La Russia blocca le forniture di gas e carbone all’Ucraina e i progetti energetici in Turchia

Rischiano l’annullamento il gasdotto Turkish Stream e la centrale nucleare di Akkuyu

[25 Novembre 2015]

Secondo il giornale russo Kommersant, che cita una fonte dell’industria carbonifera russa, «La Russia ha interrotto le forniture di carbone in Ucraina» e aggiunge che «Le dogane della Federazione Russa non lasceranno passare il carbone destinato all’Ucraina, mentre quello in transito non avrà problemi, ha rivelato al giornale “Kommersant».

Intanto sono state sospese anche le forniture di gas all’Ucraina. in Ucraina. Il capo di Gazprom, Alexey Miller, ha detto che Naftogaz, la compagnia gasiera statale ucraina, non ha effettuato il pagamento anticipato.

Ieri il ministro dell’Energia russo, Alexander Novak, aveva anticipato he la cessazione delle forniture di carbone poteva essere una delle misure di risposta a Kiev, dopo che l’Ucraina ha interrotto le forniture di energia elettrica alla Crimea.

Ria Novosti scrive che Semen Kuzmenko, ministro dei trasporti dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, ha annunciato che il Donetsk «ha completamente sospeso le consegne di carbone nei territori sotto il controllo di Kiev».

Le milizie filorusse controllano la maggior parte delle miniere del Donbass, ma il governo Ucraino ha ancora nelle sue mani quelle più produttive, anche se con un carbone di qualità inferiore.

La mossa russa rischia di lasciare al freddo gli ucraini, che si basano in gran parte sul carbone per riscaldarsi, ma le forniture di carbone sono difficoltose anche nelle zone ribelli della Nova Rossia a causa dalla distruzione delle infrastrutture, in particolare delle ferrovie, causate dalla guerra civile.  L’Ucraina è costretta a importare carbone dal Sudafrica – con costi salati e corruzione crescente . e dalla Russia nemica.

Invece a novembre, grazie ad un clima eccezionalmente mite, l’Ucraina praticamente aveva smesso di importare gas dalla Russia e dall’Unione europea e probabilmente ne ha approfittato per styoccare riserve sufficienti a superare l’inverno. Il cambiamento climatico sembra favorire Kiev: i primi 10 mesi del 2015 sono stati i più caldi degli ultimi 120 anni.  Gli ucraini sono stati favoriti anche dal calo del prezzo del petrolio e del gas e sperano che nel 2016 potranno acquistare il gas russo a prezzi ancora più bassi.

Ma la Russia non sembra disposta a perdonare quello che gli ucraini hanno combinato il 22 novembre in Crimea, che ormai è a tutti gli effetti una Repubblica della Federazione Russa, lasciando senza luce 2 milioni e mezzo di persone dopo che un gruppo di estremisti ucraini ha saltare in aria le linee che trasportavano elettricità alla penisola dall’Ucraina. L’attentato ha lasciato al buio 1.020 località della Crimea, compresa Sebastopoli con i suoi 390.000 abitanti. La Crimea non ha fonti di energia autonome e dipende totalmente dall’elettrodotto che la collega all’Ucraina. Ora il ministro dell’energia russo, Alexandre Novak, assicura che entro la fine dell’anno  sarà realizzato un “ponte energetico”  tra il sud della Russia e la Crimea.

Intanto la Russia ha avviato la sua rappresaglia energetica  che è anche un avvertimento alla Turchia che ha abbattuto il bombardiere russo SU-24 al confine con la Siria: Mosca userà anche l’arma energetica e c’è da pensare che i progetti di oleodotti e gasdotti russi che avrebbero dovuto passare dalla Turchia verranno annullati, mentre c’è da sperare che naufraghi anche il progetto della prima centrale nucleare turca di Akkuyu che i russi avrebbero dovuto costruire sulle coste del Mar Nero, in un’area ad alto rischio sismico.

Infatti, oggi il Cremlino ha annunciato che Gazprom valuterà se continuare o meno il progetto del  gasdotto Turkish Stream.  E che è a rischio la costruzione da parte di Rosatom della centrale nucleare di Akkuyu, un progetto da 22 miliardi di dollari che, secondo molti, doveva servire ad Erdogan a continuare a sognare la possibilità di dotarsi di una bomba atomica in proprio, oltre a quelle americane che ospita.

Mosca prevede sanzioni anche per il turismo e la importazione di prodotti tessili dalla Turchia.

La Turchia potrebbe reagire limitando il passaggio delle navi russe attraverso il Bosforo e lo Stretto dei Dardanelli, in particolare le navi che trasportano materiali bellici e rifornimenti alla base aerea russa di Hmeymim in Siria.

Ma il giornale russo on-line Sputnik sottolinea che «Tuttavia, secondo la Convenzione di Montreux del 1936 che regola il traffico navale in questa parte di mare, Ankara ha diritto ad introdurre limitazioni solo se minacciata dalla guerra. Tuttavia anche in questo deve essere salvaguardata la libertà della navigazione mercantile, anche se con alcune limitazioni. Il divieto totale potrebbe essere introdotto da Ankara solo se la Turchia stessa entrerà in guerra».

Ma questa non sarebbe più una guerra del gas, del petrolio e del carbone, sarebbe probabilmente la Terza Guerra Mondiale.