La crisi climatica potrebbe portare alcune economie al collasso

Unctad: senza diversificazione è probabile che avverrà. Più a rischio i Paesi dipendenti dalle materie prime

[13 Settembre 2019]

Presentando il “Commodities and Development Report 2019”, il capo dell’United Nations conference on trade and development (Unctad),  Mukhisa Kituyi, ha detto che «I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia esistenziale per i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime» e ha sottolineato che il rapporto «Evidenzia la necessità di diversificare le economie e le esportazioni».

Secondo l’Unctad, «La diversificazione potrebbe essere “orizzontale”, il che significa esplorare nuovi beni e settori per ridurre la dipendenza da una gamma ristretta di commodities, o “verticale”, il che comporta l’aumentare il valore di una commodity».

Kituyi  è convinto che «La crisi climatica … comporterà il collasso di alcune economie se non si intraprendono azioni decisive adesso. Ora più che mai, questi Paesi devono valutare il loro potenziale di diversificazione e ridurre la dipendenza dalle materie prime, che per decenni li ha tenuti esposti a mercati volatili e ai cambiamenti climatici».

Secondo il rapporto, «Una strategia di diversificazione di successo probabilmente implicherà una combinazione di politiche orizzontali, quali investimenti in istruzione e sanità e misure mirate a promuovere settori promettenti»

Il rapporto evidenzia che «La crisi climatica mette maggiormente a rischio i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime perché le loro economie dipendono da settori altamente esposti a eventi meteorologici estremi. Gli Small Island Developing States (SIDS) sono tra i più colpiti, così come la produzione agricola e della pesca, che storicamente esiste nelle regioni a bassa latitudine – dove si trovano la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime. L’alto rischio affrontato da questi Paesi rafforza la loro necessità di adattare, diversificare e modernizzare le loro economie».

Ma il rapporto sostiene anche che «La lotta ai cambiamenti climatici offre alcune opportunità a questi Paesi, come l’incentivazione della produzione di alternative alla carne e al latte del bestiame. Inoltre, la ricerca sulla mitigazione e l’adattamento climatici ha stimolato gli investimenti nelle innovazioni tecnologiche che potrebbero avvantaggiare questi Paesi; ad esempio, celle fotovoltaiche solari, che potrebbero rafforzare la sicurezza energetica e supportare i settori delle commodity in aree remote non collegate alle reti elettriche nazionali».

Il rapporto Unctad rilancia gli avvertimenti degli esperti secondo i quali gli impegni assunti dai Paesi per mitigare i cambiamenti climatici con l’Accordo di Parigi «Non sono abbastanza ambiziosi ma, per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C al di sopra dei livelli preindustriali, devono invece essere quadruplicati. Per questo, sono necessarie una volontà politica più forte e una maggiore mobilitazione delle risorse finanziarie e umane. dato l’alto costo della mitigazione e dell’adattamento climatici, i finanziamenti legati al clima, che attualmente rappresentano solo una frazione di quanto davvero necessario,  devono essere notevolmente ampliati. Inoltre, rendere più ecologiche le politiche fiscali può aiutare a garantire che tasse, sussidi e strumenti politici simili aiutino ad attuare piani d’azione che servirebbero anche a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)».

Le azioni per il clima devono essere rafforzate, «anche attraverso la creazione di capacità tecniche e normative per le istituzioni. per poter attuare politiche più efficaci»., e il rapporto suggerisce di «Riformare i sussidi ai combustibili fossili per trasformarli in ulteriori politiche fiscali verdi».

L’Unctad conclude ricordando che «Per aiutarli a partecipare efficacemente agli sforzi globali di mitigazione e adattamento, i Paesi sviluppati devono rispettare il loro impegno ai sensi dell’accordo di Parigi di trasferire tecnologie rispettose dell’ambiente ai Paesi in via di sviluppo».