola, aumentando la possibilità che i recettori vomeronasali del drago di Komodo possano funzionare in modi specifici per il  Komodo. Bruneau aggiunge: «Sarà interessante determinare se questo spiega la capacità dei draghi di Komodo di rilevare prede su distanze così grandi. Una delle cose interessanti di questo progetto è che non sapevamo cosa aspettarci. Questa è stata un’opportunità per guardare un genoma e dire: “Raccontami la storia del tuo organismo”».

Dato che la maggior parte dei rettili ha solo un cuore a tre camere, mentre i mammiferi hanno quattro camere, ora Bruneau e il suo team vogliono utilizzare queste scoperte per studiare come i geni che controllano la formazione del cuore di un vertebrato siano cambiati nel corso dell’evoluzione.

La sequenza del genoma completata rappresenta anche una risorsa inestimabile per i biologi della conservazione interessati a rintracciare i draghi di Komodo per studiare la loro ecologia e per i numerosi scienziati di tutto il mondo che studiano l’evoluzione dei vertebrati. Meldenson conclude: «Il significato di questo studio supera di gran lunga i draghi di Komodo. Ci fornisce un quadro per confrontare altri animali sequenziati e comprendere le basi genetiche di come si sono evolute tutte le loro caratteristiche. Questo progetto porta anche alla ribalta l’importanza di preservare la biodiversità e l’importante ruolo che gli zoo possono svolgere nella ricerca su vasta scala senza essere dannosi per gli animali di cui ci occupiamo».