Ecco perché stavolta le multinazionali non si mettono di traverso al Piano per il clima di Obama

[5 Giugno 2014]

Qualche giorno prima che Gina McCarthy, l’amministratrice dell’Environmental Protection Agency (Epa), annunciasse i nuovi standard sulle emissioni di CO2 delle centrali elettriche, la Camera di Commercio degli Stati Uniti aveva pubblicato il rapporto “Assessing the Impact of Potential New Carbon Regulations in the United States” che accusava il nuovo regolamento voluto dal presidente Barack Obama di voler  aumentare i prezzi dell’elettricità, tagliare posti di lavoro e rallentare l’economia. Ma stavolta diversi importanti soci della Camera di commercio Usa non sono d’accordo con il rapporto anti-clima, e diverse grandi imprese sentite da ThinkProgress non vogliono nemmeno sentir parlare di promuovere un’azione legale e/o politica contro la politica climatica dell’Amministrazione Obama.

ThinkProgress ha contattato decine di grandi aziende che forniscono grandi contributi alla Camera di Commercio Usa o che hanno addirittura dirigenti nel suo consiglio di amministrazione e nessuno ha approvato il rapporto anti-Epa.

ClimateProgress scrive che «un portavoce di Intel ha direttamente preso le distanze dalla posizione della Camera: “Sosteniamo Piano d’azione sul clima del presidente”, ha detto a ThinkProgress in una e-mail, aggiungendo: “Siamo in grado di sostenere questo nuovo regolamento, se sarà progettato e realizzato in modo ragionevole e conveniente. Non possiamo sapere se tali condizioni saranno soddisfatte fino a quando non vedremo il regolamento finale il prossimo anno e come verrà attuato dagli Stati».

Anche se sono stati molto meno espliciti, anche gli altri rappresentanti delle grandi compagnie hanno preso le distanze dal rapporto della Camera di Commercio Usa. L’UPS, ad esempio, ha affermato che «della Camera di Commercio fanno parte molte organizzazioni, e mentre condividiamo una visione comune su alcune questioni, non condividiamo le stesse idee su tutte le questioni». Verizon ha ribadito il suo impegno per la sostenibilità e la responsabilità ambientale, e ha sottolineato: «Mentre siamo membri della Camera di Commercio degli Stati Uniti, generalmente non veniamo coinvolti in questioni politiche che non riguardano direttamente la nostra attività, come ad esempio la regolamentazione delle centrali elettriche».

Un gigante come la Coca-Cola ha detto di non aver nessuna posizione sul rapporto della Camera di Commercio, mentre 3M ha detto che lo sta ancora esaminando, mentre la Lockheed Martin ha precisato di non aver ancora valutato il rapporto, ma ha esordito così: «Siamo consapevoli che i regolamenti proposti non si applicano a noi in quanto riguardano le centrali elettriche». MGM Resorts, pur confermando il suo impegno per l’energia pulita, ha asserito dio non avere l’autorità per commentare la questione delle emissioni delle centrali elettriche. Prese di distanza diplomatiche che comunque segnalano un fastidio, mentre Prudential ha scritto esplicitamente: «La Camera non parla a nome di Prudential».

Nonostante ciò il rapporto della Camera di Commercio Usa è già stato sbandierato dal senatore repubblicano David Vitter, dal presidente del Comitato nazionale repubblicano Reice Priebus e dallo speacker repubblicano della Camera dei Rappresentanti John Boehner, come prova che «il piano del presidente causerebbe infatti  un aumento della bolletta elettrica: i costi stanno per salire di 17 miliardi dollari ogni anno» e che «Potenzialmente ci saranno in media 224.000 persone in più senza lavoro ogni anno». Affermazioni che sono state subito smascherate come false da diversi media statunitensi.

Eppure, come fa notare ThinkProgress, «la Camera di Commercio Usa, un’associazione di imprese esentasse, si definisce “l’organizzazione aziendale più grande al mondo che rappresenta gli interessi di oltre 3 milioni di aziende”». Ma il problema è che, secondo un’indagine dell’indipendente Center for Public Integrity. in questi ultimi anni, molti dei  più grandi donatori della Camera di Commercio sono state le Big Oil ed i King Carbon, comprese multinazionali come la Chevron, che ha contribuito con almeno un milione di dollari, l’American Power Electric Company (almeno 525.000 dollari), Dominion Resources, (almeno 137.500 $), e Excel Energy (almeno 27.500$).

Sam Jewler, responsabile comunicazione del programma U.S. ChamberWatch di Public Citizen,  ha detto che sulle normative sui gas serra e l’energia rinnovabile alcune delle grandi utilities dei combustibili fossili hanno addirittura posizioni più aperte di quelle della Camera di Commercio: «Ci sono un certo numero di aziende che fanno parte della Camera che invece fanno lobby per adattarsi urgentemente al cambiamento climatico e al fatto che potremmo avere una crescita economica nei settori dell’energia pulita. D’altra parte, ci sono anche utilities che sono i principali players dell’energia americana (e fanno parte della Camera) che pensano che queste norme sono giuste e sufficientemente flessibili per permettere  loro di lavorare. E’ un altro caso che dimostra che la  Camera non fa ciò che è meglio per l’economia e il popolo americano, e non rappresenta l’intero ventaglio delle imprese nell’economia».

Già nel 2009 e nel 2010,  giganti come Johnson & Johnson, Microsoft e Best Buy avevano preso le distanze dalla Camera di Commercio per la sua opposizione all’azione contro il cambiamento climatico. Molte altre multinazionali, come Apple, Pacific Gas & Electric e Yahoo hanno lasciato l’associazione di categoria a causa delle sue politiche ambientali, come ha fatto Exelon, la più grande utility statunitense. Un altro gigante economico come la Nike, dopo essere uscita dalla Camera di Commercio, si è unita ad altre 100 imprese che sostengono le nuove norme contro le emissioni di CO2 dell’Epa.

La nuova uscita della Camera di Commercio contro la politica climatica di Obama sta mettendo ulteriormente in imbarazzo molte di queste grandi aziende, che si sono rifiutate di commentare il rapporto, mentre l’ufficio stampa della Camera di Commercio Usa finora non risponde alle domande dei media su questo scontro interno che rischia di ridurla a rappresentante delle sole Big Oil e dei King Carbon, e forse nemmeno di tutti.