La “pausa” nel riscaldamento globale non esiste. L’Ipcc si sbagliava

Scienziati Noaa: «Lo "iato" è un’illusione causata da dati inesatti»

[5 Giugno 2015]

Negli ultimi anni molti studi – assediati e commentati  da molte polemiche degli ecoscettici – si sono dedicati a risolvere “il mistero” del cosiddetto “iato” nel riscaldamento climatico, una pausa, o meglio un forte rallentamento, nell’aumento delle temperature globali della superficie terrestre che durerebbe dal 1998.  Ma ora lo studio “Possible artifacts of data biases in the recent global surface warming hiatus” pubblicato su Science da un team del National Centers for Environmental Information (Ncei) della National Oceanographic and Atmospheric Administration (Noaa) e del LMI presenta un’analisi aggiornata delle temperature globali  che rivela che «I trend globali sono superiori  a quanto riportato dall’Ipcc, soprattutto negli ultimi decenni, e che la stima centrale del tasso di riscaldamento durante i primi 15 anni del XXI secolo è grande almeno quanto nell’ultima metà del XX secolo. Questi risultati non supportano la nozione di “rallentamento” dell’aumento della temperatura superficiale globale».

Thomas R. Karl, direttore del Ncei Noaa spiega che «L’aggiunta negli ultimi due anni di dati della temperatura superficiale globale e di altri miglioramenti della qualità dei dati osservati, forniscono evidenze che contraddicono la nozione di uno iato nei recenti trend del global warming. La nostra nuova analisi suggerisce che lo iato apparente può essere in gran parte il risultato di limitazioni nei passati datasets e che il tasso di riscaldamento durante i primi 15 anni di questo secolo è, infatti, stato più veloce o altrettanto veloce di quello osservato nel seconda metà del XX secolo».

Secondo il Fifth Assessment Report pubblicato nel 2013/2014 dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, il rialzo globale andamento della temperatura superficiale (0.05 gradi centigradi) nel periodo1998-2012 è stato nettamente inferiore rispetto al trend (0,12° C)  del periodo 1951-2012.

Ma, da quando è stato pubblicato il rapporto Ipcc, gli scienziati americani della Noaa  hanno introdotto notevoli miglioramenti nel calcolo dei trend ed ora utilizzano dati della temperatura superficiale globale che includono quelli del  2013 e del 2014, l’anno più caldo mai registrato e i calcoli utilizzano anche versioni migliori sia per la temperatura della superficie terrestre che dei datasets della temperatura dell’aria e della superficie del mare. «Uno dei più importanti miglioramenti – sottolineano alla Noaa – è una correzione che spiega la differenza nei dati raccolti dalle boe e dei dati sulle navi. Prima della metà degli anni ‘70, le navi erano il modo predominante per misurare la temperatura della superficie del mare e da allora le boe sono state utilizzati in numero sempre crescente. Rispetto alle navi, le boe forniscono misure di un’accuratezza significativamente maggiore».

Un altro autore dello studio, Thomas C. Peterson, capo ricercatore del Ncei Noaa, evidenzia che «Per quanto riguarda la temperatura della superficie del mare, gli scienziati hanno dimostrato che, su tutta la linea, i dati raccolti dalle boe sono più freddi  rispetto ai dati sulle navi. Al fine di confrontare con precisione le misurazioni delle  navi e le misurazioni delle boe  nel lungo termine, devono essere compatibili. Gli scienziati hanno sviluppato un metodo per correggere la differenza tra le misurazioni di una nave e di una boa ed è quello che stiamo usando questo nella nostra analisi delle tendenze. Inoltre, sono state ottenute informazioni più dettagliate circa il metodo di osservazione di ogni nave. Questa informazione è stata utilizzata anche per fornire una migliore correzione, per cambiamenti nel mix dei metodi di osservazione».

Le nuove analisi realizzate utilizzando questi dati aggiornati di mostrano che «La copertura spaziale incompleta ha portato anche a sottostimare il reale cambiamento della temperatura globale precedentemente riportato nel rapporto 2013 dell’Ipcc. L’integrazione di decine di datasets ha migliorato la copertura spaziale in molte aree, compreso l’Artico, dove negli ultimi decenni le temperature sono in rapido aumento».

I ricercatori statunitensi fanno l’esempio della Ad esempio, il rilascio della banca dati della  International Surface Temperature Initiative  che è stata integrata con il dataset  Global Historical Climatology Network–Daily della Noaa e i dati storici raccolti negli ultimi 40 anni, il che ha permesso di più che raddoppiare  il numero di stazioni meteorologiche disponibili per l’analisi. A questo vanno aggiunti i dati record del 2013 e 2014, che  hanno avuto un impatto notevole sulla valutazione della temperatura.

Come ha detto anche l’I’pcc, il periodo di “iato” 1998-2012 è breve ed è iniziato con un anno insolitamente caldo e con  El Niño, ma i ricercatori del Ncei Noaa  dicono che «Tuttavia, per l’intero periodo di raccolta dei dati, dal 1880 ad oggi, il trend al riscaldamento appena calcolato non è sostanzialmente diverso da quello riportato in precedenza [0.68° C per secolo (nuovo) contro 0,65° C per secolo (vecchio)], rafforzando la nuova correzioni che hanno un impatto soprattutto negli ultimi decenni».

Karl conclude: «Vogliamo sperare che questo faccia capire all’opinione pubblica che la temperatura oggi sta realmente continuando a riscaldarsi. La dichiarazione dell’Ipcc di due anni fa – che la temperatura della superficie globale mostrava un trend lineare all’aumento molto più piccolo nel corso degli ultimi 15 anni che nel corso degli ultimi 30-60 anni – non è più valida».