I futuri migranti saranno statunitensi: l’innalzamento del livello del mare provocherà 13 milioni di profughi climatici negli Usa

Potrebbe rimodellare le coste degli Usa, innescando una migrazione di massa verso le città dell'entroterra

[24 Gennaio 2020]

Il presidente statunitense Donald Trump mostra disprezzo verso i migranti e i profughi e, nel suo cieco negazionismo climatico, non vede che molti di loro fuggono da regioni rese inabitabili dal cambiamento climatico. Eppure potrebbe essere il destino di milioni di statunitensi, molti dei quali vivono in quelli che sono i bacini elettorali del trumpismo e della destra repubblicana.

E’ quello che emerge dallo studio “Modeling migration patterns in the USA under sea level rise” pubblicato d si PloS One da Caleb Robinson del Georgia institute of technology, Bistra Dilkina dell’università della Southern California e Juan Moreno-Cruz dell’università canadese di Waterloo, il primo a utilizzare l’apprendimento automatico per prevedere schemi migratori derivanti dall’innalzamento del livello del mare.

I tre ricercatori hanno scoperto che, oltre le aree costiere a rischio alluvione, l’impatto dell’innalzamento degli oceani si propagherà in tutti gli Stati Uniti e le persone colpite si sposteranno verso l’interno.

All’università della Southern California (USC) ricordano che «Quando l’uragano Harvey si è schiantato contro la costa del Texas nel 2017, gli sfollati si sono riversati nell’entroterra, cercando di ricostruire le loro vite in seguito al disastro. Entro decenni, la stessa cosa potrebbe accadere su una scala molto più ampia a causa dell’innalzamento del livello del mare».

Infatti, secondo lo studio, entro il 2100 solo negli Usa 13 milioni di persone potrebbero essere costrette a trasferirsi a causa dell’innalzamento del livello del mare. Un fenomeno che colpirà molti Paesi del mondo, Italia compresa, come ci ricordano anche studi recenti, Quindi, l’incubo di Trump e di Salvini sul quale hanno fatto la loro fortuna politica si concretizzerà, ma le città dovranno affrontare l’arrivo di masse di profughi interni, con una maggiore concorrenza per gli alloggi e le risorse, un aumento dei prezzi delle abitazioni e una maggiore pressione sulle reti di infrastrutture.

La Dilkin, un’informatica che dirige il Center for AI for Society dell’USC, evidenzia che «L’innalzamento del livello del mare interesserà ogni contea degli Stati Uniti, comprese le aree interne. Speriamo che questa ricerca consentirà ai pianificatori urbani e ai decisori locali di prepararsi ad accettare le popolazioni sfollate dall’innalzamento del livello del mare. I nostri risultati indicano che tutti dovrebbero preoccuparsi dell’innalzamento del livello del mare, che vivano o meno sulla costa. Questo è un problema di impatto globale».

Secondo il team di ricerca, le mete preferite di chi fugge di fronte all’innalzamento del mare saranno le grandi città dell’entroterra come Atlanta, Houston, Dallas, Denver e Las Vegas, ma anche le aree suburbane e rurali nel Midwest subiranno un afflusso sproporzionato di profughi rispetto alle loro popolazioni locali più piccole.

L’innalzamento del livello del mare è causato principalmente da due fattori legati al riscaldamento globale: lo scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai e l’espansione termica dell’acqua dovuta al riscaldamento degli oceani.  I ricercatori non hanno dubbi: «Nel giro di pochi decenni, centinaia di migliaia di case sulle coste Usa saranno allagate.  Entro la fine del secolo, il mare dovrebbe salire di circa 1,8 metri, ridisegnando la costa della Florida meridionale, parti della North Carolina e della Virginia e le aree urbane di Boston e New Orleans. Un fenomeno che provocherebbe danni economici enormi – in Florida le case più a rischio costano già molto meno delle altre al mercato immobiliare – e uno sconvolgimento ambientale e sociale mai visto negli Usa. La cosa singolare è che spesso d si parla di aree dove vincono i candidati repubblicani che fanno del negazionismo climatico la loro bandiera,

Per prevedere la traiettoria della migrazione provocata dell’innalzamento del livello del mare, i ricercatori hanno utilizzato le proiezioni esistenti sull’innalzamento del livello del mare e le hanno messe insieme a quelle sulla popolazione. Basandosi sui modelli migratori dopo gli uragani Katrina e Rita, il team ha istruito i modelli di apprendimento automatico – un sottoinsieme di intelligenza artificiale – per prevedere dove si sarebbero trasferiti i profughi climatici americani del futuro.

Robinson evidenzia che «Parliamo dell’innalzamento del livello del mare, ma gli effetti vanno ben oltre quelli direttamente colpiti sulle coste. Volevamo vedere non solo chi si sarebbe spostato, ma anche dove sarebbero andati».

Come previsto, lo studio ha scoperto che «I maggiori effetti dell’innalzamento del livello del mare si avvertiranno nelle aree interne immediatamente adiacenti alla costa, nonché nelle aree urbane nel sud-est degli Stati Uniti». Ma il modello ha anche mostrato un numero maggiore di migranti in arrivo a Houston e Dallas rispetto agli studi precedenti, che indicavano Austin come la principale destinazione per i migranti climatici dalla costa sud-orientale. I ricercatori dicono che «Questo risultato dimostra che i movimenti della popolazione causati dai cambiamenti climatici non seguiranno necessariamente i modelli precedentemente stabiliti. In altre parole: non è business as usual.

E, in un mondo colpito da mutamenti climatici, l’innalzamento del livello del mare potrebbe anche cambiare i flussi migratori internazionali. Lo studio evidenzia che le contee che circondano Los Angeles potrebbero vedere arrivare decine di migliaia di migranti le cui destinazioni costiere preferite verranno allagate, Insomma, il cambiamento climatico non fermerà la migrazione, la indirizzerà verso destinazioni alternative.

Uno scenario terribile in un mondo sovrappopolato e che avrà perso terre fertili e dove intere città saranno rese inabtabili dall’aumento del livello del mare. Alla USC non nascondono la loro preoccupazione, ma pensano e sperano che «I risultati di questo studio potrebbero aiutare gli urbanisti e i responsabili politici a pianificare l’espansione delle infrastrutture essenziali, dalle strade ai servizi medici, per garantire che l’afflusso di persone abbia un impatto positivo sulle economie locali e sul benessere sociale».

Cruz, che è un economista, conclude: «Quando la migrazione avviene in modo naturale, è un ottimo motore per l’attività economica e la crescita. Ma quando la migrazione avviene forzatamente, la produttività diminuisce e il capitale umano e sociale va perso, mentre le comunità vengono distrutte. Comprendere questi fatti sulla migrazione aiuta le economie e i decisori politici a prepararsi per ciò che verrà e fare il più possibile per rendere l’afflusso della migrazione un’esperienza positiva che produca risultati positivi».