Kyoto Club: «Mentre l’Italia vuole tagliare le emissioni al 2030 solo del 37%, l’Ue rilancia e punta a oltre il 50%»

Oltre 500 imprese – 20 italiane – si impegnato sa diventare emissioni net-zero entro il 2030

[12 Dicembre 2019]

Oggi Kyoto Club ha organizzato un convegno per celebrare l’anniversario dell’Accordo di Parigi e riflettere sulle strategie per il taglio delle emissioni al 2030 e il loro azzeramento al 2050 e sottolinea che «Mentre i giovani di tutto il Pianeta riempiono le piazze per chiedere ai nostri governanti di fare in fretta e agire per affrontare la crisi climatica, la comunità scientifica internazionale – radunata dal 2 al 13 dicembre alla Conferenza delle parti sul clima di Madrid (COP25) – ha lanciato l’ennesimo avvertimento: se le attuali tendenze dovessero continuare, le temperature globali potrebbero aumentare dai 3,4 ai 3,9° C già in questo secolo, causando effetti distruttivi su larga scala. A fine novembre 2019, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che dichiara l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo. In un’altra risoluzione, l’Eurocamera esorta l’UE a presentare alla COP25 una strategia per raggiungere la neutralità climatica al più tardi entro il 2050».

Ma mentre l’Europa si muove l’’Italia, nonostante le dichiarazioni di ministri vari e la dichiarazione odierna di emergenza climatica, gran parte della politica è in tutt’altre – e vecchie – faccende affaccendata. Il vicepresidente di Kyoto Club, Francesco Ferrante, intervenuto al convegno in collegamento dalla COP25 di Madrid, ha commentato: «”‘Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur’. Purtroppo, temo si debba ricorrere a Tito Livio per descrivere la situazione attuale sui negoziati internazionali sulla crisi climatica. Mentre a Madrid si discute su dettagli, la concentrazione di CO2 in atmosfera e la temperatura media del pianeta conseguentemente continua ad innalzarsi. E’ abbastanza stupefacente come, nonostante i ripetuti allarmi provenienti dalla comunità scientifica e le straordinarie opportunità che ci offre l’innovazione tecnologica, le scelte politiche – a livello internazionale ma anche dei singoli Paesi (tranne poche lodevoli eccezioni) – siano così drammaticamente inadeguate e ancora influenzate dagli ”antichi” poteri fossili. Madrid temo sia l’ennesima tappa di “transizione” e l’appuntamento decisivo sarà quello dell’anno prossimo a Glasgow nel quale dovranno essere approvati gli aggiornamenti dei piani nazionali di riduzione delle emissioni. Ma il tempo sta davvero scadendo».

Il convegno di Kyoto Club puntava a riflettere su quali debbano essere le priorità ambientali per l’Italia e l’Europa al 2030 con uno sguardo più lungo al 2050 in un momento è particolarmente delicato, anche perché a breve sarà finalizzata la versione finale del Piano energia e clima (Pniec) da parte del Governo italiano. E il direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini, ha commentato quanto accaduto ieri in Europa: «Il Green New Deal presentato ieri da Ursula von der Leyen rappresenta il primo atto politico della nuova Commissione e indica la chiara volontà di dare centralità alla questione climatica Il documento contiene diverse suggestioni interessanti, fra cui l’impegno ad alzare il target 2030 al 50-55% (ma l’auspicio è che si passi al 60%) e a tracciare il percorso per un’Europa “carbon neutral” al 2050. Se a queste enunciazioni seguiranno impegni concreti, ad esempio sul versante degli investimenti e della fiscalità ambientale, dei modelli di consumo e di produzione, l’Europa tornerà al ruolo di guida mondiale della lotta climatica che si era un poco offuscato. Alcuni Paesi, del resto, stanno rispondendo adeguatamente all’emergenza in atto. La Danimarca la settimana scorsa, ad esempio, ha deciso di ridurre del 70% le emissioni al 2030. Stonano invece, nell’attuale delicata fase, posizioni come quella italiana che prevede un taglio delle emissioni limitato al 37%. Dobbiamo e possiamo essere più coraggiosi. E nei prossimi mesi andranno varati alcuni provvedimenti essenziali per accelerare gli interventi di riduzione delle emissioni».

La decarbonizzazione è una sfida che riguarda non solo gli Stati o le Istituzioni sovranazionali, ma anche le imprese e il settore privato, dove si stanno affermando nuovi modelli di business e strumenti per contrastare il cambiamento climatico. Il vicepresidente di Kyoto Club, Gianluigi Angelantoni, ha evidenziato che «La direzione verso la quale si muovono molti Governi è giusta ma è ingenuo pensare che i loro sforzi possano oggi rallentare in modo sostanziale il riscaldamento climatico Non riuscire a ridurre drasticamente le emissioni causerà un disastro ambientale e anche economico. Per questo anche le imprese devono mobilitarsi con nuovi investimenti nelle rinnovabili, nell’efficientamento energetico e nell’economia Circolare. Ne va del nostro stesso futuro come operatori economici, non solo come cittadini!».

E una risposta a sollecitazioni come quelle di Angelantoni è venuta da oltre 500 aziende, 20 delle quali italiane, che si sono impegnate pubblicamente ad «accelerare la riduzione delle emissioni di gas serra per contenere l’aumento medio delle temperature globali entro la soglia degli 1,5 gradi, e per ridurre le emissioni nette a zero entro il 2030, 20 anni prima rispetto a quanto stabilito dagli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi per il 2050».

Si tratta di grandi brand internazionali come Patagonia, The Body Shop, Allbirds, The Guardian, Aguas Danone Spain, Intrepid Travel, Ecoalf e di imprese italiane, tra le quali Nativa, Davines e Save The Duck, che fanno parte della community globale di realtà certificate B Corp, 3.000 aziende di tutto il mondo che soddisfano i più alti standard di performance verificati in termini sociali e ambientali, di trasparenza e responsabilità legale. A B Corporation spiegano che «L’impegno per una significativa riduzione delle emissioni di carbonio che porti a un futuro fatto di emissioni nette pari a zero entro il 2030 fa sì che questa climate action sia la più rapida azione mai intrapresa da un numero così ampio di imprese a livello mondiale. È la dimostrazione di una vera leadership in un periodo caratterizzato da gravi disordini e incertezze ambientali ed economiche».

Kyoto Club conclude. «Se fino a poco tempo fa la crisi climatica sembrava un problema che investiva il nostro futuro, negli ultimi anni il tema è diventato più che mai attuale ed immediato: per contenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2/1,5 gradi centigradi, come deciso a Parigi nel 2015, serve accelerare la transizione da un sistema basato sulle fonti fossili ad una economia circolare e a zero emissioni».