Lo scioglimento del ghiaccio marino artico fa emergere un virus mortale nei mammiferi marini

La perdita di ghiaccio apre rotte alla trasmissione di malattie tra leoni marini, foche e lontre marine

[11 Novembre 2019]

Lo studio “Viral emergence in marine mammals in the North Pacific may be linked to Arctic sea ice reduction”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori britannici e statunitensi, collega il declino del ghiaccio marino artico alla comparsa di un virus mortale che potrebbe minacciare i mammiferi marini nel Nord Pacifico.

Si tratta del virus del cimurro delle foche (Phocine distemper virus – PDV), un agente patogenoche nel 2002 provocò la morte di migliaia di foche comuni (Phoca vitulina) nel Nord Atlantico, nel 2004 è stato identificato nelle lontre marine settentrionali (lontre marine settentrionali (Enhydra lutris) in Alaska e gli scienziati si sono chiesti per 15 anni come il virus avesse fatto a raggiungerle nel Pacifico.

Lo studio evidenzia che «Il radicale rimodellamento del ghiaccio marino storico possa aver aperto le rotte a contatti tra foche artiche e subartiche precedentemente impossibili. Questo ha consentito l’introduzione del virus nell’Oceano Pacifico settentrionale».

Uno degli autori dello studio, Tracey Goldstein della School of Veterinary Medicine dell’università della California – Davis, spiega che «La perdita di ghiaccio marino sta portando la fauna marina a cercare e cercare nuovi habitat e a rimuovere quella barriera fisica, aprendo loro nuovi percorsi per spostarsi. Mentre gli animali si muovono e entrano in contatto con altre specie, forniscono l’opportunità di introdurre e trasmettere nuove malattie infettive, con impatti potenzialmente devastanti».

La perdita di ghiaccio marino nell’Artico è stato uno dei segnali planetari più visibili dei cambiamenti climatici negli ultimi quattro decenni. Secondo il rapporto sugli oceani e la criosfera dell’Intergovernmental panel on climate change, tra il 1979 e il 2018, il ghiaccio marino si è ritirato ogni decennio di circa il 12% e «Questi cambiamenti del ghiaccio marino a settembre probabilmente non hanno precedenti per almeno 1.000 anni. Il ghiaccio marino artico si è assottigliato, in concomitanza con una transizione al ghiaccio più giovane. Tra il 1979 e il 2018, la percentuale reale di ghiaccio pluriennale che ha almeno cinque anni è diminuito di circa il 90%».

Per capire quale sia stata l’esposizione e l’infezione da virus del cimurro delle foche dal 2001 al 2016, i ricercatori hanno campionato in varie località 2.500 mammiferi che comprendevano le foche legate al ghiaccio, il callorino dell’Alaska  (Callorhinus ursinus – otarie da pelliccia), leoni marini di Steller (Eumetopias jubatus) e lontre marine settentrionali in un’area che va dal sud-est dell’Alaska alla Russia passando dalle Isole Aleutine e dallo stretto di Bering, e ai mari dei Chukchi e di Beaufort. Hanno anche valutato le rotte del ghiaccio marino e l’apertura di acque libere nell’Oceano Artico, dal Nord Atlantico al Nord Pacifico.

Gli scienziati affermano che i primi dati sulla presenza dell’infezione risalgono all’agosto 2002, seguiti da una diffusa esposizione e infezione da PDV nei leoni marini di Steller nel Nord Pacifico nel 2003 e nel 2004, con oltre il 30% di animali risultati positivi. Grazie alla telemetria satellitare i ricercatori sono riusciti a collegare i dati relativi agli spostamenti degli animali e ai fattori di rischio, dimostrando che «Gli animali esposti hanno il potenziale per trasportare su lunghe distanze il virus del cimurro delle foche» e hanno identificato «Un’infezione diffusa e l’esposizione al virus attraverso l’Oceano Pacifico del Nord a partire dal 2003, con un secondo picco di esposizione e infezione nel 2009. Questi picchi hanno coinciso con le riduzioni dell’estensione del ghiaccio nel mare artico».

Gli autori avvertono: «Dato che i cambiamenti climatici nell’Oceano Artico aumenteranno, questa tendenza potrebbe continuare. Probabilmente, le opportunità per la diffusione di agenti patogeni aumenteranno, con esiti incerti sulla salute per molte specie«.

La principale autrice dello studio, Elizabeth VanWormer, che all’epoca della ricerca lavorava all’università della California – Davis e ora è all’università del Nebraska – Lincoln, conclude: «Mentre il ghiaccio marino continua la sua tendenza a sciogliersi, potrebbero diventare più comuni le opportunità per questo virus e altri agenti patogeni di attraversare il Nord Atlantico e del Nord Pacifico con i mammiferi marini. Questo studio evidenzia la necessità di comprendere la trasmissione del PDV e il potenziale di focolai in specie sensibili in questo ambiente in rapido cambiamento».