Clima, le emissioni italiane di gas serra non diminuiranno (almeno) fino al 2020

Il ministro dell’Economia Padoan ha trasmesso al Parlamento la prima Relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes)

[21 Febbraio 2018]

L’Accordo di Parigi sul clima è entrato in vigore il 4 novembre 2016, e anche l’Italia – che l’ha ratificato pochi giorni prima – si è impegnata a rispettarne i dettami di fronte alla comunità internazionale: contenere entro il 2100 l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto” della soglia critica di 2°C, e fare tutto il possibile perché il riscaldamento globale non supero i +1.5 °C rispetto all’era pre-industriale. Tutto questo però non sta accadendo.

Mentre gli scienziati dell’Ipcc avvertono che l’obiettivo dei +1,5 °C sta ormai per finire completamente al di fuori della nostra portata, le emissioni di gas serra italiane aggiornate dall’Ispra al 2015 risultano in aumento di +9,7 milioni di tonnellate di CO2eq rispetto all’anno precedente, e la situazione non sembra migliorerà a breve.

Come previsto dalla legge n. 163/2016, ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha infatti trasmesso al Parlamento la prima Relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile, spiegando l’evoluzione degli indicatori di benessere equo e sostenibile sulla base degli effetti determinati – per il triennio 2018-2020 – dalle misure introdotte dalla Legge di bilancio 2018. La Relazione riporta l’andamento dei primi quattro indicatori introdotti in via sperimentale, ovvero il reddito disponibile pro capite, la disuguaglianza dei redditi, il tasso di mancata partecipazione al lavoro e le emissioni di CO2 e altri gas climalteranti nell’atmosfera.

«Per quanto riguarda il contrasto ai cambiamenti climatici, le stime per il 2017 e le proiezioni per i prossimi tre anni indicano una stabilità delle emissioni di CO2 pro capite. Questo – spiega il ministro Padoan – sebbene si preveda una continuazione della ripresa economica».

In altre parole, le emissioni di CO2 per unità di Pil si stimano pari a 0,28 per il 2017, e miglioreranno leggermente (a quota 0,27) nel 2019 e 2020; ovvero, per produrre ogni unità di Pil italiano sarà “necessario” emettere un po’ meno CO2. Al pianeta però interessa un altro dato, ovvero quanta CO2 verrà effettivamente emessa, e qui finiscono le buone notizie per il nostro Paese. Misurate in tonnellate procapite, infatti, le emissioni italiane di gas climalteranti rimarranno stabili da qui al 2020: 7,5 tonnellate procapite/anno. Con buona pace della lotta ai cambiamenti climatici.

Paradossalmente ma non troppo, l’Italia si troverà purtroppo in prima fila a subire i danni di quest’inerzia. Secondo i dati diffusi nei giorni scorsi dal comitato scientifico de La scienza al voto, coordinato dal climatologo del Cnr Antonello Pasini, nell’ultimo secolo le temperature medie globali sono salite di quasi 1 °C e quelle italiane il doppio, impattando su lavoro, sicurezza e salute. Come nel caso della lotta alla disuguaglianza economica, anche la lotta ai cambiamenti climatici non è irrimediabilmente persa, ma i suoi risultati sono direttamente legati alle scelte della politica: un motivo in più per pesare secondo logica di sostenibilità il proprio voto durante le elezioni politiche del 4 marzo.