Senza mitigazione e adattamento, 5.600 Km2 di aree costiere italiane sommerse dal mare (VIDEO)

L’allarme lanciato dal Convegno Enea-Confcommercio su economia del mare e innalzamento del Mediterraneo

[15 Febbraio 2019]

Al convegno “Pericolo Mediterraneo per l’economia del mare” ,organizzato da Confcommercio  in collaborazione con l’Enea, si è parlato di innalzamento del livello del mar Mediterraneo, dell’impatto che questo avrà sulle attività turistico-balneari e marittimo-portuali e della necessità di «interventi tempestivi per la salvaguardia dei territori costieri e della blue economy».

Il meeting è stata l’occasione per firmare un Protocollo d’intesa sullo sviluppo sostenibile che prevede un’ampia collaborazione in  settori, come l’uso efficiente delle risorse, il recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e la riqualificazione energetica.

La collaborazione tra Enea e Confcommercio prevede anche lo studio del rischio inondazione sui 21 principali porti commerciali italiani, oltre all’impatto sulle attività turistico-balneari. Dallo studio emerge che «il livello del mar Mediterraneo si sta innalzando velocemente a causa del riscaldamento globale. Entro il 2100 migliaia di chilometri quadrati, oltre 5.600 km quadrati e più di 385 km di costa, di aree costiere italiane rischiano di essere sommerse dal mare, in assenza di interventi di mitigazione e adattamento».

L’Enea sottolinea che, prendendo in considerazione un modello cautelativo, «Entro la fine del secolo l’innalzamento del mare lungo le coste italiane è stimato tra 0,94 e 1,035 metri»; con una previsione prudenziale si arriva a un aumento del livello del mare «tra 1,31 metri e 1,45 metri». Un innalzamento che metterebbe in crisi intere aree costiere e le loro attività turistiche, portuali e legate al mare,

Enea continua la mappatura dettagliata delle 40 zone costiere a rischio inondazione in Italia, dove sono presenti attività turistico-balneari, ferrovie, strade e autostrade, riserve naturali e città ad alta densità abitativa. Di queste 40, ha realizzato mappe ad alta definizione di 14 aree, con un’estensione totale di 5.686,4  km2, pari a una regione come la Liguria. Infatti, come spiega Confcommercio,  dalla mappa diffusa dall’Enea viene confermato che a forte rischio innalzamento del mare «Sono una vasta area nord adriatica tra Trieste, Venezia e Ravenna; la foce del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo; l’area di Lesina (Foggia) e di Taranto in Puglia; La Spezia in  Liguria, tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull’Isola d’Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana. Andando al Centro-Sud, ad essere minacciate sono la piana Pontina, di  Fondi e la foce del Tevere nel Lazio; la piana del Volturno e del Sele in Campania; l’area di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai (Muravera) e di Nodigheddu, Pilo, Platamona e Valledoria (Sassari), di Porto Pollo e di Lido del Sole (Olbia) in Sardegna; Metaponto in  Basilicata; Granelli (Siracusa), Noto (Siracusa), Pantano Logarini  (Ragusa) e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia; Gioia Tauro  (Reggio Calabria) e Santa Eufemia (Catanzaro) in Calabria».

Fabrizio Antonioli, geomorfologo del laboratorio Enea di modellistica climatica e impatti, spiega che «Al 2100 il livello del mare nei principali porti italiani dovrebbe aumentare di circa 1 metro, con picchi a Venezia (+ 1,06 metri) e a Napoli (+1,04 m). Ma, secondo le nostre stime, l’effetto è destinato ad amplificarsi a causa dello storm surge, un mix di bassa pressione, onde e vento, variabile da zona a zona, che può determinare un ulteriore aumento del livello del mare di circa 1 metro. Gli studi sul cambiamento climatico abbinati a un nuovo modello climatico elaborato dall’Enea permetteranno di ottenere per ogni singolo porto mappe del rischio dettagliate e a breve termine, in modo da individuare gli interventi da mettere in campo per preservare l’infrastruttura stessa e le attività commerciali e turistiche connesse».

I porti italiani fanno parte di un sistema economico molto esteso, la cosiddetta blue economy, che, tra pesca, cantieristica, trasporti marittimi e turismo, conta circa 880.000  occupati in 200.000 imprese (il 3,2% del totale). Inoltre, se si considera che ogni euro generato direttamente dal comparto ne attiva circa altri due sull’economia nazionale, si arriva a un valore aggiunto prodotto dall’intera filiera pari a 130 miliardi di euro all’anno, circa il 10% del Pil italiano.

Luigi Merlo, presidente Federlogistica-Conftrasporto, conclude: «Lo studio presentato da Ene, il primo a evidenziare gli effetti su città costiere e porti italiani dell’innalzamento del mare dovuto al cambiamento climatico, ci consente di poter intervenire in modo mirato nella progettazione delle strutture dei 21 principali porti del nostro Paese, dove transitano ogni anno 12 milioni di crocieristi e 11 milioni di container».

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