Upwelling: il collegamento cruciale tra clima, risalita delle acque profonde ed ecosistemi marini

Uno studio italiano su un fenomeno di fondamentale importanza per la rete alimentare marina, l’ambiente, la biodiversità, la pesca e per molte delle attività che si svolgono in mare

[15 Aprile 2020]

Alla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Fondazione CMCC) ricordano che «L’upwelling, o risalita di acque profonde, è un processo in cui le acque fredde e profonde risalgono verso la superficie dell’oceano. Tipicamente queste acque sono più fredde e ricche di nutrienti delle acque superficiali. È questo il motivo per cui gli ecosistemi costieri di upwelling sono fra i più produttivi al mondo e sostengono molte delle più importanti industrie ittiche del mondo».

Tra i principali Eastern Boundary Upwelling Systems (EBUS), situati nelle zone orientali dei continenti, ci sono le correnti di Benguela, California, Humboldt e Canarie che sono anche tra gli ecosistemi marini più produttivi, visto che si estendono su circa solo l’1% dell’oceano globale ma forniscono fino al 20% del pescato mondiale.

Alla Fondazione CMCC spiegano cosa innesca un fenomeno di upwelling come quello presente anche nel Santuario internazionale dei Mammiferi Marini Pelagos tra Francia e Coste Toscano-Liguri: «I venti di superficie che soffiano lungo la costa possono generare una corrente che viene deviata in direzione ortogonale alla costa e verso il largo; questo fenomeno tende quindi a far risalire acqua dal fondo verso la superficie (la cosiddetta zona eufotica), acqua che risulta più fredda di quella presente in prossimità della superficie e ricca di nutrienti. Nutrienti che, in presenza della luce solare, portano a incredibili fioriture di fitoplancton, alla base della catena alimentare nella maggior parte degli ecosistemi acquatici».

La comprensione dei driver e il monitoraggio dei cambiamenti degli EBUS stanno diventando sempre più importanti e se ne sono occupati molti studi che hanno documentato trend e variazioni alla scala decennale nella struttura degli ecosistemi di upwelling. Alla Fondazione CMCC fanno notare che «Il riscaldamento costiero aumenta la stratificazione delle masse d’acqua e potrebbe limitare l’efficacia del fenomeno di risalita in grado di portare in superficie le acque profonde ricche di nutrienti. L’aumento o la riduzione dei venti favorevoli all’upwelling potrebbe inoltre mitigare o amplificare l’effetto del riscaldamento costiero. Eventuali anomalie di salinità, temperatura o velocità delle correnti, in grado di propagarsi lungo la costa, potrebbero infine influenzare la stratificazione della colonna d’acqua, modulando le condizioni biogeochimiche costiere e portando a spostamenti verticali del termoclino, alla base di anomalie al di sotto della superficie marina (per esempio, della salinità), con importanti conseguenze sulla produttività degli EBUS».

Inoltre non va dimenticata l’influenza esercitata dai principali processi oceano-atmosfera su larga scala (modi climatici): El Niño-Oscillazione Meridionale (ENSO), l’Oscillazione Decadale del Pacifico (PDO), la North Pacific Gyre Oscillation (NPGO), l’Oscillazione del Nord Atlantico (NAO), l’Oscillazione Atlantica Multidecadale (AMO), sembrano tutte avere un ruolo nel controllo della variabilità dell’upwelling.

Lo studio “Interannual to decadal variability within and across the major Eastern Boundary Upwelling Systems”, pubblicato su  Nature Scientific Reports da Giulia Bonino, Simona Masina  e Doroteaciro Iovino  del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e da Emanuele Di Lorenzo del Program in Ocean Science & Engineering, Georgia Institute of Technology si occupa di tutto questo e ha l’obiettivo di «modellizzare, comprendere e studiare la variabilità alle scale interannuale e decennale dei principali sistemi di upwelling situati nelle zone orientali dei continenti, e di esplorare come questa variabilità sia legata ai fenomeni climatici su larga scala».

Lo studio, si concentra sulla quantificazione delle dinamiche e dei forzanti (venti lungo la costa, stress del vento, profondità del termoclino) che controllano le modulazioni a bassa frequenza (interannuali e decadali) in ciascun EBUS, per determinare come i forzanti siano legati alle dinamiche climatiche a larga scala, e comprendere quindi fino a che punto tali dinamiche influenzino gli EBUS.

I ricercatori spiegano c di aver «rappresentato le dinamiche oceaniche delle aree di upwelling con una simulazione che utilizza il modello di circolazione oceanica globale NEMO (dal 1958 al 2015). Per quantificare l’upwelling inoltre, sono stati introdotti nella simulazione dei traccianti passivi, continuamente rilasciati in ogni EBUS sotto la superficie marina (150-250 m), in un’area che si estende dalla costa a 50 km al largo. L’analisi statistica della concentrazione dei traccianti passivi in superficie, che rappresenta la risalita delle masse d’acqua costiere, ha permesso di studiare i driver della variabilità e dei trend dell’upwelling».

La Bonino, principale autrice dello studio, sottolinea che «I risultati hanno messo in luce l’unicità di ciascun EBUS in termini di driver e di variabilità climatica. I venti che soffiano lungo la costa, la stratificazione delle masse d’acqua, la profondità del termoclino, spiegano quasi interamente la variabilità dell’upwelling a scala interannuale, con un contributo relativo che varia da una regione all’altra. Pertanto, al fine di prevedere e proporre ipotesi sulle variazioni a lungo termine dell’upwelling, sarà essenziale identificare un adeguato indice di upwelling sulla base dei principali driver di ciascun dominio. In particolare, le variazioni dei venti costieri e la stratificazione delle masse d’acqua dovranno essere considerate, a seconda dei casi, come driver potenzialmente in competizione o complementari di variabilità dell’upwelling, in presenza di cambiamento climatico».

La seconda importante problematica affrontata nello studio riguarda l’influenza della variabilità climatica su larga scala sull’upwelling nel lungo termine, e l’entità con cui questa è coerente tra i vari EBUS e la Bonino conclude: «La variabilità associata ai modi climatici potrebbe rivelarsi cruciale per predire future alterazioni alle scale interannuale e decennale. I nostri risultati mostrano segnali di riscaldamento globale, caratterizzati da forti venti di upwelling, nella regione del Benguela. In una prospettiva climatica più ampia, gli EBUS non mostrano la stessa variabilità, fatta eccezione per la ben nota influenza di ENSO nei due sistemi del Pacifico. Pertanto, i sistemi di upwelling dell’Atlantico e del Pacifico risultano essere due sistemi indipendenti. Estendere l’analisi attuale a un orizzonte temporale più ampio (con modelli accoppiati e con lo stesso approccio dei traccianti passivi descritto) aiuterà a chiarire ulteriormente questi temi, permettendoci di confrontare i diversi risultati e confermare eventuali teleconnessioni inaspettate tra i sistemi di upwelling dei diversi emisferi».