Sorpresa: ci sono più specie e più biomassa di lombrichi in Europa che nei tropici

Il primo atlante mondiale dei lombrichi: I cambiamenti climatici globali potrebbero alterare le comunità di lombrichi in tutto il mondo, con gravi danni per biodiversità e servizi ecostistemici

[25 Ottobre 2019]

Secondo lo studio “Global distribution of earthworm diversity”, pubblicato su Science da un folto gruppo di ricerca internazionale, in ogni singolo luogo esaminato dal team ci sono generalmente più lombrichi e più specie di lombrichi nelle regioni temperate rispetto ai tropici e «I cambiamenti climatici globali potrebbero portare a cambiamenti significativi nelle comunità di lombrichi in tutto il mondo, minacciando le numerose funzioni ecosistemiche che forniscono».

La ricerca, guidata dagli scienziati del Deutschen Zentrums für integrative Biodiversitätsforschung (iDiv) e dell’Universität Leipzig, ha coinvolto 140 ricercatori di tutto il mondo nella realizzazione del più grande dataset planetario sui lombrichi, che comprende 6,928 siti in 57 Paesi.

All’iDiv evidenziano che «I lombrichi possono essere trovati in molti ecosistemi in tutto il mondo. Laddove il terreno non sia ghiacciato (permafrost), troppo umido, acido o completamente secco (deserti), i lombrichi modellano sostanzialmente il modo in cui funzionano gli ecosistemi. Scavano buchi, mescolano i componenti del terreno e mangiano detriti organici. In questo modo, sono portatori di un’ampia gamma di servizi ecosistemici, come la fornitura di nutrienti, l’approvvigionamento di acqua dolce, lo stoccaggio del carbonio, la mitigazione climatica o la dispersione dei semi. E’ per questi motivi che i lombrichi sono considerati “ingegneri degli ecosistemi” estremamente importanti. Questa importanza si riflette anche nella grande quantità di biomassa che si accumula nei lombrichi: infatti, la biomassa totale dei lombrichi è spesso maggiore di quella di tutti i mammiferi che vivono nella stessa area».

Insomma, l’unico continente dove i lombrichi sono assenti è l’Antartide e nel suolo fertile del resto del mondo sono sorprendentemente abbondanti: in Europa un singolo metro quadrato può contenere più di 150 lombrichi. E sono anche molto biodiversi;  ci sono almeno 6.000 specie conosciute, con colori e aspetto diversi e dimensioni che vanno da specie lunghe pochi centimetri alle più grandi che arrivano a 3 metri di lunghezza

Nonostante siano ben noti il grande impatto dei lombrichi sugli ecosistemi e i servizi che forniscono alle persone, non si sa molto della loro distribuzione a livello globale. La principale autrice dello studio/atlante, Helen Phillips dell’iDiv e dell’università di Lipsia, sottolinea che «Quando eravamo bambini, probabilmente la stragrande maggioranza di noi ha tenuto in mano dei lombrichi e probabilmente non era del tutto consapevole di quanto siano importanti per l’ambiente e per le cose su cui facciamo affidamento. I ricercatori sanno da decenni che per una determinata area dei tropici di solito ci aspetteremmo più specie che in un’area delle stesse dimensioni nelle regioni temperate. Ma fino ad ora, dato che non esisteva dataset globale sui lombrichi, non eravamo stati in grado di investigare quantitativamente gli stessi modelli globali per i lombrichi».

Il team di ricercatori – al quale ha partecipato Christian Mulder dell’università di Catania – puntava a creare una mappa globale utilizzando quanti più dati possibili sulla biodiversità, sull’abbondanza e sulla biomassa dei lombrichi. Nico Eisenhauer (iDiv) ed Erin Cameron (Saint Mary’s University) dell’iDiv’s synthesis center, hanno contattato ricercatori di lombrichi di tutto il mondo e ha chiesto loro di fornire i dati di cui disponevano per realizzare un nuovo dataset globale sui lombrichi open access. Eisenhauer racconta che «Inizialmente, pensavamo che fosse un’idea folle. Tuttavia, siamo rimasti colpiti dal numero di colleghi fortemente motivati ​​a condividere i loro dati per questo entusiasmante lavoro, Fondamentalmente, abbiamo iniziato da zero nel 2016. solo un paio di anni dopo abbiamo potuto pubblicare uno dei più grandi dataset sulla biodiversità del suolo. Questo è un risultato straordinario dell’autrice principale Helen Phillips e dei numerosi scienziati che si sono fidati di noi».

I risultati di questo enorme lavoro scientifico dimostrano che «I modelli di biodiversità sotterranea non corrispondono a quelli osservati per gli organismi che vivono in superficie. La diversità di piante, insetti o uccelli (numero di specie all’interno di una determinata area) in genere aumenta passando dalle latitudini alte a quelle più basse, il che significa che nei tropici il numero di specie è più alto. Per i lombrichi, tuttavia, i ricercatori hanno trovato il modello opposto. In effetti, la più alta diversità locale di lombrichi è stata trovata in Europa, negli Stati Uniti nord-orientali e in Nuova Zelanda. Modelli simili sono stati trovati per l’abbondanza di lombrichi (numero di individui per area) e biomassa di lombrichi (massa per area), che mostrando anche i valori più alti nelle regioni temperate».

Però, nei tropici le specie di lombrichi sembrano avere intervalli di distribuzione più piccoli. La Phillips conferma: «Ai tropici, se ti sposti solo di pochi chilometri, potresti trovare una serie completamente nuova di specie di lombrichi, mentre nelle regioni più fredde rimangono più o meno le stesse. Ciò potrebbe significare che, sebbene vi siano poche specie trovate in un singolo sito nei tropici, il numero totale di specie in tutta la regione potrebbe essere estremamente elevato. Ma non lo sappiamo ancora. La ragione principale di questa incertezza è che molte specie di lombrichi tropicali non sono ancora state descritte. Pertanto, i lombrichi identificati in luoghi diversi potrebbero appartenere o meno alla stessa specie: è una questione da risolvere».

Il team di ricerca internazionale ha anche valutato quali fattori ambientali determinano il numero di specie di lombrichi e la loro abbondanza e biomassa e hanno scoperto che i fattori legati alle precipitazioni e alla temperatura hanno gli effetti maggiori. Eisenhauer evidenzia che «Sulla base di questi forti effetti climatici, concludiamo che i cambiamenti climatici potrebbero causare cambiamenti nelle comunità dei lombrichi e cambiare le funzioni e i servizi forniti dagli ecosistemi. Dato il loro ruolo di ingegneri ecosistemici, siamo preoccupati per i potenziali effetti a cascata su altri organismi come microbi, insetti del suolo e piante».

I risultati dello studio hanno implicazioni per le priorità di conservazione della natura: «La biodiversità è di solito un criterio importante per la selezione delle aree protette – fanno notare alliDiv – Tuttavia, concentrarsi solo sulla diversità fuori dal suolo può comportare una protezione insufficiente dei lombrichi. Pertanto, inclusa per una valutazione completa, deve essere inclusa la biodiversità sotterranea, consentendo ai conservazionisti di identificare i hotspot della biodiversità del pianeta».

Eisenhauer conclude: «e’ giunto il momento di cambiare il paradigma nella conservazione della diversità biologica . Dato che vivono principalmente nel suolo, dimentichiamo facilmente le incredibili creature sotto i nostri piedi. I lombrichi possono essere criptici e non avere il carisma di un panda, ma sono estremamente importanti per gli altri organismi e per il funzionamento dei nostri ecosistemi».