Sopravviveranno i più antichi. Le sorprese delle estinzioni

Le specie più vecchie sono vivipare, polimorfiche e vivono alle basse latitudini

[6 Maggio 2016]

Le specie più antiche di vertebrati, come il rospo delle canne e il leone marino della California, che in passato sono sopravvissute a eventi ambientali estremi, avranno più probabilità delle specie più giovani, come il criceto comune, di adattarsi ai futuri cambiamenti climatici. A dirlo è lo studio  “Why are some species older than others? A large-scale study of vertebrates” pubblicato  su BMC Evolutionary Biology  da un team di ricercatori dell’università di Losanna.

I ricercatori guidati da Laure Cattin  sottolineano che si tratta sempre di specie che hanno individui con  livree di diverso colore e che danno alla luce piccoli vivi (non fanno uova) e che vivono alle basse latitudini. I ricercatori svizzeri hanno infatti identificato i fattori che  rendono alcune specie più a rischio estinzioni rispetto ad altre e hanno scoperto che ci sono grandi differenze nella capacità delle specie di  continuare ad esistere nei lunghissimi d tempi dell’evoluzione.  Secondo gli scienziati di Losanna i loro risultati saranno utili per chi si occupa di conservazione delle specie perché aiuteranno a prevedere quali specie sono più a rischio  a causa dai cambiamenti climatici.

Uno degli autori Sylvain Dubey, spiega: «Abbiamo fornito un quadro completo dei fattori che influiscono sulla capacità di recupero delle specie, e gli organismi che esistono da lungo tempo, e che sono sopravvissuti in una vasta gamma di. condizioni ambientali, possono avere maggiori probabilità di affrontare future modifiche del loro ambiente. Al contrario, un taxon che si è evoluto più recentemente non supererebbe il test nello se tesso modo. Guardare  alla storia della sopravvivenza di specie ci aiuterà a prevedere quali potrebbero essere più in grado di affrontare i cambiamenti climatici in corso e prevedere meglio lo stato delle minacce sulle specie nella Lista Rossa dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN)».
I ricercatori dell’università di Losanna hanno esaminato più di 600 specie provenienti da tutte le classi di vertebrati di tutto il mondo e hanno fatto un analisi filogenetica  per comprendere le relazioni evolutive tra le specie. Hanno testato gli effetti per posizione geografica; modalità di riproduzione; dipendenza dei neonati; corporatura; e variazioni di colore tra gli individui della stessa specie. E’ così che hanno scoperto che le specie con individui con colorazioni diverse, quelli che danno alla luce piccoli vivi e/o quelli che vivono a basse latitudini sono stati più esistenti alle variazioni ambientali del passato.

Le specie che vivono alle latitudini più alte tendono ad essere più recenti, perché alle alte latitudini i tassi di estinzione sono maggiori, mentre le basse latitudini offrono condizioni climatiche più stabili.  Anche le specie ovipare, che depositano le uova, che si vivono a latitudini più elevate tendono ad essere più recenti.  Ma la distribuzione latitudinale non ha avuto alcuna influenza sulle specie vivipare, che danno alla luce piccoli vivi, suggerendo che siano più resistenti ai climi freddi. L’evoluzione della viviparità è associata alla capacità delle specie di vivere nei climi freddi.

Il calore del corpo ha una grande influenza sull’evoluzione di una specie: è coinvolto nel comportamento e nelle interazioni preda-predatore e permette di sfruttare habitat diverse.  Le specie polimorfiche, cioè quelle nelle quali convivono individui con colorazioni diverse,  sono più antiche – hanno in media 1,86 milioni di anni – rispetto a quelle con individui con colorazione identica.

Prima si pensava che le differenze nelle condizioni climatiche del passato avessero influito sull’età delle specie, e che per questo quelle del Sud del mondo fossero più antiche  di quelle dell’emisfero settentrionale. Questo studio confuta i risultati precedenti sul fatto che l’emisfero di origine abbia un impatto sull’età della specie.