Le molteplici crisi ambientali che i politici non capiscono

Ippr: «Politici e amministratori non colgono la gravità della crisi ambientale che affligge la Terra»

[12 Febbraio 2019]

Il think-tank progressista britannico Institute for Public Policy Research (Ippr) ha appena pubblicato il rapporto “This is a crisis: Facing up to the age of environmental breakdown”  nel quale si afferma che «Gli impatti umani hanno raggiunto una fase critica e minacciano di destabilizzare la società e l’economia globale». Ma gli scienziati avvertono che i decisori politici non sembrano rendersi conto che « gli impatti umani sull’ambiente hanno raggiunto una fase critica, potenzialmente erodendo le condizioni sulle quali è possibile la stabilità socioeconomica. Una combinazione potenzialmente fatale di fattori» che comprendono il cambiamento climatico, la perdita di massa delle specie, l’erosione del suolo superficiale, l’abbattimento delle foreste e l’acidificazione degli oceani».

Secondo i tre autori dello studio – Laurie Laybourn-Langton, Lesley Rankin e Darren Baxter – questi fattori «stanno guidando un processo di destabilizzazione ambientale complesso e dinamico che ha raggiunto livelli critici. Questa destabilizzazione sta avvenendo a velocità senza precedenti nella storia umana e, in alcuni casi, mai prima d’ora in miliardi di anni».

L’Ippr avverte che «La finestra di opportunità per evitare risultati catastrofici si sta rapidamente chiudendo» e gli autori del rapporto sollecitano tre cambiamenti da parte della politica, se vuole davvero comprendere quel che sta succedendo:  rispetto al livello e al ritmo della disgregazione ambientale; riguardo alle implicazioni per le società;  riguardo alla necessità di un cambiamento trasformativo. I ricercatori ricordano che «A partire dal 1950, il numero di inondazioni in tutto il mondo sono aumentate di 15 volte, gli eventi i temperature estreme di 20 volte e gli incendi boschivi di 7 volte».

Dopo la pubblicazione del rapporto del think-tank notoriamente vicino alle posizioni dell’opposizione laburista e liberaldemocratica, un portavoce del governo conservatore britannico ha dichiarato: «Attraverso il nostro 25 Year Environment Plan e il prossimo Environment Bill, ci impegniamo a lasciare il nostro ambiente in uno stato migliore di quello che abbiamo trovato. In 25 anni ripasciremo i terreni impoveriti, libereremo i nostri mari e fiumi dalla spazzatura che sporca il nostro pianeta, ridurremo le emissioni di gas serra, purificheremo la nostra aria dalle sostanze inquinanti tossiche e svilupperemo fonti di energia più pulite e più sostenibili. La legge sull’ambiente creerà anche un nuovo ente ambientale, l’Office for Environmental Protection, che ci obbligherà rendere conto di questo impegno».

Ma quali sono i problemi più sottovalutati da politici e amministratori? Il rapporto ne cita tre: «I’humus va  perso da 10 a 40 volte più velocemente di quanto non venga rifornito dai processi naturali; Dalla metà del XX secolo, il 30% della terra arabile del mondo è diventata improduttiva a causa dell’erosione; Il 95% delle aree terrestri della Terra potrebbe degradarsi entro il 2050».

Gli autori ricordano anche che si tratta di problemi comuni anche in Gran Bretagna (e nel resto d’Europa), ma i politici sembrano ignorarli, come probabilmente non sanno che «Dal 1970 le dimensioni medie delle popolazioni delle specie più a rischio nel Regno Unito sono diminuite di due terzi».

Il Regno Unito, dove l’amore per la natura e gli animali sembra toccare vette impensabili in altri Paesi, viene descritto come «uno dei paesi del mondo con la natura più impoverita», ogni anno  in Gran Bretagna vengono erose circa 2,2 milioni di tonnellate di terriccio  e oltre il 17% delle terre coltivabili mostra segni di erosione. Dal 1850 ad oggi, nell’East Anglia  è andato perso l’85% delle torbiere e il resto rischia di scomparire entro 30 – 60 anni. Dati simili a quelli di molti Paesi europei.

Secondo l’Ippr e molti scienziati, «siamo entrati in una nuova era di rapidi cambiamenti ambientali» e il rapporto avverte: »Definiamo questa come l”età della disgregazione ambientale’ per evidenziare meglio la gravità del livello raggiunto, il ritmo e le implicazioni della destabilizzazione ambientale derivante dall’attività umana aggregata».

Simon Lewis, che insegna global change science all’University College di Londra, ha detto a BBC News: «LIppr ha ragione nel dire che il cambiamento ambientale sta avvenendo o sempre più velocemente e minaccia di destabilizzare la società. I problemi futuri con gli approvvigionamenti alimentari potrebbero causare picchi di prezzi che causeranno disordini civili, mentre l’aumento dei livelli di migrazione può mettere a dura prova le società. Insieme, potrebbero sovraccaricare le istituzioni politiche e le reti globali del  commercio. Questo secolo sarà caratterizzato da rapidi cambiamenti sociali e ambientali, questo è certo, ma è meno chiaro se le società possano fare scelte politiche sagge per evitare il disastro futuro».

Per Harriet Bulkeley, che insegna geografia all’Università di Durham, «Il documento Ippr è una buona interpretazione delle prove attuali», ma si è chiesta di «Quante prove concrete di minacce ambientali ci vogliano per sollecitare l’azione del governo. Sappiamo che esistono molte cose buone da fare, ma spesso si sostiene che è necessario disporre di una” politica basata sull’evidenza. Questo, naturalmente, può essere usato come scusa per il ritardo, quindi, suppongo che la domanda sia quante prove sono necessarie per agire?».