Il colpo di frusta climatico: in aumento l’altalenare di condizioni meteorologiche estreme

Mentre il mondo si riscalda, si intensificano i bruschi cambiamenti nei modelli meteorologici. siccità seguite da gravi alluvioni o improvvise fluttuazioni delle temperature. Ulteriori impatti su uomini e natura

[18 Novembre 2019]

Jim Robbins, un noto giornalista ambientale statunitense e autore del recente libro The Wonder of Birds: What they Tell Us about the World, Ourselves and a Better Future”, ricorda su Yale Environment 360 che «Dal 2011 al 2016, la California ha vissuto cinque anni di estrema siccità, durante i quali sono stati infranti numerosi record delle e alte temperature. Questi anni caldi e secchi sono stati seguiti dall’inverno estremamente umido del 2016-2017, quando, da ottobre a marzo, è caduta sullo tato una media di 31 pollici di pioggia, la seconda più alta piovosità invernale mai registrata». Una pioggia così abbondante ha portato a una crescita eccezionale di erba e di altra vegetazione, che, con il ritorno di condizioni calde e secche, ha contribuito a produrre un mix combustibile che ha svolto un forte ruolo nei gravi incendi che hanno incenerito grandi aree della California negli ultimi due anni.

Robbins spiega che «Queste oscillazioni selvagge da un tempo estremo all’altro sono sintomatiche di un fenomeno, noto in vari modi come “colpo di frusta climatico” o “colpo di frusta del tempo”, che secondo gli scienziati è probabile che aumenti con il riscaldamento del mondo. L’intensità degli incendi in questi giorni in luoghi come la California è un sintomo del cambiamento climatico, dicono gli esperti, ma l’effetto del colpo di frusta pone una serie diversa di problemi per l’uomo e i sistemi naturali».

Nel recente studio “Increasing precipitation volatility in twenty-first-century California” pubblicato su Nature Climate Change un team di ricercatori dell’università della California – Los Angeles prevede che, se i gas serra continuano ad aumentare, entro la fine di questo secolo la frequenza di queste improvvise transizioni tra umido e secco aumenterà del 25% nella California settentrionale e raddoppierà nella California meridionale. E il principale autore dello studio, il climatologo Daniel Swain. conferma: «Partivamo dal presupposto che, sulla West Coast, la cosa principale che dovessimo affrontare con i cambiamenti climatici fosse l’aumento delle temperature, la riduzione del manto nevoso, un aumento del rischio di incendi. Queste cose sono ancora vere, ma c’è un’altra dimensione che dovremo affrontare: l’aumento del rischio di inondazioni e siccità estreme e le rapide transizioni tra le due cose».

Nel 2018 a Montecito c’è stato uno dei peggiori incendi della California, qualche settimana dopo, sul terreno nudo e bruciato sono cadute piogge torrenziali, causando frane che hanno travolto case e provocato 21 vittime. Un fenomeno ben conosciuto in Italia. In Europa quest’anno le gelate tardive che hanno danneggiato le colture sono state seguite da forti piogge che hanno spazzato via i raccolti e inondato i campi per settimane.

Secondo Robbins e gli scienziati, «In futuro, il colpo di frusta climatico potrebbe significare un intenso anno di siccità seguito da piogge record che non consentono la semina o che dilavano i fertilizzanti nei corsi d’acqua. Nei climi settentrionali, oscillazioni estreme tra il congelamento e lo scongelamento possono uccidere i germogli sugli alberi o portare a piogge, seguite da un clima gelido, formando una barriera di ghiaccio che impedisce il foraggiamento e ad animali come i caribù di realizzare la loro migrazione invernale».

In Europa, i dati degli anelli degli alberi mostrano un significativo aumento della volatilità climatica negli ultimi 60 anni. Il North Atlantic Jet Stream fluttua tra i Balcani a sud e la Scozia a nord e circa 300 anni di campioni di anelli di alberi prelevati in entrambi i luoghi di mostrano che negli ultimi 6 decenni è diventato molto più variabile e più estremo, il che si traduce in eventi climatici più gravi e uno spostamento più rapido tra gli estremi su base annuale, ma anche per le tempistiche mensili e settimanali. Valerie Trouet, del Laboratory of Tree-Ring Research dell’università dell’Arizona dice che «Tutto questo suggerisce che si tratta di cambiamenti antropogenici».

Meteorologi e climatologi sono convinti che una delle cause del colpo di frusta climatico siano le modifiche del vortice polare, che a sua volta influenza il flusso del jet stream. Il vortice è un muro di vento che circonda costantemente l’Artico e impedisce all’aria calda di penetrare nelle regioni fredde e all’aria fredda di spostarsi a sud. Quando è stabile, il vortice polare produce un clima normale e stagionale. Ma un vortice polare instabile provoca condizioni meteorologiche anomale ed estreme. Un esempio è la cosiddetta “flash drought”, il fenomeno delle siccità improvvise che esisteva anche prima ma che negli ultimi decenni è diventato più intenso e variabile. Mentre una siccità normale si sviluppa gradualmente a causa della mancanza di precipitazioni, una flash drought avviene rapidamente a causa di temperature insolitamente alte, venti forti e giorni di cielo sereno che consentono un aumento delle radiazioni solari. Questo porta ad alti livelli di evapotraspirazione e le temperature diventano rapidamente così calde che il terreno emette grandi quantità di umidità, mettendo a rischio i raccolti. A fine settembre negli Usa meridionali si sono avute flash drought subito dopo che piogge torrenziali avevano allagato la regione. In un’intervista a E&E News, Eric Luebehusen, un meteorologo del Dipartimento dell’agricoltura Usa, ha evidenziato che «E’ successo tutto in 60-90 giorni. La popolazione è passata molto velocemente dal molto umido al molto secco»,

L’olandese Sebastian Bathiany dell’università di Wageningen è convinto che l’aumento della variabilità delle temperature influirà in modo sproporzionato sui paesi meno sviluppati: «L’umidità nel suolo svolge un ruolo centrale nella moderazione degli estremi delle temperature e il riscaldamento climatico sta prosciugando i suoli. E quando si hanno condizioni più asciutte, allora le fluttuazioni di temperatura non sono più tollerabili, quindi si ha una maggiore variabilità delle temperature. La variazione sarà più pronunciata in Amazzonia, nel sud-est asiatico e in alcune parti dell’Africa, i luoghi più umidi del mondo e anche alcuni dei più poveri e meno in grado di gestire gli impatti.

Mentre la ricerca sugli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi naturali è appena all’inizio tra gli scienziati è diffusa la convinzione (e le evidenze) che questi cambiamenti siano un ulteriore stress al quale molte specie non riusciranno ad adattarsi. Bryan Black, del tree-ring lab dell’università dell’Arizona, spiega che «In teoria, gli estremi influiscono negativamente sulla capacità di recupero di una popolazione. Il flip-flop da un estremo all’altro influenza la resilienza e la biologia è meno in grado di riprendersi dopo un flip-flop agli estremi. Questo è quel su cui stiamo lavorando ora». Insomma, insieme alla compromissione antropica degli ecosistemi, gli impatti climatici possono essere gravi, fino a portare a estinzioni.

Lo studio di riferimento su variabilità climatica e impatti sull’ecosistema è “Climate change hastens population extinctions”, pubblicato nel 2002 su PNAS, e che riguardava il caso della farfalla checkerspot della Baia (Euphydryas editha bayensis), una sottospecie estintasi nella baia di San Francisco, in parte a causa della perdita del suo habitat ma anche a causa della volatilità delle precipitazioni e delle temperature annuali che hanno causato un gap tra la comparsa delle larve e le piante di cui si nutrono. I bruchi delle checkerspot della Baia si schiudevano ad aprile, ma morivano di fame se non riuscivano a crescere abbastanza prima dell’inizio della siccità estiva, quando appassivano le piante stagionali da cui dipendevano. Uscite dai loro bozzoli, le farfalle riprendevano a nutrirsi a novembre quando iniziano le piogge. Uno degli autori dello studio, John McLaughlin della Western Washington University. Evidenzia che «Queste popolazioni di farfalle sono state portate all’estinzione a causa della variabilità delle precipitazioni. Dovremmo prestare molta più attenzione a questo tipo di cose».

Un altro scenario da colpo di frusta è emerso sulle montagne della Sierra Nevada, in California, grazie allo studio “Fluctuations in annual climatic extremes are associated with reproductive variation in resident mountain chickadees” pubblicato nel 2018 su Royal Society Open Science e che si è svolto dal 2012 al 2017, un periodo nel quale ci sono state sia intense nevicate e la peggiore siccità della storia della California che ha colpito duramente la fascia collinare, riducendo il successo riproduttivo delle chickadees (cinciarelle), mentre la neve ha colpito le chickadees di alta quota. Gli autori dello studio sottolineano che «Considerando che la frequenza delle oscillazioni climatiche estreme tra siccità e neve è prevista in aumento, tali oscillazioni possono avere effetti negativi sulle popolazioni di chickadees attraverso l’intero gradiente altitudinale. È troppo presto per fare previsioni specifiche, tuttavia i nostri dati suggeriscono che anche le specie più comuni potrebbero essere sensibili».

I colpi di frusta climatici stanno avendo effetti sulla qualità dell’acqua nel Midwest Usa, con impatti sia sulle attività umane che sulla natura: uno studio ha dimostrato che i fertilizzanti azotati che gli agricoltori hanno utilizzato sui campi durante e dopo la semina sono rimasti nel terreno negli anni di siccità, Negli scenari di precipitazione normali, l’azoto verrebbe espulso dal terreno durante l’intero anno vegetativo, ma quando un terreno viene colpito da un’inondazione – come nel 2012-2013 – l’azoto viene espulso dai campi tutto in una volta, e il risultato è un picco dei livelli di azoto nei fiumi e nei corsi d’acqua che inquina l’acqua potabile e fa crescere le alghe, danneggiando i pesci e altri organismi acquatici. Uno degli autori dello studio, Adam Ward, idrologo della O’Neill school of public and environmental affairs dell’Indiana University, fa notare che «Il problema è che le nostre attuali pratiche agricole interagiscono in modi inaspettati con il cambiamento del tempo e del clima, producendo conseguenze più frequenti e gravi».

Mentre numerosi ricercatori esaminano settorialmente questi fenomeni, il progetto biennale Winter Weather Whiplash and Its Impacts on Socio-Ecological Systems esamina gli impatti su larga scala: un team di una dozzina di ricercatori – ecologi, sociologi ed economisti – sta esaminando cosa significano gli eventi colpo di frusta per le persone e il mondo naturale e in uno studio in corso di stampa definisce quattro tipi di colpi di frusta invernali: due durante l’inverno stesso e due durante le transizioni autunnali e primaverili. Secondo una delle ricercatrici del team, Alexandra Contosta dell’università del New Hampshire, «La natura altalenante di [questi eventi], soprattutto tra condizioni di congelamento e scongelamento, può avere un impatto smisurato sui sistemi naturali. per il nostro concetto di colpo di frusta climatico invernale è fondamentale che il punto di congelamento dell’acqua è una delle soglie fisiche più difficili in natura e quando si ha un evento meteorologico invernale si ha un superamento estremo di quella soglia, con molti cambiamenti dinamici. Nell’inverno 2017/18 i ricercatori hanno identificato due eventi: il riscaldamento che porta a far cadere pioggia sulla neve, che può causare inondazioni e il dilavamento dei nutrienti, un’ondata di caldo invernale, come quello che ha colpito il New England nel febbraio 2017 con temperature di oltre 21° C che ha fatto “risvegliare2 gli alberi dalla dormienza e, quando le temperature sono calate di nuovo ha causato una forte mortalità delle piante.

Questi eventi del colpo di frusta hanno un carattere diverso rispetto ai fenomeni di colpo di frusta invernale perché le foglie degli alberi, le erbe e altra vegetazione crescono attivamente. La Contosta conclude. «Una tempesta di neve tardiva in primavera o una tempesta di neve precoce in autunno possono avere molti impatti: alberi che cadono, linee elettriche che crollano e mortalità per la vegetazione. Se in futuro questi eventi diventeranno più frequenti, potrebbe esserci molta mortalità e questo, ad esempio, potrebbe compensare la quantità di carbonio che una foresta assorbe per un intero anno».