La metà delle spiagge sabbiose del mondo potrebbe scomparire entro la fine del secolo

A causa dei cambiamenti climatici e dell'erosione costiera. La presenza umana rende le spiagge sabbiose meno resilienti

[4 Marzo 2020]

«L’erosione è un grave problema per le spiagge sabbiose che peggiorerà con l’innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento climatico», ma secondo lo studio “Sandy coastlines under threat of erosion”, pubblicato su Nature Climate Change, da un team di ricercatori europei guidato da Michalis Vousdoukas del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, «Un’efficace azione per il clima potrebbe prevenire il 40% di tale erosione».

Le spiagge sabbiose si estendono lungo oltre il 30% delle coste del mondo e, oltre a essere vitali per numerose specie di fauna e flora, sono diventati luoghi importanti per il turismo e le attività sportivo/ricreative. Inoltre fungono da zone cuscinetto naturali che proteggono la costa e gli ecosistemi costieri dalle onde, dalle maree e dalle inondazioni marine.

Al Jrc sottolineano che «Il loro ruolo di ammortizzatori di shock diventerà più importante con l’innalzamento del livello del mare e con le tempeste più intense attese con il cambiamento climatico. Tuttavia, i cambiamenti climatici accelereranno l’erosione e potrebbero far scomparire completamente più della metà delle spiagge sabbiose del mondo entro la fine di questo secolo».

Il problema è che gli effetti del cambiamento climatico si sommano – e si sommeranno ancora di più – cn quelli di una popolazione mondiale in crescita e con un aumento dall’urbanizzazione lungo le coste, facendo così aumentare l’erosione costiera, con effetti nei decenni a venire su centri abitati, infrastrutture e per i mezzi di sostentamento delle persone.

I risultati dello studio provengono dalla prima valutazione globale delle future dinamiche del litorale sabbioso: gli scienziati del Jrc hanno messo insieme 35 anni di osservazioni costiere satellitari e 82 anni di previsioni climatiche e quelle sull’innalzamento del livello del mare provenienti da diversi modelli climatici. Hanno anche simulato più di 100 milioni di eventi di tempesta e misurato la conseguente erosione costiera globale.

Hanno così scoperto che «La riduzione delle emissioni di gas serra potrebbe impedire il 40% dell’erosione prevista». Però, anche se il riscaldamento globale venisse contenuto, «Le società dovranno comunque adattarsi e proteggere meglio le spiagge sabbiose dall’erosione».

Onde, livello del mare, venti, i fattori geologici e l’attività antropica rendono le coste sabbiose ambienti estremamente dinamici che sono naturalmente resistenti alle variazioni climatiche – possono adattarsi all’innalzamento del livello del mare e alle tempeste marine ritirandosi e adattando la loro morfologia – ma stanno affrontano sempre più pressioni a causa dello sviluppo umano, una situazione che potrebbe peggiorare se continueranno l’attuale urbanizzazione costiera contemporanea e la crescita della popolazione.

I ricercatori evidenziano che «Man mano che le “backshores” – l’area di una costa al di sopra del livello dell’alta marea – diventano sempre più edificati, i litorali sabbiosi stanno perdendo la loro capacità naturale di accogliere o recuperare dall’erosione. Allo stesso tempo, le dighe fluviali e gli sviluppi umani trattengono a monte sedimenti che alimenterebbero naturalmente le spiagge. Di conseguenza, una parte sostanziale delle coste sabbiose del mondo si sta già erodendo, un processo che potrebbe accelerare con l’innalzamento del livello del mare».

Lo studio di mostra che «senza mitigazione e adattamento climatico quasi la metà delle spiagge sabbiose del mondo sono in pericolo di estinzione quasi entro la fine del secolo» e al Jrc fanno notare che «Oltre alla perdita di preziosi ecosistemi, le implicazioni socioeconomiche possono essere gravi, specialmente nelle comunità più povere e dipendenti dal turismo nelle quali le spiagge sabbiose sono la principale attrazione turistica. Le piccole nazioni insulari sono tra le regioni più vulnerabili».

Ma le soluzioni per mitigare questo disastro economico e ambientale ci sono: «Nella maggior parte del mondo, le dinamiche del litorale previste sono dominate dall’innalzamento del livello del mare e una moderata mitigazione delle emissioni di gas serra potrebbe impedire il 40% della ritirata del litorale a livello globale».

Inoltre, in alcune regioni gli effetti dei cambiamenti climatici sono contrastati da cambiamenti ambientali che accrescono il litorale: l’aumento della superficie delle spiagge sabbiose derivante dai sedimenti che arrivano sulla costa a causa di altri fattori naturali o antropogenici. Un fenomeno particolarmente evidente per alcune aree dell’Amazzonia, dell’Est e del Sud-est asiatico e del Nord Pacifico tropicale.

L’Unione europea si è impegnata a mitigare le emissioni climatiche e con l’European Green Deal punta a raggingere la carbon neutrality entro il 2050.

La strategia dell’UE sull’adattamento ai cambiamenti climatici mira a rendere l’Europa più resiliente e ridurre al minimo l’impatto di inevitabili cambiamenti climatici e sottolinea che le zone costiere sono particolarmente vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, il che mette in discussione la resilienza climatica e la capacità di adattamento delle nostre società costiere. «Questo – fanno notare al Jrc – richiede una forte strategia dell’Ue e azioni di prevenzione da parte degli Stati membri volte a ridurre la vulnerabilità dei loro cittadini e delle loro economie rispetto ai pericoli costieri, al fine di ridurre al minimo gli impatti climatici futuri in Europa».

La Commissione europea ha pubblicato le raccomandazioni per la gestione integrata delle coste, uno strumento politico che richiede l’istituzione di una zona di arretramento costiero (coastal setback zone), che si estenda per almeno 100 metri verso terra dalla linea di marea invernale più alta, tenendo conto, tra l’altro, delle aree interessate direttamente e negativamente dai cambiamenti climatici e dai rischi naturali.

La direttiva Ue sulle alluvioni impone agli Stati membri di valutare se tutti i corsi d’acqua e le coste sono a rischio di inondazioni, di mappare l’estensione delle inondazioni e le risorse e le popolazioni a rischio in queste aree e di adottare misure adeguate e coordinate per ridurre il rischio di alluvioni.

I ricercatori del Jrc, concordano sul fatto che «Mantenere delle spiagge sabbiose integre è un’efficace misura di protezione costiera e presenta benefici ambientali. Numerosi ambienti sabbiosi sono inclusi nella Direttiva Habitat in quanto legati a specie protette e molte delle aree protette NATURA comprendono coste sabbiose.

L’attuazione di queste azioni dovrebbe portare i fiumi a essere più in grado di quanto non siano ora di riprendere la loro funzione naturale di trasporto dei sedimenti che, in poche parole, fornire il materiale, attraverso i processi naturali, per ripristinare e conservare le spiagge sabbiose».

Il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030, l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e gli obiettivi di sviluppo sostenibile hanno fissato l’agenda per la riduzione dei rischi di catastrofi attraverso uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile ed equo, ma i ricercatori concludono ricordando che «In questo contesto, i Paesi poveri più poveri restano particolarmente vulnerabili ai rischi costieri e in queste società potrebbero essere necessari enormi investimenti o cambiamenti per colmare il gap di vulnerabilità con i Paesi più ricchi».