Somalia, il diluvio dopo la siccità. Colpite 300.000 persone: è emergenza umanitaria e sanitaria

Situazione drammatica in tutta l’Africa orientale. Colpiti anche Sud Sudan, Etiopia, Kenya e Uganda

[6 Novembre 2019]

Piogge torrenziali e inondazioni hanno provocato lo sfollamento di oltre 300.000 persone nella Somalia e nel Somaliland. Secondo l’United Nations high commissioner for refugees (Unhcr), «L’impatto delle inondazioni è stato devastante per le comunità locali somale, con più di 270.000 persone sfollate durante le ultime due settimane». Il portavoce dell’Unhcr , Andrej Mahecic, ha detto che «La maggioranza tra loro, cioè circa 230.000 persone, hanno trovato rifugio nella città di Belet Weyne e hanno urgente bisogno di aiuto umanitario». Inoltre, in un rapporto le organizzazioni partner dell’Unhcr lanciano l’allarme sulla situazione nel villaggi intorno a Belet Weyne, nello Stato somalo di Hiirshabelle, completamente sommersi e con centinaia di persone ancora prigioniere nelle loro case.

Mahecic ha ricordato che «La Somalia ha fatto dei progressi nella gestione del conflitto armato e della siccità, ma resta fragile, con circa 2,6 milioni di profughi interni. Queste intemperie mettono in luce la vulnerabilità crescente della Somalia agli effetti del cambiamento climatico».

Come prima risposta a questa nuova tragedia, ieri a Belet Weyne è atterrato un aereo cargo Fokker 50 con a bordo 6 tonnellate di generi di primo soccorso, il primo di una serie di voli organizzati dall’Unhcr per aiutare 20.000 tra le persone vittime delle peggiori inondazioni da anni in Somalia. 190 voli che dovrebbero portare 60 tonnellate di kit di aiuti umanitari come sapone, coperte, pentole e bacinelle di plastica a gente che ha perso tutte le povere che aveva. Aiuti arriveranno anche all’altro Stato somalo del South West, ugualmente colpito da gravi inondazioni. Tutto dipende però dalla disponibilità di piste di atterraggio, visto che acqua e fango hanno inghiottito una vasta regione. E pensare che a luglio le organizzazioni umanitarie avevano avviato un piano di aiuti per aiutare le popolazioni colpite dalla siccità estrema causata da piogge stagionali molto inferiori alla media

Per questa nuova emergenza, l’Unhcr e i suoi partner hanno mobilitato 2,58 milioni di dollari per un piano di aiuti immediato, ma sono necessari 11,86 milioni di dollari per rispondere ai crescenti bisogni umanitari nella ex colonia italiana trasformatosi a causa della guerra civile e settaria in un Paese fantasma e in staterelli autoproclamatisi indipendenti come il Somaliland (l’ex Somalia britannica) e il Puntland.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ricordato che «Numerosi distretti colpiti dalle inondazioni sono dei punti nevralgici del colera, dove la gente ha già un accesso limitato ai servizi sanitari, dove numerose strade sono ormai impraticabili». Il portavoce dell’Oms Tarik Jasarevic ha messo in guardia su una possibile prossima tragedia: «In queste zone dove la malaria e la diarrea sono in recrudescenza, la situazione è critica per molti». L’Oms ha già dispiegato 20 team di intervento di emergenza, 10 team di intervento rapido e ha distribuiti o 483 colli di forniture mediche che comprendono moduli per il colera e kit per i traumatismi. Più di 2.200 persone sono state già curate per polmonite, diarrea e altre malattie.

Ma le forti piogge che hanno colpito il Corno d’Africa non hanno causato danni solo in Somalia: almeno 2,5 milioni di persone sono state colpite in tutta l’africa dell’Est, in particolare nel Sud Sudan, in Etiopia, in Kenya, in Uganda e nel resto della Somalia. Secondo l’Unhcr, «Anche questo ha spinto delle persone a fuggire dai loro domicili e ha provocato la perdita di beni, raccolti e bestiame».

In queste condizioni di ulteriori sofferenza in Paesi che spesso hanno a che fare con conflitti interni e che ospitano centinaia di migliaia di profughi – interni e stranieri – l’Oms ha rafforzato le attività di sorveglianza nella regione e avverte che «Inoltre, le popolazioni colpite dalle inondazioni si confrontano con pericoli legati alle malattie di origine idrica, a malattie dovute al sovraffollamento nei rifugi temporanei e a un rischio accresciuto di malattie o di morte, perché i servizi sanitari diventano inaccessibili». Jasarevic ha detto che «In collaborazione con i governi, l’Onu e altri partner, l’Oms si sforza di ridurre il rischio di comparsa di malattie come il colera, il tifo e altre malattie infettive».

Ma in un Paese come il Sud Sudan, sfiancato da una sanguinosa guerra civile/tribale petrolifera, quel che è necessario per uscire dalla crisi umanitaria e sanitaria è l’accesso immediato a presidi sanitari, servizi per la nutrizione, scuole e mercati che sono stati gravemente colpiti dalle piogge torrenziali e dalle inondazioni devastanti.

E nell’Africa orientale colpita negli ultimi anni da un succedersi di siccità estese e persistenti, l’Unhcr dice che c’è da aspettarsi che precipitazioni molto più abbondanti del solito proseguano sia a novembre che a dicembre, con il rischio di inondazioni ancora più forti.