Cambiamento climatico, la differenza tra 1,5° gradi e 2° C in più moltiplica gli impatti

Il Mediterraneo sarebbe una delle regioni più colpite da un aumento delle temperature di 2° C

[22 Aprile 2016]

Nello studio “Differential climate impacts for policy-relevant limits to global warming: the case of 1.5 °C and 2 °C” un team di ricercatori europei evidenzia che ci saranno impatti dei cambiamenti climatici sostanzialmente differenti  con un riscaldamento globale di 1,5° C in più che a 2° C in più entro il 2100, che sono i  due limiti dell’aumento delle temperature compresi nell’Accordo sul clima di Parigi.

Secondo quanto scrivono i ricercatori su Earth System Dynamics, il giornale open access dell’European Geosciences Union, gli 0,5° C che dividono gli 1,5° C che sono l’indicazione più virtuosa e i 2° C che rappresentano la soglia più pericolosa,  significherebbero  entro il 2100  ci sarebbero 10 cm in più di innalzamento del livello globale del mare , ondate di calore più prolungate e un rischio generalizzato per quasi tutte le barriere coralline tropicali.

Il principale autore dello studio,  il tedesco Carl Schleussner di Climate Analytics, spiega: «Abbiamo trovato differenze significative per tutti gli impatti che abbiamo preso in considerazione. Abbiamo analizzato i modelli climatici utilizzati nel Fifth Assessment Report [dell’Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC], concentrandosi sugli effetti previsti a livello regionale con 1,5° C e 2° C di riscaldamento. Abbiamo preso in considerazione 11 indicatori diversi, tra cui gli eventi meteorologici estremi eventi, la disponibilità di acqua, i raccolti, il degrado della barriera corallina e l’innalzamento del livello del mare».

Il team di ricercatori tedeschi, svizzeri, austriaci e olandesi ha individuato una serie di hotspot in tutto il mondo nei quali gli impatti climatici previsti a 2° C sono molto più gravi rispetto agli 1,5° C. Uno di questi è la regione del Mediterraneo, che a già problemi per la siccità indotta dai cambiamenti climatici: «Con un aumento della temperatura globale di 1,5 ° C – dicono i ricercatori – la disponibilità di acqua dolce nella regione dovrebbe essere inferiore di circa il 10% rispetto alla fine del XX secolo. In un mondo a 2° C, i questa riduzione raddoppierebbe a circa il 20%».

Nelle regioni tropicali, la differenza di una mezzo grado della temperatura globale potrebbe avere conseguenze negative sui raccolti, in particolare in America centrale e nell’Africa occidentale. In media, i rendimenti locali di mais e frumento nei Paesi tropicali si ridurrebbero del doppio con 2° C in più rispetto ad un aumento della temperatura di 1,5° C. ;o studio evidenzia anche che nelle regioni tropicali gli effetti di un ulteriore  aumento di 0,5° C del riscaldamento globale entro la fine del secolo, porterebbero ad ondate di calore più prolungate fino al 50% rispetto ad un mondo a +1,5° C e Schleussner aggiunge: «Per gli estremi legati al caldo, un ulteriore aumento di 0,5° C segna la differenza tra gli eventi al limite superiore della variabilità naturale attuale e un nuovo regime climatico, in particolare nelle regioni tropicali».

2° C in più avrebbero un impatto pesantissimo d sulle barriere coralline già in crisi, come dimostra l’imponente sbiancamento in corso sulla Grande Barriera Corallina australiana, «Limitare il riscaldamento a 1,5° C fornirebbe una finestra di opportunità per alcune barriere coralline tropicali per adattarsi ai cambiamenti climatici – dicono i ricercatori –  Al contrario, un aumento della temperatura di 2° C entro il 2100 metterebbe praticamente tutti questi ecosistemi a rischio di degrado grave a causa dello sbiancamento dei coralli».

I ricercatori prevedono che in un mondo a + 2° C il livello del mare salirebbe di  50 cm entro il 2100,  ben 10 cm in più rispetto a 1,5° C di riscaldamento. Schleussner dice che «Nel corso del XXI secolo, l’innalzamento del livello del mare rallenterà solo in uno scenario di 1,5° C»

Un altro degli autori dello studio Jacob Schewe, del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK)  ricorda che «Alcuni ricercatori hanno sostenuto che ci sarebbe poca differenza per gli effetti dei cambiamenti climatici tra 1,5° C e 2° C, infatti, è necessario tenere conto della  variabilità naturale, delle incertezze del modello  e di altri fattori che possono a offuscare l’immagine. Nel nostro studio lo abbiamo fatto e,  concentrandosi su indicatori chiave a livello regionale, dimostriamo chiaramente che ci sono differenze significative nella impatti tra 1,5° C e 2° C».

William Hare, amministratore delegato di Climate Analytics, uno scienziato che ha partecipato anche allo studio pubblicato su Earth System Dynamics, conclude: «Il nostro studio dimostra che le regioni tropicali – per lo più Paesi in via di sviluppo che sono già molto vulnerabili ai cambiamenti climatici – affronteranno il più grande aumento di impatti tra gli 1,5° C e  i 2° C. I nostri risultati si aggiungono ad un crescente corpo di prove che dimostrano che i rischi climatici avvengono a livelli più bassi di quanto si pensasse. Forniscono prove scientifiche a sostegno del richiamo fatto dai Paesi vulnerabili, come i Paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, che un limite del riscaldamento a 1,5° C ridurrebbe notevolmente gli effetti del cambiamento climatico».