C’è sabbia del Sahara sulle Alpi, e la neve si scioglie prima

Ogni anno dal deserto finiscono in atmosfera circa 700 milioni di tonnellate di polveri che vengono trasportate in atmosfera, con conseguenze inaspettate

[23 Aprile 2019]

In pochi si aspetterebbero di trovare la sabbia del Sahara depositata sulle vette innevate delle Alpi, ma in realtà si tratta di un fenomeno tutt’altro che raro: dal gigantesco deserto africano si sollevano ogni anno circa 700 milioni di tonnellate di polveri che vengono poi trasportate in atmosfera, sopra le nostre teste, e finiscono per trovare una nuova casa talvolta molto lontano dal luogo di origine. E con conseguenze inaspettate.

Lo studio Saharan dust events in the European Alps: role in snowmelt and geochemical characterization, come spiega il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) ha messo insieme ricercatori dell’Arpa Valle d’Aosta, dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare), di Météo-France (Univ. Grenoble Alpes e Cnrs) e del tedesco Max Planck Institute per capire cosa succede quando le polveri del Sahara incontrano le Alpi: concentrando la loro attività nel sito sperimentale di Arpa Valle d’Aosta, situato a 2160 m di quota nel comune di Torgnon, i ricercatori hanno scoperto che la neve fonde più velocemente, con un effetto che può arrivare ad essere molto marcato.

«Analizzando i dati – spiegano infatti dal Snpa – è stato dimostrato che in anni caratterizzati da intense deposizioni sahariane, come nella stagione del 2015/2016, le polveri hanno causato un anticipo della scomparsa della neve di circa un mese – pari a un quinto della stagione nivale». E questo perché quando la sabbia del Sahara si deposita su aree coperte da neve o ghiaccio ne diminuisce l’albedo, ovvero la capacità di un oggetto di riflettere la luce: «Come tutti gli oggetti più scuri che assorbono più radiazioni e si scaldano più velocemente, allo stesso modo, la neve resa più scura, di colore rossastro, perché sporcata dalle deposizioni di polveri, assorbe più luce e fonde più velocemente».

Si tratta di un risultato importante per puntare a migliorare l’accuratezza dei modelli idrologici, che sono strumenti fondamentali per la corretta gestione della risorsa idrica nelle Alpi, ma sarebbe sbagliato pensare che sotto questo profilo le criticità presenti ormai lungo tutto l’arco alpino dipendano più dal Sahara che non dall’azione umana: «Con il cambiamento climatico attuale – sottolineano dal Snpa – la durata della copertura nevosa nelle Alpi viene minacciata dalla scarsità di precipitazioni durante l’inverno e dalle alte temperature primaverili ed estive, e diminuisce ulteriormente a causa delle deposizioni di polvere sahariana. Un processo che causa un’importante variazione nel ciclo idrologico nelle valli Alpine, se si tiene conto che la gran parte dell’acqua disponibile in queste zone deriva proprio dalla fusione della neve stagionale. Il fenomeno potrebbe essere anche più esteso e influenzare la disponibilità idrica in pianura». È in questo contesto che il contributo del Sahara potrebbe contribuire a peggiorare ulteriormente la situazione: «Annate caratterizzate da intense deposizioni di polvere sahariana potrebbero addirittura intensificare eventuali episodi di siccità estiva».