L’influenza del riscaldamento globale sugli eventi meteorologici estremi è stata frequentemente sottovalutata (VIDEO)

Un nuovo studio che dovrebbero leggere tutti gli amministratori pubblici e chi si occupa di pianificazione urbanistica e territoriale

[19 Marzo 2020]

Lo studio “Verification of extreme event attribution: Using out-of-sample observations to assess changes in probabilities of unprecedented events” appena pubblicato su Science Advances  da Noah Diffenbaugh del Department of Earth system science e del Woods institute for the environment della Stanford University, il riscaldamento globale sta intensificando il verificarsi di picchi di caldo estremo e di nubifragi senza precedenti più velocemente di quanto previsto dalle tendenze storiche.  Rob Jordan, anche lui dello Stanford Woods institute for the environment, scrive su Stanford News che il nuovo studio di Diffenbaugh «Rivela che l’approccio scientifico comune per prevedere la probabilità di eventi meteorologici estremi futuri, analizzando la frequenza con cui si sono verificati in passato, può portare a sottovalutazioni significative, con conseguenze potenzialmente significative per la vita delle persone».

Diffenbaugh ha infatti scoperto che le previsioni che si basavano solo su osservazioni storiche hanno sottovalutate di circa la metà del numero effettivo di giorni estremamente caldi in Europa e in Asia orientale e il numero di giorni estremamente piovosi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia orientale.

Lo studio, dicono alla Stanford, «Dimostra come anche piccoli aumenti del riscaldamento globale possano causare forti aumenti nella probabilità di eventi meteorologici estremi, in particolare ondate di caldo e forti piogge. I nuovi risultati che analizzano le connessioni dei cambiamenti climatici con eventi meteorologici senza precedenti potrebbero contribuire a rendere più efficace la gestione globale del rischio».

Diffenbaugh ricorda che «Anno dopo anno, stiamo vedendo come la crescente incidenza di eventi estremi sta causando impatti significativi sulle persone e sugli ecosistemi. Una delle principali sfide per diventare più resilienti a questi estremi è prevedere con precisione in che modo il riscaldamento globale che è già avvenuto ha cambiato le probabilità di eventi che esulano dalla nostra esperienza storica».

Per decenni, ingegneri, pianificatori territoriali e gestori del rischio, per calcolare la probabilità di eventi metorologici estremi hanno utilizzato osservazioni meteorologiche storiche realizzate grazie a termometri, pluviometri e satelliti. Questi calcoli, in base ai quali vengono realizzati progetti che vanno dalla realizzazione di quartieri residenziali alle costruzioni di strade e autostrade, hanno sempre fatto affidamento sul presupposto che il rischio di eventi estremi potesse essere valutato utilizzando solo le osservazioni storiche. Ma un mondo in continuo e veloce in riscaldamento ha reso molti eventi meteorologici estremi più frequenti, intensi e diffusi, un trend che, secondo il Fourth National Climate Assessment del governo statunitense, «probabilmente si intensificherà». Una constatazione che vale (dovrebbe) anche per un Paese fragile e in dissesto idreogeologico come l’Italia, dove invece rarissimamente i cambiamenti climatici e la maggiore frequenza degli eventi estremi vengono presi in considerazione dalle amministrazioni pubbliche nella pianificazione territoriale.

Jordan sottolinea che «Gli scienziati che hanno cercato di isolare l’influenza dei cambiamenti climatici causati dall’uomo sulla probabilità e/o sulla gravità dei singoli eventi meteorologici hanno dovuto affrontare due ostacoli principali: nella documentazione storica ci sono relativamente pochi di questi eventi, il che rende difficile la verifica, e il riscaldamento globale sta cambiando l’atmosfera e l’oceano in modi che potrebbero aver già influenzato le probabilità di condizioni meteorologiche estreme».

Nel nuovo studio, Diffenbaugh ha rivisitato i precedenti documenti sugli eventi estremi che lui e i suoi colleghi avevano pubblicato negli ultimi anni. Il climatologo della Stanford si chiedeva se avrebbe potuto usare la frequenza degli eventi meteorologici record dal 2006 al 2017 per valutare le previsioni fatte dal suo team, usando i dati dal 1961 al 2005. In alcuni casi ha scoperto che «L’aumento effettivo degli eventi estremi era molto più grande di quello che aveva stato previsto. Quando ho esaminato i risultati per la prima volta, ho avuto la netta sensazione che il nostro metodo per analizzare questi eventi estremi potesse essere completamente sbagliato. A quanto pare, il metodo ha funzionato molto bene per il periodo che avevamo analizzato inizialmente, solo che nell’ultimo decennio il riscaldamento globale ha avuto un effetto davvero forte».E’ interessante anche che Diffenbaugh abbia anche scoperto che «I modelli climatici sono stati in grado di prevedere in modo più accurato il verificarsi futuro di eventi record».

Pur riconoscendo che i modelli climatici contengono ancora importanti incertezze, Diffenbaugh conclude: «Lo studio identifica il potenziale di nuove tecniche che incorporano osservazioni storiche e modelli climatici per creare strumenti di gestione del rischio più accurati e solidi. La buona notizia è che questi nuovi risultati identificano un reale potenziale per aiutare i politici, gli ingegneri e altri che gestiscono i rischi a integrare gli effetti del riscaldamento globale nelle loro decisioni».

Resta sempre da vedere se lo faranno o se, come troppo spesso accade nel nostro Paese, ignoreranno anche i rischi conosciuti o li aggireranno in seguito con variati, variantine e delibere e decreti ad hoc e leggi di emergenza che creano ulteriore emergenza e rischio.

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