Con i cambiamenti climatici la fame nel mondo raggiungerà livelli allarmanti

Il cambiamento climatico ingigantisce e accelera gli impatti delle guerre e dell’ineguaglianza

[17 Ottobre 2019]

Secondo il 14esimo rapporto “Global Hunger Index (GHI) 2019”, pubblicato da Concern Worldwide e Welthungerhilfe in occasione del world Food Day, «I progressi compiuti dal 2000 nella riduzione della fame su scala globale sono stati disomogenei, con la fame che persiste in molti Paesi ed è in aumento in altri Paesi»,
I 117 Paesi presenti nell’indice GHI sono valutati utilizzando un procedimento in tre fasi che utilizza statistiche su denutrizione, benessere dei bambini, arresto della crescita infantile e mortalità infantile come indicatori per calcolare un punteggio su una scala di 100 punti. Analizzando i Paesi per i quali sono disponibili dati, emerge che la Repubblica Centrafricana soffre di un livello di fame “estremamente allarmante” (il livello più alto sulla scala GHI), mentre 4 paesi – Ciad, Madagascar, Yemen e Zambia – soffrono di livelli di fame “allarmanti”. Dei 117 paesi classificati nel GHI, 43 hanno livelli di fame “gravi”; 9 paesi che hanno livelli di fame che vanno dal “moderato” al 2grave” o all’”estremamente allarmante” hanno oggi punteggi peggiori rispetto l 2010: Repubblica Centrafricana, Madagascar, Venezuela, Yemen, Giordania, Malaysia, Mauritania, Libano e Oman.
Concern Worldwide evidenzia che «A livello globale, la prevalenza della denutrizione – la percentuale della popolazione senza accesso regolare a calorie adeguate – è rimasta stagnante dal 2015 e il numero assoluto di persone denutrite è aumentato da 785 milioni nel 2015 a 822 milioni nel 2018. L’aumento è stato maggiore nei paesi dell’Africa meridionale del Sahara colpiti da conflitti e siccità».
A causa dei f dati inadeguati, per diversi Paesi i punteggi non si sono potuti calcolare i punteggi GHI e in Burundi, Comore, Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Libia, Papua Nuova Guinea, Somalia, Sud Sudan e Siria la fame e la denutrizione sono notoriamente fonte di gravi preoccupazioni.
Il direttore di Concern Worldwide, Dominic MacSorley, ha ribadito che «I progressi compiuti verso il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Onu fame zero entro il 2030 sono ora minacciati o si sta tornando indietro. Questo rapporto mostra che più Paesi hanno livelli di fame più elevati rispetto al 2010 e che circa 45 Paesi non riusciranno a raggiungere bassi livelli di fame entro il 2030. La guerra, la disuguaglianza e gli effetti dei cambiamenti climatici hanno tutti contribuito a livelli persistentemente elevati di fame e insicurezza alimentare in tutto il mondo«».
Il rapporto GHI 2019 si concentra sui cambiamenti climatici: «Una minaccia sempre più rilevante per le persone affamate e vulnerabili del mondo che richiede un’azione immediata» e chiede «maggiori sforzi in risposta a eventi climatici estremi, conflitti violenti e rallentamenti economici che continuano a portare la fame in molte parti del mondo».
Nella prefazione al “Global Hunger Index (GHI) 2019”, la ex presidente dell’Irlanda Mary Robinson, sottolinea che «Il rapporto ha fornito un’illustrazione tempestiva di come la disgregazione climatica spezzi i sistemi alimentari, “mettendo a repentaglio uno dei diritti fondamentali che tutti condividiamo come esseri umani: il diritto a un’alimentazione adeguata e sufficiente. Con il numero di persone affamate che sono passate da 785 milioni nel 2015 a 822 milioni nel 2018, non possiamo più permetterci di considerare come volontari l’Agenda 2030 e l’accordo sul clima di Parigi e che ciascuno Stato membro decide autonomamente. Invece, la piena attuazione di entrambi è diventata un imperativo per poter garantire un mondo vivibile per i nostri figli e nipoti. Questo richiede un cambio di mentalità a livello politico globale».
E il cambiamento climatico ingigantisce e accelera gli impatti delle guerre e dell’ineguaglianza: <Dall’inizio degli anni ’90, il numero di catastrofi meteorologiche estreme, quali tempeste, siccità, incendi e inondazioni, è raddoppiato – sottolineano Concern Worldwide e Welthungerhilfe – riducendo i raccolti delle principali colture, contribuendo agli aumenti dei prezzi alimentari e alle perdite di reddito. Queste catastrofi hanno danneggiato in modo sproporzionato le persone a basso reddito e ridotto il loro accesso al cibo».
Il rapporto include una serie di raccomandazioni politiche: dare priorità alla resilienza e all’adattamento tra i gruppi di popolazione e le regioni più vulnerabili; migliore preparazione e risposta alle catastrofi; la trasformazione dei sistemi alimentari e la gestione delle disuguaglianze; azioni per mitigare i cambiamenti climatici senza compromettere la sicurezza alimentare e nutrizionale; impegno per un finanziamento climatico equo.