Zika, i rischi etici e ambientali del Gene drives per estinguere le zanzare

NSA: il gene editing potrebbe diventare un’arma di distruzione di massa

[25 Febbraio 2016]

Il virus Zika sta seminando panico in Tutta l’America latina e creando forti preoccupazioni nel resto del mondo e governi,  ministri della salute e opinione pubblica sognano una soluzione  per fermare la malattia in rapida diffusione. Mentre sempre più donne nei Paesi colpiti danno alla luce bambini con encefalite, gli scienziati fanno a gara per trovare le risposte e una di quelle che va per la maggiore è quella di liberarsi una volta per tutte dei vettori della Zika: le zanzare.

Le zanzare sono gli animali più letali del mondo: ogni anno uccidono in media  725.000 esseri umani, il doppio del numero di persone uccise dall’altro animale più pericoloso: l’uomo. Per questo la lotta alle zanzare è così importante e vede impegnati così tanti scienziati. Da quando, alla fine del 1800, venne fatto il primo collegamento tra la puntura delle zanzare e la diffusione della malaria, si è scopeto che questi insetti sono il vettore di una dozzina di malattie mortali. Quindi sterminare tutte le zanzare può sembrare una soluzione logica e definitiva. Ma diversi ricercatori, compresi alcuni di quelli che lavorano per debellare la Zika, si chiedono se sia una buona idea.

Gli esperti dicono che tentare di  eradicare una intera specie dal pianeta potrebbe finire per avere un effetto devastante sull’ecosistema globale. Ma il dilemma etico che ci si pone davanti è incarnato dai bambini nati con cervelli rattrappiti e dalle donne povere che vivono in paesi in cui l’aborto è un reato. Gli scienziati stanno discutendo di come accelerare un processo di ingegneria genetica che qualcuno paragona a “giocare a fare Dio”.  Il 23 febbraio, il giorno dopo che il presidente Usa Barack Obama ha chiesto 1,9 milioni di dollari di finanziamenti per combattere il virus, a Washington DC si è riunito un gruppo di epidemiologi, esperti di politica globale, sociologi e genetisti  per discutere dei risvolti etici del fatto di lasciare che gli scienziati prendano le redini di processi evolutivi. Kevin Esvelt, un genetista del Massachusetts Institute of Technology (MIT)  ha detto: «Alterare deliberatamente i tratti di una popolazione selvatica non è qualcosa che dovremmo fare con leggerezza. Anche con qualcosa di simile a una zanzara, alla quale la maggior parte di noi non sono probabilmente molto affezionati, ci potrebbe essere qualcosa di  inaspettato dal lato ecologico».

La zanzara Aedes Aegypti non è nativa del continente americano, è una specie invasiva che  ora è presente dalla Florida all’Argentina e  la cui espansione potrebbe venire favorita dai cambiamenti climatici. L’ Aedes Aegypti   non trasmette solo la Zika, ma anche chikunguya e dengue. La sola dengue provoca 100 milioni di casi all’anno. Secondo Zach Adelman, un entomologo del Virginia Tech, «Queste zanzare hanno poco valore e chi volesse sostenerne l’estinzione troverebbe terreno fertile».

Al meeting di Washington la discussione si è concentrata in particolare sulla soluzione più recente e più promettente per eradicare le zanzare: il Gene drives, chiamato così per la capacità di “guidare” i geni delle popolazioni di zanzare per molte generazioni.  Una tecnica che fa parte del gene editing e al MIT spiegano:  «Con gene editing si intendono vari sistemi di nuova invenzione volti ad alterare il DNA delle cellule viventi. La tecnica più in vista del momento, la CRISPR, sta rivoluzionando la ricerca scientifica, determinando la creazione di nuove forme animali e vegetali, oltre a promettere una nuova generazione di trattamenti genetici per malattie gravi».

Tre laboratori statunitensi stanno già elaborando un gene drive per la Aedes Aegypti, la zanzara che diffonde la Zika. Se  si scegliesse di farne uso, questa tecnologia provocherebbe  l’estinzione della specie. «Ci aspettiamo di raggiungere un risultato entro l’anno», ha dichiarato Anthony James, un biologo molecolare dell’università di California – Irvine.

Al MIT fanno notare he «Se è vero che un gene drive potrebbe salvare vite umane, proprio l’aspetto che lo renderebbe così potente, il fatto che le zanzare stesse se ne farebbero portatrici, è causa di preoccupazione per eventuali conseguenze ecologiche. Cosa succederebbe se per caso le mutazioni genetiche dovessero passare ad altri insetti? Se qualcosa dovesse andare storta, gli scienziati sarebbero in grado di riparare il danno?» Un team della National Academy of Sciences  sta elaborando un rapporto sull’utilizzo responsabile di queste tecnologie e Keegan Sawyer, direttore dello studio, dice: «Non credo si possa ancora raggiungere un consenso reale sui gene drive. Si tratta di ambiti differenti».

Todd Kuiken, che studia la gestione di nuove biotecnologie per il Woodrow Wilson Center, ricorda che «Persino una specie invasiva potrebbe avere un proprio ruolo biologico utile. Non credo che l’intero ecosistema collasserebbe a causa dell’eliminazione di una specie invasiva, ma le specie sono estremamente interconnesse, specialmente negli ambienti tropicali. I miei dubbi riguardano le conseguenze delle interazioni ecologiche».

La nuova tecnologia ha reso possibile attivare manualmente le unità di geni nelle specie e, in alcuni casi, di scegliere esattamente quale tratto modificare e come ,mentre nel normale processo di selezione naturale, questo avrebbe richiesto molte generazioni per edere il cambiamento. Ma l’aspettativa di vita della zanzara vettore della Zika e di altre malattie  è – al massimo – di un mese. Un gene driver , diffondendosi in tutta la popolazione,  potrebbe cancellare il tratto che consente alle zanzare di riprodursi, oppure scienziati potrebbero trovare un modo per rimuovere il gene che mantiene i batteri Zika dal pool genetico delle zanzare, un approccio recentemente utilizzato per creare zanzare resistenti alla malaria. Anche se questo procedimento può sembrare il proiettile d’argento per farla finita con il virus Zika, non c’è accordo su quanto sia pericoloso per la biodiversità.

Eleonore Pauwels, che lavora allo Science and Technology Innovation Program del Woodrow Wilson International Center for Scholars di Washington, ha sottolineato: «Ora abbiamo il potere di dirottare l’evoluzione. Molte persone pensano che sarà efficace e prevedibile. Ma non è così. Abbiamo bisogno di sapere come parlare all’opinione pubblica, in modo che comprenda i rischi».

C’è anche un problema di sicurezza: se strumenti come questi finiscono nelle mani sbagliate, qualcuno potrebbe facilmente fare danni irreversibili al patrimonio genetico umano, un  rischio che, secondo  James Clapper, direttore della potentissima National Security Agency Usa  (NSA), rende il gene editing un’arma di distruzione di massa. Quel che preoccupa l’intelligence statunitense è la semplicità di applicazione del gene editing: «A fronte dell’ampia distribuzione, basso costo e alto ritmo di sviluppo di questo genere di tecnologia, il suo utilizzo, più o meno intenzionale, potrebbe avere conseguenze di grande portata per l’economia e la sicurezza nazionali», afferma un rapporto NSA che cita il gene editing come l’unica biotecnologia tra altre 6 più pericolose minacce, come le improbabili bombe H nordcoreane, le non meglio identificate armi chimiche siriane o i nuovi missili russi che potrebbero violare i trattati internazionali.

Secondo il Rapporto, «Ricerche sulla manipolazione del genoma portate avanti in Paesi con criteri etici o regolamenti diversi da quelli occidentali favoriscono il rischio della creazione di agenti biologici potenzialmente pericolosi». A parte che sui “criteri occidentali” ci sarebbe molto da ridire, il rapporto rilevava giustamente che le nuove scoperte «si muovono facilmente nell’economia globalizzata e altrettanto fa il personale con le competenze scientifiche necessarie a farne uso».

Nel mondo scientifico si discute da tempo sulla possibilità che la CRISPR possa essere utilizzate per creare zanzare killer, epidemie in grado di distruggere interi raccolti o virus capaci di danneggiare il DNA delle persone. Daniel Gerstein, analista senior alla RAND corporation e già  sottosegretario del Department of Homeland Defense, ammette: «La biotecnologia, più di altri domini della scienza, ha un immenso potenziale di fare del bene, ma altrettanto di venire utilizzata male. Siamo preoccupati tanto della possibilità che qualcuno sviluppi una qualche forma di potente agente patogeno quanto di eventuali incidenti dagli effetti catastrofici, visto che il genoma rappresenta l’essenza stessa della vita».

Ma Piers Millet, specializzato in armi biologiche al Woodrow Wilson Center di Washington, si è detto «sorpreso del fatto che Clapper abbia voluto puntare i riflettori sul gene editing come possibile arma di distruzione di massa, poiché la realizzazione di un’arma biologica richiede comunque un’ampia gamma di tecnologie e conoscenze».

Le armi biologiche sono vietate dalla Convenzione per le armi biologiche del 1972, sottoscritta da 175 Paesi, compresi Usa, Russia e Cina. Secondo Millet, «Gli esperti riunitisi a Varsavia lo scorso settembre per discutere il trattato, si sono dichiarati convinti che una minaccia terroristica in questo campo sia da considerarsi ancora remota, data la complessità inerente alla produzione di un’arma biologica. Il gruppo concludeva che “simili applicazioni rimarranno solo alla portata di alcune nazioni per il prossimo futuro”».

Ma l’analisi della NSA si riferiva soprattutto alla possibilità di utilizzare la CRISPR per modificare il DNA di embrioni umani e determinare modifiche genetiche nelle generazioni successive e sottolineava che, nel 2015, i veloci progressi della tecnica hanno  indotto «gruppi di biologi di spicco, sia statunitensi, sia europei a richiamare alla cautela contro la possibilità di modificare senza regole il genoma umano».

Tornando al meeting di Washington, la Pauwels ha detto che «La mancanza di conoscenza che la popolazione  generale ha del processo gene drive –  e dei suoi rischi – è un problema di sicurezza nazionale» ed ha citato un argomento già emerso durante le epidemie del passato: «Lasciando queste scelte monumentali,  tra quelle che potrebbero alterare  l’umanità,  ad un piccolo gruppo di scienziati d’elite non è etico ad un livello di equità». La maggior parte degli intervenuti al meeting concorda con la Pauwels, ma non è in grado di fornire risposte al problema Zika.

Andrew Maynard, che insegna alla School for the Future of Innovation in Society dell’Arizona State University, solleva un’altra questione: «La maggior parte delle persone non hanno la “larghezza di banda” per pensare criticamente su questi temi, hanno altre cose di cui preoccuparsi: come arrivare in tempo al lavoro, dar da mangiare ai bambini, fare abbastanza soldi per vivere. Allora, la domanda è: come possiamo prendere decisioni in un’area [della civilizzazione] come questa, quando in realtà attualmente non abbiamo i meccanismi  per impegnarci con i grandi settori della popolazione?»

Con me fa notare Alex Zielinski, una esperta di salute di ThinkProgress,  «La maggior parte delle donne colpite dalla Zika vivono in aree remote dei Paesi in via di sviluppo, e sono limitate dalla quantità di informazioni filtrate attraverso i canali governativi. Probabilmente, l’ultima cosa che passa loro per la mente è che ci si sta occupando di una soluzione tecnologica che potrebbe richiedere anni di dibattito prima che venga rilasciata al pubblico».

Per questo, anche gli scienziati e gli esperti riuniti a Washington pensano che  le soluzioni a breve termine, come ampliare l’accesso delle donne ai servizi riproduttivi, come contraccettivi e l’aborto, possono avere un impatto molto positivo nei Paesi colpiti dalla Zika, almeno fino a quando non verrà risolto il problema dell’etica delle nuove tecnologie genetiche.

Ma non tutti gli scienziati sono d’accordo. Il Brasile ha già aperto le porte all’impresa biotech britannica Oxitec, l’azienda privata leader nello sviluppo di zanzare geneticamente modificate. Invece di un gene driver, Oxitec produce zanzare geneticamente modificate  che producono larve che muoiono dopo circa quattro giorni.  Ma ambientalisti e diversi scienziati sono scettici della loro decisione di rilasciare queste zanzare mutanti in libertà, e la loro liberazione ha naturalmente dato vita sui social network ad un’altra branca della teoria della cospirazione:  la  Zika sarebbe stata diffusa dalle zanzare geneticamente modificate. Queste teorie sono esattamente ciò che gli scienziati del gruppo di Washington vogliono evitare. «La chiarezza e la comprensione deve precedere la paura – ha detto Esvelt del MIT – Se Zika è quello che serve per parlare in seriamente di gene drives prima degli esperimenti,  bisogna che la discussione pubblica possa esigere che questi esperimenti siano trasparenti, questa sarebbe la pallottola d’argento per la Zika. E saremmo stupidi a non afferrarlo».