Trivellazioni: la Costa atlantica Usa come le Tremiti?

Comuni e democratici e repubblicani uniti contro le trivellazioni petrolifere offshore

[4 Febbraio 2016]

Il 19 gennaio la piccola città di Kure Beach, nella Carolina del Nord, ha assunto una notorietà nazionale che va ben oltre le sue dimensioni e  il suo peso politico: il Consiglio Comunale ha votato perché  Kure Beach diventasse il centesimo comune della costa atlantica Usa, tra la Florida e il New Jersey, ad opporsi ufficialmente alle concessioni petrolifere offshore al lago della East Coast. La minuscola Kure Beach, circa 2.000 abitanti che decuplicano in estate, è andata a ingrossare così le fila dei No-Triv Usa che comprendono decine di camere di commercio regionali, associazioni imprenditoriali, comitati locali ed anche parlamentari repubblicani e democratici.

Una rivolta anti-trivelle che somiglia in maniera impressionante a quella esplosa nell’Adriatico, sia sulla sponda italiana – a partire dalle Tremiti e Ombrina Mare – che su quella Croata, e che si basa  sugli stessi presupposti: «L’industria petrolifera offshore nell’Oceano Atlantico è semplicemente incompatibile con l’economia e le fondamenta culturali delle loro comunità: la pesca produttiva, la buona qualità dell’acqua dell’oceano e le spiagge pulite», riassume il Center for American Progress. .

I protagonisti economici e politici della East Coast stanno alzando la voce perché tra poche settimane  il Dipartimento degli Interni (Doi)  potrebbe emanare una proposta sull’estrazione di petrolio e gas offshore per il periodo 2017 – 2022. Quindi l’Amministrazione Obama dovrà scoprire le carte e dire se intende davvero andare avanti con le concessioni di licenze petrolifere e gasiere.

Se i democratici sono in imbarazzo, i repubblicani ischiano il crollo.  Infatti, a differenza dell’Italia, la miccia della febbre pro-trivelle è sta accesa localmente: Più di due anni fa  i governatori di Virginia, North Carolina e South Carolina, spinti dalla potente lobby dell’industria petrolifera, scatenarono una chiassosa e aggressiva campagna a favore delle trivelle offshore nelle acque federali dell’Atlantico Usa centrale e meridionale. La campagna, come in Italia, prospettava le trivellazioni come una panacea fiscale ed economica ed ottenne, come in Italia, risultati politici visti che l’Amministrazione Obama accettò, in base all’ Outer Continental Shelf Lands Act, che regola le trivellazioni offshore nelle acque federali di prendere in considerazione le opinioni dei governatori degli Stati costieri interessati. E’ per questo che il DOI, che aveva bloccato tutto dopo il disastro della Deepwater Horizon del 2010, incluse le concessioni atlantiche nella sua bozza di piano quinquennale pubblicata nel 2015.

Sulle trivellazioni offshore nell’Atlantico Usa era stata imposta una moratoria nei primi anni ’80, quando l’allora segretario agli interni Usa, James Watt, tentò senza successo di aprire un miliardo di acri di mare alle trivellazioni di gas e petrolio. La moratoria era stata tolta da Geoge W. Bush, ma solo la infelice sortita dei tre governatori ha ridato fiato alle Big Oil e fatto inferocire, in modo bypartisan, gli abitanti dall’East Coast, anche chi odia(va) gli ambientalisti e non crede nel riscaldamento globale.

Gli elettori  della regione costiera del Mid-Atlantic e i loro rappresentanti eletti non vogliono mettere a rischio la loro economia turistica e la loro pesca ancora redditizia per ottenere guadagni incerti con progetti pericolosi e inquinanti. Il consiglio comunale di Kure Beach che ha votato la dichiarazione No-Triv era stato appena eletto ed è presieduto da Emilie Swearingen, una sindaca che ha stracciato alle elezioni il suo predecessore che si era schierato “personalmente” con l’industria petrolifera, facendo inferocire praticamente tutti gli abitanti del paese. Ma al fronte No-Triv atlantico partecipano  grandi città come Charleston, in South Carolina, e Savannah, in Georgia,  e parlamentari democratici e repubblicani, quest’ultimi andando chiaramente contro la linea politica pro-fossili del loro Partito e di tutti i candidati repubblicani per le primarie alla presidenza Usa.

Ma quello che preoccupa più i repubblicani è che la lotta contro le trivellazioni offshore ha fatto capire chiaramente alla gente  che il petrolio e il gas non sono le fonti energetiche giuste per la costa atlantica. Non solo le piattaforme offshore comprometterebbero il turismo, la pesca sportiva e commerciale, ma hanno capito che c’è un altro problema che, come in Adriatico, metterebbe in pericolo la fauna la fauna selvatica: l’air gun, il rilevamento sismico, e le inevitabili perdite e fuoriuscite che accompagnano la produzione petrolifero.

Come ciliegina sulla torta di questo crescente disincanto per le promesse di ricchezza fatte dalle Big Oil, nel gennaio 2015 è arrivato il  rapporto, “Offshore Energy by the Numbers” di Oceana che dimostra che l’eolico hoffshore produrrebbe ricadute economiche uguali o superiori a quelle dello sfruttamento delle riserve di gas e petrolio ecomicamente recuperabili nella stessa zona, ma l’eolico hoffshore produrrebbe in 20 anni più energia e occupazione, senza rischi per l’ambiente e le comunità costiere.

Il mese scorso, il Center for the Blue Economy ha analizzato le ipotesi che sono alla base delle affernazioni dell’industria petrolifera sui presunti benefici economici derivanti dalla trivellazione dell’Atlantico ed ha scoperto una marea di bugie. L’American Petroleum Institute e la National Ocean Industries Association barano sulle stime di produzione e addirittura prec vedono concessioni che riguardano un’area molto più ampia di quella che l’amministrazione Obama sta valutando ed anche in aree sulle quali Obama ha confermato il divieto dio trivellazione.  Ma è stato il Southern Environmental Law Center ha svelare il trucco più clamoroso: i presunti benefici economici previsti dal rapporto dell’industria petrolifera si basano sul petrolio venduto a partire da 120 dollari al barile, ben luntano dagli attuali meno di 30 dollari al barile.

Perfino il governatore della North Carolina McCrory, uno dei più sfegatati sostenitori delle trivellazioni offshore, crede poco alle promesse delle Big Oil  e nell’aprile 2015   ha avvertito che il suo Stato non darà il via libera alle trivellazioni se il governo federale non si impegnerà chiaramente per i un “revenue sharing”. In altre parole, il McCrory e altri sostenitori delle trivelle vogliono che il governo federale conceda loro una cospicua parte delle royalties che le compagnie petrolifere dovranno pagare per estrarre petrolio e gas nelle acque federali, che apparterrebbero a tutti gli americani e non ai singoli Stati.

Ma il movimento popolare e politico contro le trivellazione offshore ha fatto saltare ogni schema che incasellava i repubblicani dietro il ridicolo slogan ““drill, baby, drill”  intenti a combattere contro i Democratici climate hawk: ormai in ogni Stato del Mid-Atlantic Usa, democratico o repubblicano che sia, è chiaro che la scelta è semplicemente tra il petrolio e le risorse naturali e per capirlo non occorrono solide appartenenze politiche.

La mozione No-Triv approvata al piccolo Comune di Kure Beach riecheggia quelle adottate dai Fishery Management Councils del  Mid-Atlantic e del South Atlantic, politicamente all’opposto ma che hanno espresso forti preoccupazione per gli impatti dell’industria petrolifera sulla pesca e in particolare si oppongono al rilevamento sismico all’air gun e temono catastrofi come la Deepwater Horizon.

Ma l’atto politico forse più sorprendente è la lettera congiunta che  8 repubblicani e 23 democratici della Camera dei Rappresentanti eletti nel Mid-Atlantic, hanno inviato ad Abigail Hopper, direttrice del Bureau of Ocean Energy Management del Doi nel dicembre 2015, con la quale chiedono fermare il processo autorizzativo per le nuove concessioni petrolifere e gasiere. La coalizione bipartisan NO-Triv scrive: «Lungo la costa atlantica, quasi 1,4 milioni di posti di lavoro e più di 95 miliardi di dollari di PIL si basano sugli  ecosistemi oceanici sani, principalmente attraverso la pesca, il turismo e le attività all’aria aperta, i test sismici e le trivellazioni petrolifere metteranno a rischio l’economia costiera e lo stile di vita. Questo riduce  l’imminente decisione dell’amministrazione Obama, sull’opportunità o meno di includere un Atlantic lease sale nel programma quinquennale  2017-2022, semplicemente ad una sola: escluderla e abbandonarla».