Favorevoli Coldiretti e Cia. Anselmi (PD): «L'attività venatoria è solo uno strumento»

Ungulati: approvata legge-obiettivo per il contenimento. Svolta o ennesimo pasticcio?

Ambientalisti e animalisti: il problema non lo risolverà chi lo ha creato

[4 Febbraio 2016]

Tanto per non incorrere in equivoci, lo diciamo subito chiaramente, la legge sulla gestione speciale degli ungulati in Toscana è nata male ed è stata concepita peggio. Il fatto stesso che duri solo tre anni la dice lunga, così come la dice lunga il silenzio sul fallimento della precedente normativa – chiaramente boicottata dai cacciatori – che con l’introduzione delle aree non vocate (riproposte) e della densità degli ungulati avrebbe dovuto ridurre, fino all’eradicazione, la presenza di cinghiali in alcune delle aree più colpite dall’introduzione di questi ibridi da sparo.  Ma la Regione sottolinea come un grande successo il fatto che «Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza, con il voto contrario di Sì Toscana a sinistra e M5S e l’astensione della Lega nord, l’articolato, definito con l’istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra), messo a punto per contrastare l’aumento di un fenomeno inconfutabile, che necessita di una normativa precisa».

Il presidente della commissione Sviluppo rurale Gianni Anselmi (Pd) aveva ben in mente le critiche che hanno sommerso la legge nei giorni e nelle settimane passate quando ha detto che la nuova legge «Non è fatta né è pensata per la caccia. L’attività venatoria, semmai, è solo strumento che insieme al controllo e al rilevamento scientifico, affronta l’emergenza per come si presenta. Lo scopo che la legge si propone, approfondito seriamente in commissione, è esattamente quello di flessibilizzare gli strumenti di intervento: non solo quello venatorio, che non rappresenta la finalità di questa legge, ma anche facendo ricorso a strumenti di controllo faunistico. Per tutelare la vita economica in campagna, la biodiversità, la sicurezza delle persone che si muovono sulle strade di questa regione. Un lavoro che si propone di essere serio ed equilibrato dal punto di vista delle finalità rispetto agli strumenti. Una misura straordinaria, per far fronte a una situazione non ordinaria».

La nota della Regione spiega che «Il lavoro svolto in commissione ha anche portato alla previsione di un “tagliando” annuale per valutare esiti ed effetti di un testo che, nei limiti della legge 157/1992, consente di proporzionare la presenza degli ungulati alle diverse caratteristiche del territorio regionale per garantire sia la conservazione delle specie autoctone nelle aree ad esse riservate, sia la conservazione delle attività antropiche e dei valori ambientali tipici del paesaggio rurale regionale, nelle altre aree. Sono infatti individuate aree vocate e non vocate, si realizzano forme di gestione venatoria e di controllo e si creano percorsi di filiera per valorizzare il consumo in sicurezza delle carni di ungulati. Nel testo si prevede inoltre, entro novanta giorni dall’entrata in vigore, l’approvazione, da parte dell’esecutivo regionale, di uno stralcio al piano faunistico venatorio per la revisione degli attuali confini delle aree non vocate per ciascuna specie. Aree nelle quali sono comprese le zone di ripopolamento e cattura, le aree coltivate soggette a danni documentati o potenzialmente danneggiabili, terreni potenzialmente coltivabili da rimettere a coltura, le frazioni boscate e cespugliate tra loro intercluse. Il prelievo selettivo sarà autorizzato per i soggetti individuati in legge mentre la densità venatoria ottimale sarà stabilita nei piani di gestione annuali degli Atc (ambiti territoriali di caccia) approvati dalla giunta. Per garantire l’efficacia degli interventi di gestione straordinaria, sono previsti piani di selezione, accompagnati da appositi calendari venatori, nei quali indicare le necessarie metodologie di prelievo. Per assicurare, invece, la gestione straordinaria degli ungulati in modo unitario su tutto il territorio regionale, il passaggio di competenze dalle Province alla Regione in materia di controllo faunistico viene anticipato. La materia coinvolta dall’intervento normativo è infatti la gestione faunistico venatoria degli ungulati, materia di competenza residuale della Regione, fermo restando il rispetto nelle norme nazionali a tutela della fauna che, viceversa, per il loro carattere ambientale, sono di esclusiva competenza statale». Niente di particolarmente innovativo o coraggioso, anche rispetto a scelte fatte in Paesi vicino al nostro, come la Francia, che per risolvere il problema in Costa Azzurra (riuscendoci) hanno distrutto e non creato la filiera alimentare –legale e illegale – della vendita di carne di cinghiale e affidato l’eradicazione soprattutto agli agricoltori e non ai cacciatori, ritenuti i responsabili dei danni prodotti da un animale introdotto. Eppure questo è bastato a Coldiretti, che aveva precedentemente criticato aspramente la gestione venatoria degli ungulati-  per dire che «E’ una prima importante risposta politica al gravoso problema degli ungulati che sta provocando milioni di euro di danni alle imprese agricole e alle produzioni e sta contribuendo allo spopolamento delle aree montane e svantaggiate e ad aggravare le criticità di dissesto idrogeologico. Ci auguriamo che questa rinnovata spinta porti, anche con la riorganizzazione degli Ambiti Territoriali di Caccia e delle deleghe, ad una diversa attuazione delle norme esistenti più efficace e corrispondente all’esigenze degli agricoltori e alla situazione che stanno vivendo ormai da molti anni ormai». Il presidente Coldiretti Toscana, Tulio Marcelli, ha detto che la gestione straordinaria delle specie cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone è «Una “contromisura” purtroppo necessaria per riportare la popolazione della fauna selvatica presente in Toscana ad un livello di sostenibilità e di convivenza sopportabile. Coldiretti riconosce l’impegno ed il merito, per aver portato fino in fondo un percorso non certo provo di insidie, del Presidente, Enrico Rossi, dell’assessore all’agricoltura, Marco Remaschi e del consiglio regionale. La prerogativa della politica è quella di ascoltare, proporre e decidere. Non pensiamo che la legge da sola abbia risolta il problema, ora serve applicarla in modo omogeneo su tutto il territorio regionale. Tutti i contributi al dibattito potranno essere ripresi dopo che sarà terminata la fase di emergenza che dovremo affrontare da qui ai prossimi tre anni».

Soddisfatta anche l’altra grossa associazione degli agricoltori toscani, la Cia. Secondo il presidente della Confederazione agricoltori della Toscana Luca Brunelli : «Si riconosce e si cerca di porre rimedio ad una situazione drammatica. Ora occorrono atti conseguenti e coerenti, dal Piano regionale alla nuova governance della gestione faunistica. Diamo atto al Presidente Rossi, all’Assessore Remaschi ed Consiglio Regionale della Toscana dell’impegno e della determinazione grazie alla quale la Legge obiettivo è stata portata all’approvazione. Ora la Toscana può affrontare l’emergenza ungulati con nuovi strumenti. La nostra soddisfazione si accompagna alla consapevolezza che la Legge, molto positiva, rappresenta solo l’inizio del percorso per riportare in equilibrio il nostro territorio. Per attuare coerentemente la Legge ci sarà bisogno da oggi di un grande impegno in termini di atti di programmazione, organizzazione delle strutture, risorse». E anche la Cia chiede come Coldiretti che venga rispettato quel che non si è stati in grado di rispettare con la legge precedente: «Piena realizzazione dei piani di prelievo attualmente vigenti, rapida approvazione del nuovo Piano faunistico e dei parametri di densità ottimale, riordino in tempi rapidi della governance faunistica, dando certezze nei ruoli, mezzi e risorse per la gestione di questa fase straordinaria: sono queste le urgenze che secondo Cia Toscana rappresentano la condizione per attuare efficacemente le nuove norme».

Brunelli non ci sta a fare la testa d’ariete dei cacciatori e conclude. «Vogliamo rassicurare tutti quelli che in questi giorni hanno manifestato le loro legittime preoccupazioni: non vogliamo nessuno “sterminio” abbiamo detto e ribadiamo che la presenza della fauna selvatica è e deve restare una risorsa per la Toscana. Chiediamo solo che questa presenza, da anni fuori controllo, sia riportata in equilibrio e resa compatibile con l’agricoltura, l’ambiente e la sicurezza dei cittadini».

Ma le rassicurazioni di Cia e Coldiretti non convincono per niente il Wwf che ribatte fa notare che  dalla Regione non è arrivata nessuna vera soluzione: «Mantiene infatti sostanzialmente invariata la sua impostazione: per affrontare la problematica si usa solo e soltanto il fucile». Guido Scoccianti, del Wwf Toscana, ricorda che «E’ ben noto come il problema ungulati sia nato con le reintroduzioni di ungulati a fini venatori e poi con le attività di foraggiamento e connessi, nonché di prelievo commisurato al mantenimento della più prospera attività venatoria. E cosa si fa? Ad un problema creato e alimentato in decenni dai cacciatori si risponde dando ancora più spazio ai cacciatori stessi e addirittura creando anche una filiera di “valorizzazione delle carni” che alimenterà da parte dei cacciatori interessi economici e non solo ‘ludici’ nel far prosperare gli ungulati sul nostro territorio. Si tratta di una strage programmata che non porterà a nessun risultato se non insanguinare ulteriormente le nostre campagne e mettere a rischio anche tutti i cittadini, lasciando circolare in ogni dove e probabilmente in ogni periodo dell’anno persone armate di fucili da guerra con gittate anche di oltre 1 km (oppure con “archi da almeno 50 libbre di potenza”). Viene invece praticamente ignorata nei contenuti e nelle disposizioni della legge la maggiore efficacia delle catture, almeno per il cinghiale, affidata direttamente alle aziende agricole. Le catture infatti dovrebbero sostituire quanto più possibile lo sparo ed essere condotte direttamente dalle aziende agricole con i necessari sostegni ed incentivi (invece le si limita a situazioni periurbane o laddove gli altri metodi abbiano fallito). Perché non utilizzare il metodo delle catture in via prioritaria rispetto alla caccia? Nulla del tutto si dice poi sulla possibilità di sperimentare forme di contraccezione, almeno in aree specifiche».

Ma il Wwf  preoccupato anche per un’altra cosa: «Le stesse aree protette rischiano di essere invase dai cacciatori se gli Enti gestori non riusciranno ad adottare sufficienti metodi ecologici alternativi, che la nuova norma però non incentiva e favorisce (come faranno quindi a farlo, considerando anche che la Regione sta sempre più tagliando i fondi destinati alle aree protette?), I cacciatori potrebbero quindi riuscire nell’impresa che tentano da anni, cioè usare l’emergenza ungulati da loro stessi creata per entrare liberamente in parchi e riserve naturali». C’è poi la questione della  filiera commerciale sulle carni, i relativi proventi e posti di lavoro, che quindi dovrà essere rifornita da abbondante materia prima che scemerebbe nel caso di una radicale riduzione della popolazione di cinghiali, e infatti il Wwf fa notare che «però invece di essere riservata esclusivamente agli agricoltori a risarcimento dei danni subiti, viene creata a beneficio e misura dei cacciatori, che con questo ulteriore stimolo non smetteranno mai di alimentare la diffusione degli ungulati sul nostro territorio».

Scoccianti dice con amarezza che «La Regione Toscana continua a ragionare solo sul fucile, venendo incontro agli appetiti del mondo venatorio e dimenticando invece gli interessi di tutti gli altri cittadini, compresa addirittura la sicurezza. Nel testo della legge troviamo che i cacciatori dovranno indossare giubbotti “ad alta visibilità”, ma forse si sarebbe dovuto scrivere che tutti i cittadini dovranno d’ora in poi girare con giubbotti colorati per sperare di poter evitare di essere presi a fucilate. Si tenga presente che viene fatto scomparire anche l’obbligo minimo della presenza almeno di una guardia volontaria (già insufficiente)  negli interventi speciali di controllo, eseguiti spesso con modalità e orari inusuali e pertanto ancora più pericolosi per chi li esegue e per chiunque si trovi sul territorio. Un altro colpo alla sempre minore vigilanza sul territorio.  Infine si arriva a modificare anche la legge 48/1994 sulla circolazione fuori strada dei veicoli a motore, facendo sì che i Comuni possano permettere ai cacciatori di muoversi con le loro auto anche nelle aree dove questo è invece vietato a tutti gli altri cittadini. Un altro affronto all’ambiente».

La conclusione del Panda toscano è che «Si tratta di una proposta di legge gravissima, che apre una stagione di sangue sul nostro territorio senza avere alcun elemento in grado di affrontare davvero quelli che sono i problemi esistenti. La cosiddetta ‘emergenza ungulati’ è una emergenza voluta e meticolosamente costruita a tutela degli interessi del mondo venatorio. La nuova legge regionale ne è ancora una volta la conferma».

Anche la Lipu- BirdLife Italia definisce quella approvata «Una legge mostro, che capovolge cause ed effetti, non avrà alcuna efficacia gestionale e farà male a biodiversità e persone» e il suo presidente nazionale, Fulvio Mamone Capria, rincara la dose: «Siamo di fronte a un provvedimento chiaramente inutile e altrettanto pericoloso, che affronta un problema oggettivo con una soluzione soggettiva, dove il soggetto sono i cacciatori e i loro interessi di parte. E’ ormai noto a tutti che il problema dei cinghiali, per citare l’ungulato più discusso, sia in primo luogo generato dalle continue immissioni della specie a fini venatori, così come è appurato che la caccia favorisca la riproduzione dei cinghiali, per ragioni biologiche studiate e confermate. Ciò nonostante, la Regione Toscana ha preferito insistere sulla strada sbagliata, che darà risultati nulli, e anzi amplificherà i problemi, ma in compenso farà male alla biodiversità e, temiamo, anche alle persone. Si pensi solo a quanti danni le squadre di cinghialai e le braccate potranno fare nei periodi riproduttivi degli uccelli, nei quali peraltro vige l’assoluto divieto comunitario di disturbo. E si pensi al rischio gigantesco, per le persone, ad esempio in primavera e o in estate, rappresentato dai pallettoni da caccia. Tutto troppo grave, eticamente condannabile e tecnicamente assurdo per essere vero. Eppure è vero. Un gigantesco regalo alla lobby delle doppiette toscane e di certi allevatori senza scrupoli, che rappresenta un momento buio della gestione territoriale del nostro Paese e che merita una risposta adeguata».

Durissimi Coordinamento associazioni animaliste Regione Toscana,  Lega anti vivisezione, Restiamo Animali che in un comunicato congiunto dicono che «La legge Remaschi, con l’estensione della caccia in ogni stagione per 3 anni, porterà senz’altro nuovo impulso a una delle industrie più fiorenti del nostro paese. Secondi solo agli USA, gli armieri italiani producono all’80% armi da caccia e devono affrontare un problema: il calo numerico dei cacciatori che sarà evidentemente rimpiazzato dall’invenzione della filiera alimentare selvatica, tenuta a battesimo all’Expo. I siti e i giornali dedicati alla caccia e alle armi  dedicano ampio spazio ai progetti di filiera sostenuti da associazioni come Cncn – Comitato Nazionale Caccia e Natura, emanazione di aziende produttrici di armi, munizioni e accessori per la caccia – con ampio ricorso a concetti come sostenibilità, qualità, ambiente, con l’evidente obiettivo di legittimare e stabilizzare la pratica venatoria permanente ed al di là dei limiti previsti, e magari conquistare nuovi adepti».

Gli animalisti sono convinti che  «La Regione Toscana con la legge “ammazzacinghiali” sembra raccogliere queste suggestioni, trasformando i suoi boschi in una sorta di allevamento di ungulati a cielo aperto, con ampia libertà di sparo, al prezzo di una strisciante militarizzazione del territorio. E’ una deregulation che riduce  gli animali selvatici a semplici oggetti, da destinare al divertimento dei cacciatori e al mercato con evidenti ripercussioni in materia di sicurezza pubblica per coloro che, in particolare in primavera ed estate vorranno usufruire dei boschi, e si esporranno ai rischi connessi alla presenza di migliaia di cacciatori armati di fucili da guerra ed archi.  La creazione di una filiera alimentare della carne, prevista dalla legge regionale, trasforma gli animali da patrimonio indisponibile dello stato in merce, senza alcuna considerazione per la dignità della vita selvatica. La Regione Toscana era davanti a un bivio: poteva considerare gli animali selvatici, la loro vita, come un beneficio per tutti, un bene comune da tutelare; ha preferito scegliere la strada opposta, con cinghiali e caprioli considerati come vite in eccesso da decimare e trasformare in cibo. Ha rinunciato a farsi portatrice di soluzioni nuove, progetti pilota non cruenti, abbracciando una logica arretrata e fallimentare. A vantaggio di chi o di cosa? Certo non dell’interesse generale. La Regione sta assumendo posizioni di retroguardia, anacronistiche. La caccia è sempre una dichiarazione di guerra agli animali e alla natura. Il futuro è nella convivenza pacifica fra le specie; non abbiamo bisogno di fucili e logiche di guerra, ma di una dichiarazione di pace agli animali selvatici e all’ambiente che li circonda».