Il greenwashing delle compagnie petrolifere e i cambiamenti climatici

Le emissioni net zero promesse dalla compagnie europee sono ancora lontane. Preoccupano le compagnie statunitensi

[12 Maggio 2020]

La Transition Pathway Initiative (TPI) ha pubblicato il briefing “Carbon Performance of European Integrated Oil and Gas Companies”  e presentandolo, Adam Matthews, co-presidente della TPI direttore ethics & engagement del The Church of England Pensions Board, e Rory Sullivan, chief technical advisor della TPI e CEO di Chronos Sustainability, hanno evidenziato che «Il settore europeo integrato del petrolio e del gas sembra cambiare rapidamente. Meno di tre anni fa nessuna compagnia aveva fissato obiettivi per ridurre l’intensità di carbonio dell’energia fornita. Oggi tutte e 6 le compagnie valutate da TPI hanno fissato tali obiettivi. Inoltre, cinque (BP, Eni, Repsol, Shell e Total) hanno recentemente aggiornato le loro ambizioni climatiche a lungo termine. Questo rapporto presenta la valutazione provvisoria della TPI su queste ambizioni, analizzando quanto lontano sono arrivate queste compagnie e quanto devono andare lontano se vogliono raggiungere gli obiettivi “net zero”».

Dal rapporto emerge che negli ultimi 6 mesi le ambizioni delle multinazionali dell’Oil & Gas sono aumentate notevolmente: «BP ed Eni ora includono le Scope 3 emissions nelle loro ambizioni, un grande miglioramento rispetto ai loro piani precedenti. Le compagnie pensano sempre più a lungo termine e stabiliscono obiettivi a lungo termine. Ad esempio, estendendo gli obiettivi al 2050», Ora, Repsol e Total sono ora allineati allo scenario Paris Pledges e Shell prevede di ridurre l’intensità delle emissioni del 65% entro il 2050. OMV prevede di annunciare nuovi obiettivi nel 2020.

Il briefing TPI fa però notare che «Questi nuovi obiettivi non sono tutti uguali. Il nuovo obiettivo della Shell è attualmente il piano più ambizioso per ridurre l’intensità delle emissioni nel settore ed è vicino all’allineamento con uno scenario di 2° C. L’impegno di Eni nel ridurre del 55% l’intensità e dell’80% le emissioni assolute include informazioni sul contributo atteso delle compensazioni e rappresenta una risposta strategica globale. Gli attuali piani di Repsol e BP non coprono tutte le vendite di energia acquisite da terzi e, di conseguenza, sono meno ambiziose».

Secondo la Transition Pathway Initiative, questo non è sufficiente e le multinazionali dell’Oil & Gas devono  andare oltre: «Gli annunci di “net zero” o di allineamento agli 1,5° C che sono state avanzati da queste compagnie non sono confermate dall’analisi della TPI. Utilizzando la TPI’s intensity metric, anche i nuovi obiettivi più ambiziosi (Shell ed Eni) non sono allineati a uno scenario di 2° C». Repsol e BP devono fare molto di più in termini di ambizioni climatiche e OMV deve stabilire un nuovo obiettivo, molto più ambizioso. L’odore di greenwashing è cosi forte che il briefing avverte che «Sarà necessaria una migliore divulgazione dell’energia fornita da fonti low-carbon per aiutare gli investitori a seguire i progressi».

Ma, se può consolare, «Le compagnie petrolifere e del gas non europee sono molto indietro rispetto ai loro pari europei». Delle 42 compagnie Oil & Gas che hanno la loro sede fuori dall’Europa e valutate dalla TPI nel 2019, solo una (Petrobras) aveva un obiettivo di emissioni che includeva le Scope 3 emissions e nessuna era allineata con i parametri di riferimento dell’Accordo di Parigi presi in esame dalla TPI.

L’indicatore principale sembra essere l’High Management Quality. Nelle precedenti valutazioni della TPI, le compagnie petrolifere e del gas europee hanno costantemente ottenuto un punteggio elevato nel quadro della qualità della gestione di TPI, e questo ora si riflette nella Carbon Performance di queste multinazionali. IL rapporto avverte che «Vi è un ampio divario nella valutazione della TPI sulla Management Quality delle compagnie Oil & Gas europee rispetto ai loro 4 global peers, sebbene ci siano segni di miglioramento in alcune compagnie nordamericane».

Recentemente Shell e Tota hanno entrambe annunciato che puntano a diventare compagnie energetiche a net zero emissions. Shell punta a ridurre del 65% l’impronta di carbonio dei suoi prodotti, ma per quanto riguarda il restante 35% deve aiutare i suoi clienti a decarbonizzarsi collaborando con coalizioni di imprese, governi e altre parti per identificare e consentire percorsi di decarbonizzazione per ciascun settore. Prevede inoltre di orientarsi nel tempo al servizio delle imprese e dei settori che, entro il 2050, siano essi stessi a zero emissioni nette. Questo introduce un nuovo concetto di “sectoral decarbonisation” che al momento non può essere monitorato dalla TPI, ma che è teoricamente possibile quantificare.

A febbraio, il nuovo capo della BP, Bernard Looney , si è impegnato a raggiungere le emissioni net zero entro il 2050 o prima e ha promesso che, entro la metà di questo secolo, la BP taglierà del 50% l’intensità delle emissione dei suoi prodotti venduti. Ma secondo il nuovo rapporto,  BP e la compagnia austriaca OMV sono le uniche due compagnie Oil & Gas  delle 6 valutate che non sono riuscite ad allinearsi con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Insomma, nessuna delle multinazionali petrolifere è ancora in linea con l’obiettivo 1,5° C di  Parigi e il concetto che passare alle emissioni net zero significa eliminare tutte le emissioni prodotte sembra essere ancora duro da digerire. La conclusione alla quale giunge il briefing TPI è che «La capacità del settore Oil & Gas di realizzare la transizione verso il net zero entro il 2050 richiede progressi in altri settori e azioni di altri player».

Matthews ammette che gli impegni presi dalle 6 multinazionali europee non sono sufficienti: «Ci sono quelle che hanno impegni più completi che le  portano su un percorso molto più vicino ai 2 gradi rispetto ad alcune delle altre». In questo senso, quella che sembra messa meglio è la Shell che si è impegnata ad avere un’attività energetica net zero entro il 2050,  ma il rapporto TPI ribatte che «l’affermazione che sarà allineata con uno scenario climatico di 1,5° C non è coerente con la nostra analisi». Gli autori sottolineano di non essere stati in grado di valutare il piano di Shell nella sua interezza e lungo tutta la catena commerciale. «Non possiamo ancora quantificarlo – ha detto Adam Matthews a BBC News – Ma questo è potenzialmente molto significativo. E li porta a una sorta di impegno di riscaldamento di un grado e mezzo, che equivale a net zero netto».

secondo gli autori del rapporto, un’autentica strategia net zero delle compagnie petrolifere europee richiederebbe una riduzione delle emissioni del 100% tra oggi e il 2050. TPI fa notare che tutti i piani che ha valutato dipendono, in una certa misura, dalla contestata, costosa e ancora sperimentale tecnologia carbon capture and storage (CCS) e da soluzioni basate sulla natura come piantare alberi. Matthews evidenzia che «Ci sono ipotesi molto significative che richiedono ulteriori approfondimenti. E ovviamente abbiamo bisogno di una maggiore comprensione del ruolo che queste iniziative avranno nella realizzazione di queste strategie».

Ma a preoccupare sono soprattutto le multinazionali e le grandi compagnie dell’Oil & Gas statunitensi: «Semplicemente, non sappiamo quali siano le loro intenzioni su questo tema, il che comporta per noi un rischio finanziario maggiore – conclude Matthews – Stiamo continuando a impegnarci, ma gli impegni sono limitati, arriva un punto in cui devi trarre conclusioni molto chiare».