Il concetto di debito ecologico e la giustizia ambientale nel mondo globalizzato

[19 Gennaio 2015]

Ecological debt. History, meaning and relevance for environmental justice” è l’ultimo rapporto di Environmental Justice Organizations (Ejolt) e si occupa – soprattutto dal punto di vista della giustizia sociale ambientale – del valore del concetto di debito ecologico, parte essenziale dei due studi sull’accelerazione dell’Antropocene e sul superamento dei limiti planetari pubblicati la scorsa settimana da International Geosphere-Biosphere Programme e Stockholm Resilience Center che stanno facendo discutere la comunità scientifica e sollevando ulteriori preoccupazioni tra gli ambientalisti.

Il rapporto Ejolt è accompagnato da un articolo pubblicato su Global Environmental Change (Reversing the arrow of arrears: The concept of “ecological debt” and its value for environmental justice) nel quale  Rikard Warlenius, Gregory Pierce e Vasna Ramasar, tre ricercatori dell’università svedese di Lund, spiegano che «il concetto di debito ecologico è emerso nei primi anni ‘90 dall’interno dei movimenti sociali guidati dalla crescente consapevolezza ambientale, dall’emergente coscienza della  responsabilità dell’occidente per le sottomissioni coloniali del passato e da un senso generale di disagio durante la crisi del debito».

Il concetto di ecological debt si è poi sviluppato organicamente, soprattutto a livello di contesti civili locali, per poi guadagnare l’attenzione nel mondo accademico ed arrivare fino ai tavoli dei negoziati internazionali su ambiente, biodiversità e clima.

Secondo Acción Ecológica, una delle Ong che ha partecipato alla realizzazione del rapporto Ejolt, «Il debito ecologico è la responsablità che hanno i Paesi industrializzati per la progressiva distruzione del pianeta come effetto delle loro forme di produzione e consumo, caratteristiche del modello di sviluppo, rafforzatesi con la globalizzazione e che minacciano la sovranità dei popoli. Il debito ecologico e l’obbligo e la responsabilità che hanno i Paesi industrializzati del Nord verso i Paesi del Terzo Mondo, per il saccheggio e l’usufrutto dei oro beni naturali, come il petrolio, i minerali, i boschi la biodiversità, le conoscenze,  i beni marini e per l’utilizzo illegittimo dell’atmosfera e degli oceani. Per un interscambio ecologicamente ineguale, poi questi beni vengono esportati senza tener conto dei danni sociali ed ambientali e dell’energia umana dei loro popoli. Inoltre, per produrre armi chimiche e nucleari, sostanze e residui tossici vengono depositati nei Paesi dei Terzo Mondo. Il debito ecologico ha cominciato a prodursi all’epoca coloniale ed ha continuato ad incrementarsi fino ai nostri giorni».

Per i ricercatori svedesi, «Ora, il concetto di debito ecologico richiede ulteriori delucidazioni ed elaborazioni, in particolare alla luce della sua interconnessione storica con la giustizia ambientale». Per questo hanno sviluppato e descritto il concetto di debito ecologico sia tra gli attivisti ambientali che nel mondo accademico, proponendo su Global Environmental Change la costruzione di blocchi teorici costruzione per la sua operatività  ed tre casi che illustrano la recente attuazione del debito ecologico: The activist Ecological Debt argument; Academic conceptualisations of Ecological Debt; Theoretical building blocks for ecological debt.

Acción Ecológica  ricorda che «Questa distruzione sociale ed ambientale, locale e globale, arricchisce piccoli e potenti gruppi economici ed alimenta un modello di sviluppo basato sullo spreco ed il consumo esacerbato. Secondo dati Onu, il 20% della popolazione, la maggioranza nei Paesi del Nord, consuma l’80% dei beni naturali del pianeta. In effetti, il livello di vita che ostentano i Paesi industrializzati del Nord è dovuto all’immenso flusso di beni naturali, risorse finanziaria e lavoro a al pagato dei Paesi del Terzo Mondo,  senza tener conto dei danni sociali ed ambientali che produce l’estrazione di questi beni. Questo modello industrializzato è sostenuto dai Paesi impoveriti del Sud».

Warlenius, Pierce e Ramasar  sottolineano che «Il debito ecologico è costruito su una base teorica che attinge a sistemi di  contabilità biofisici, all’economia ecologica, alla giustizia ambientale ed ai diritti umani, alle ingiustizie storiche ed alla restituzione ed ad un quadro di analisi ecologicamente orientato del sistema-mondo. Sulla base di questi blocchi, il concetto di debito ecologico è stato utilizzato come una misura biofisica, uno strumento giuridico ed un principio distributivo. In teoria e in pratica, ha molto da offrire al movimento per la giustizia ambientale». I tre ricercatori concludono con una riflessione sui  pro e contro del concetto di debito ecologico come uno strumento da utilizzare per raggiungere degli obiettivi dei movimenti per la giustizia ambientale nell’odierno mondo globalizzato.

 

Per leggere l’intero rapporto Ejolt (in inglese):

http://www.ejolt.org/wordpress/wp-content/uploads/2015/01/150112_Ecological-debt-final.pdf