Cambiamenti climatici: «Anche le imprese italiane sono impreparate»

Dngv Gl: sottovalutano i rischi e stentano ad avviare strategie per contrastare gli impatti

[20 Febbraio 2018]

Il rapporto “Le imprese sono sufficientemente resilienti ai cambiamenti climatici?” pubblicato dall’ente di certificazione internazionale Dnv Gl in collaborazione con l’istituto di ricerca GFK,, che ha coinvolto oltre 1.200 imprese in tutto il mondo, ha evidenziato che «Le aziende su scala globale sono ancora impreparate ad affrontare la problematica».  E Dnv Gl  sottolinea che «Non fanno eccezione le imprese italiane, che non spiccano per pro attività».

Lo studio, con un campione che comprende 148 aziende italiane, evidenzia che «Il 40% circa delle aziende del Bel Paese riconosce già gli effetti dei cambiamenti climatici su almeno una delle aree principali della propria attività (asset, operazioni, catena di fornitura o clienti e mercati) o se li aspetta nel breve termine. Quelle che li stanno già subendo sono il 21%».

La cosa preoccupante è che «Solo due imprese italiane su dieci (19%; -6% rispetto alla media globale) hanno già implementato iniziative di adattamento e resilienza al climate change, mentre il 14% le sta pianificando. Il 36% del campione si propone di valutare quali siano le azioni rilevanti da intraprendere entro il breve termine, mentre il 30% dichiara che non saranno avviate azioni su questo fronte nei prossimi tre anni».  Ma i buoni propositi per il futuro non mancano: «Interrogati sulla propensione all’adozione di strumenti o servizi per costruire la propria resilienza al clima nei prossimi tre anni, il 71% degli italiani partecipanti all’indagine risponde in maniera positiva. 1 su 4 degli intervistati condurrà un assessment per valutare i rischi climatici a cui è esposto il proprio business, mentre 1 su 5 investirà per sviluppare la propria conoscenza e capacità di risposta alla problematica».

Ecco la scheda integrale del rapporto per quanto riguarda l’Italia:

In dettaglio, le aziende italiane sembrano già osservare degli effetti dei cambiamenti climatici su asset (10% Italia vs 11% globale); operazioni (14% Italia vs 17% globale); catene di fornitura (9% Italia vs 12% globale); clienti e mercati (8% Italia vs 13% globale).

Tra i rischi legati al cambiamento climatico, in linea con i risultati globali dell’indagine, è l’innalzamento delle temperature, unitamente alle ondate improvvise di calore, la minaccia più probabile e temuta dalle nostre imprese (73%). Seguono tempeste e siccità (31%), alluvioni (29%) e, a distanza, incendi (14%), innalzamento del livello medio del mare (12%), frane e smottamenti (11%) e acidificazione delle acque marine (5%).  Le imprese italiane che hanno effettuato almeno un’azione di adattamento e resilienza al clima corrispondono al 19% degli intervistati italiani a fronte di una media globale del 25%. Il 14% del campione italiano, invece, è in fase di pianificazione di una o più azioni, mentre il 36% dichiara di valutarne la pianificazione entro i prossimi 3 anni. Tuttavia, circa tre aziende su dieci dichiarano che non implementeranno o non pianificheranno azioni di adattamento al clima.

Analizzando i risultati sulle principali barriere allo sviluppo di soluzioni relative all’adattamento o resilienza al clima, il 36% degli intervistati ritiene non strategico agire sia perché gli impatti dei cambiamenti climatici sulla propria organizzazione saranno limitati o poco rilevanti sia perché vi è mancanza di politiche o di incentivi da parte dei decisori politici per sostenere sforzi in questa direzione. Il costo di implementazione delle misure di adattamento al clima è un ostacolo all’azione per tre imprese su dieci (31%).

Prendendo in considerazione i driver che determinano lo sviluppo di azioni per l’adattamento e la resilienza ai cambiamenti climatici, oltre un’azienda italiana su due (52%) menziona la salvaguardia e la tutela delle proprie attività da eventi meteorologici estremi, subito seguita dalla conformità a leggi e regolamenti (49%). I driver principali non sono solo riconducibili ad aspetti legati alla propria organizzazione interna, ma si aprono anche a fattori di mercato esterni, quali la preoccupazione dell’opinione pubblica unitamente a responsabilità sociale aziendale, menzionati dal 40% delle imprese italiane coinvolte nell’indagine, e le esigenze dei clienti unitamente alle loro richieste, selezionati dal 34% del campione.

La quasi totalità delle aziende italiane (96%) che hanno attuato misure di adattamento o di resilienza, in generale, prevede che le azioni di adattamento o di resilienza al clima forniscano diversi vantaggi. Il 46% cita il risparmio finanziario come beneficio più atteso. Seguono a breve distanza, la diminuzione degli incidenti ambientali e una migliore relazione con le parti interessate (43% rispettivamente) oltre a un incremento del brand equity (36%), del vantaggio competitivo e della soddisfazione degli azionisti (25% rispettivamente).

Un’azienda italiana su due prevede un ritorno sugli investimenti climatici entro 5 anni al massimo, mentre per il 21% il ritorno è previsto in un arco temporale tra 6 e 10 anni.

Il 16% delle imprese italiane ha già effettuato valutazione di rischio o di vulnerabilità in relazione al cambiamento climatico su almeno una delle aree principali della propria attività (asset, operazioni, supply chain o clienti e mercati). Tra le imprese che hanno effettuato valutazioni si riscontra un maggiore focus verso le proprie attività, con il 13% che ha effettuato una valutazione per i propri asset e l’11% per le proprie operazioni. Proiettando la domanda a tre anni da adesso, le percentuali si attestano tra il 20% e il 25% per gli assessment su ciascuna delle aree menzionate (asset, operazioni, supply chain o clienti e mercati).

La limitata proattività rivolta attualmente al tema dell’adattamento climatico presso le imprese italiane, non sembra tuttavia rispecchiata nella previsione di investimento delle aziende su questo fronte nell’arco dei prossimi 3 anni. Con un risultato al di sopra della media del totale degli intervistati, che si attesta al 24%, in Italia il 31%, investirà sicuramente almeno in uno strumento e/o servizio per la resilienza al clima. L’esecuzione di valutazioni di rischio e/o vulnerabilità corrispondono all’investimento predominante, con il 24% delle imprese italiane che intende adottare entro i prossimi tre anni questa categoria di strumenti per l’adattamento al clima.