Emissions Gap Report Unep: per raggiungere l’obiettivo 1,5° C bisogna tagliare le emissioni del 7,6% all’anno entro il 2030

Con gli attuali impegni dei Paesi, il mondo è sulla strada per un riscaldamento climatico catastrofico di 3,2° C

[26 Novembre 2019]

Siamo giunti quasi alla fine di un anno nel quale i governi di tutto il mondo devono (dovevano) rafforzare i loro impegni climatici presi a Parigi, vedremo se qualcuno lo farà a dicembre alla Conferenza delle parti Unfccc di Madrid, ma il nuovo Emissions Gap Report  dell’United Nations environment programme (Unep) – da non confondere con “The Production Gap 2019 Report di cui diamo conto in un’altra pagina di greenreport.it – avverte che «Se le emissioni mondiali di gas serra non diminuiranno del 7,6% all’anno tra il 2020 e il 2030, il mondo mancherà l’occasione di mettersi sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo per limitare l’aumento delle temperature a 1,5° C, fissato dall’accordo di Parigi».

Secondo l’Emissions Gap Report, anche se tutti gli attuali unconditional commitments presi dai Paesi in base all’Accordo di Parigi fossero attuati, «E’ previsto che le temperature aumentino di 3,2° C, il che avrebbe delle conseguenze climatiche ancora più estese e più distruttive. Gli attuali sforzi collettivi dovranno essere moltiplicati almeno per 5 per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni per gli 1,5° C fissato dall’Accordo di Parigi».

Nonostante le promesse e i convegni, il mondo arriva quindi in drammatico ritardo al 2020, un anno cruciale per l’azione climatica e alla fine del quale si terrà la climate change conference dell’Onu a Glasgow, dove dovrebbe essere definita la strada da seguire per evitare crisi climatiche catastrofiche e i Paesi dovranno rafforzare i loro impegni climatici.

Il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha commentato: «Da 10 anni, l’Emissions Gap Report t suona l’allarme e da 10 anni il mondo non fa che aumentare il volume delle sue emissioni. Non c’è mai stato un momento più importante per ascoltare la scienza. Non tener conto di questi avvertimenti e prendere delle misure drastiche per invertire le emissioni, implica che continueremo ad essere testimoni di ondate di caldo mortali e catastrofiche, di tempeste e di inquinamento».

L’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) ha avvertito che superare gli 1,5° c di aumento delle temperature aumenterà la frequenza e l’intensità degli eventi climatici eccezionali che diventeranno la nuova normalità, come stiamo vedendo in questi giorni in Italia. La direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen, aggiunge che «La nostra incapacità collettiva di agire rapidamente e di raddoppiare gli sforzi per lottare contro il cambiamento climatico, ha comportato che dobbiamo subito ridurre le nostre emissioni, a un livello di più del 7% all’anno, se le ripartiremo in maniera equilibrata nel prossimo decennio. L’ampiezza di queste riduzioni annuali può sembrare scioccante. Possono anche sembrare impossibili, almeno per i prossimi anni. Ma bisogna farlo. E’ essenziale che apprendiamo dai nostri fallimenti. Ogni ritardo supplementare comporta la necessità di riduzioni più importanti, più costose e, francamente, poco probabili. Abbiamo bisogno di successi rapidi mentre mettiamo in moto le trasformazioni radicali della società che esige il cambiamento climatico, altrimenti l’obiettivo degli 1,5° C enunciato dall’Accordo di Parigi sarà fuori portata».

Le maggiori economie del pianeta, i Paesi del G20, sono responsabili del 78% di tutte le emissioni di gas serra. ma solo 5 di loro si sono impegnati a raggiungere l’obiettivo a lungo termine delle emissioni zero.

L’Unep ricorda che «A breve termine, I Paesi sviluppati, per ragioni di giustizia e di equità, dovranno ridurre le loro emissioni più rapidamente che i Paesi in via di sviluppo. Però, tutti I Paesi dovranno contribuire maggiormente agli effetti collettivi. I Paesi in via di sviluppo possono trarre degli insegnamenti dagli sforzi fruttuosi dei Paesi sviluppati; possono anche superarli e adottare tecnologie più pulite a un ritmo più rapido».

Al centro dell’Emissions Gap Report c’è il fatto che «L’insieme delle nazioni dovrà rialzare considerevolmente il livello di ambizione dei loro Nationally Determined Contributions (NDC)» nel 2020 e assicurare il controllo delle politiche e delle strategie per metterli in opera.

L’Unep è convinta che esistano le soluzioni per raggiungere gli obiettivi fissati a Psarigi, «ma non vengono dispiegate abbastanza rapidamente né sviluppate a una scala sufficientemente importante».

Ogni anno il rapporto Unep valuta il gap tra le emissioni previste nel 2030 e i livelli conformi agli obiettivi degli scenari di 1,5° C e di 2° C previsti dall’Accordo di Parigi. LEmissions Gap Report 2019 constata che «Le emissioni di gas serra sono aumentate dell’1,5% all’anno nel corso dell’ultimo decennio. Nel 2018, le emissioni, comprese quelle s provenienti dal cambiamento degli utilizzi dei suoli come il disboscamento, hanno raggiunto il record di 55,3 gigatonnellate equivalenti di CO2. Anche se tutti gli attuali NDC incondizionati presi nel quadro dell’Accordo di Parigi venissero rispettati, le temperature dovrebbero aumentare fino a 3,2° C».

Per limitare l’aumento delle temperature, «Per raggiungere l’obiettivo dei 2°C, le emissioni annuali nel 2030 dovranno essere inferiori di 15 gigatonnellate equivalenti di CO2 rispetto a quel che comportano attualmente gli NDC incondizionati; dovranno essere inferiori di 32 gigatonnellate per raggiungere l’obiettivo degli 1,5° C. Tradotto su base annuale, questo significa una riduzione delle emissioni del 7,6% all’anno dal 2020 al 2030 per raggiungere l’obiettivo degli 1,5° C e del 2,7% all’anno per raggiungere l’obiettivo dei 2° C. Per raggiungere queste riduzioni, il livello di ambizione indicato dagli NDC deve essere moltiplicato almeno per raggiungere l’obiettivo degli 1,5° C e per 3 per raggiungere quello dei 2° C».

Secondo il rapport, «Il cambiamento climatico può ancora essere limitato a 1,5° C. I vantaggi supplementari e l’azione climatica, come la depurazione dell’aria e la realizzazione di numerosi Obiettivi di sviluppo sostenibile, sono meglio compresi. I governi, le città, le imprese e gli investitori dispiegano numerosi sforzi ambiziosi. Le soluzioni, così come la pressione e la volontà di metterle in opera, abbondano».

Come ogni anno, l’Emissions Gap Report si concentra sul potenziale di alcuni settori nel ridurre le emissioni e l’edizione 2019 evidenzia il potenziale della transizione energetica e dell’efficienza nell’utilizzo di alcuni materiali, «il che può contribuire fortemente a ridurre il gap tra i bisogni e le prospettive in materia di emissioni».

Niklas Höhne, fondatore del NewClimate Institute, non sembra preoccupato più di tanto dal clamoroso ritardo globale denunciato dal rapporto: «La trasformazione comincia poco a poco ma prende rapidamente ampiezza. Constatiamo che, in tutti settori, alcuni protagonisti prendono iniziative veramente ambiziose. Per esempio, gli obiettivi en missioni zero e gli obiettivi 100% energie rinnovabili si espandono rapidamente e gli impegni a favore delle emissioni net-zero nell’industria pesante hanno cominciato a fare la loro comparsa, mentre era impensabile solo ancora qualche anno fa- Quel di cui abbiamo bisogno adesso è uno sviluppo mondiale degli esempi portati avanti dai leader»

John Christensen, direttore dell’Unep DTU Partnership, sembra più pessimista: «Se esaminiamo i 10 anni durante i quali è stato redatto l’Emissions Gap Report, è preoccupante constatare che, malgrado i numerosi avvertimenti, le emissioni mondiali continuano ad aumentare e non sembrano essere in grado di raggiungere il picco nell’immediato. Le riduzioni richieste possono essere ottenute solo trasformando il settore energetico. La buona notizia è che l’eolico e il solare sono diventati nella maggior parte dei posti la fonte di elettricità meno cara. Adesso, la principale sfida consiste nel progettare e attuare un sistema elettrico integrato e decentralizzato».