Sorpresa: prima la Russia, Italia quinta. Un terzo resta in Europa e il resto va in 50 Paesi in via di sviluppo

Aiutiamoli a casa loro? Le rimesse dei migranti fanno sopravvivere milioni di persone

Ifad: «Più di 109 miliardi. Migliorare il mercato potrebbe massimizzarne i benefici»

[16 Giugno 2015]

Secondo il rapporto “Sending Money Home: European flows and markets” dell’ International Fund for Agricultural Development (Ifad), nel 2014 i lavoratori immigrati che vivono in Europa hanno spedito a casa 109,4 miliardi di dollari di rimesse, «assicurando la sopravvivenza di oltre 150 milioni di persone in tutto il mondo». Si potrebbe dire che i migranti attuano davvero il vuoto slogan “Aiutiamoli a casa loro” con il quale si riempiono la bocca gli xenofobi di casa nostra e che le rimesse dei migranti servono a creare economia e assistenza che impediscono che altri disperati prendano la via per la Libia e il Mediterraneo.

Il rapporto “Mandare soldi a casa: flussi e mercati europei” viene presentato al quinto Forum mondiale sulle rimesse che inizia oggi – Giornata internazionale delle rimesse familiari – a Milano e che fino al 19 giugno vedrà riuniti Capi di Stato, leader politici ed economici e rappresentanti della società civile per tracciare le linee guida di una strategia per sfruttare appieno il potenziale delle rimesse.

L’Ifad sottolinea che questa cifra rappresenta un quarto del flusso mondiale delle rimesse, ma una delle scoperte chiave di questo rapporto è che «I benefici per le famiglie rimaste in patria potrebbero essere molto maggiori se queste ultime potessero avere accesso a mercati del trasferimento del denaro più competitivi e a servizi finanziari mirati che le aiutassero a risparmiare e/o investire i loro fondi». Appunto: “Aiutiamoli a casa loro” e cerchiamo di farlo bene e senza il paternalismo neocolonialista di stile fascio/leghista che trabocca anche nei programmi che ostentano falsa pietà.

Presentando le novità emerse dal rapporto, il presidente dell’Ifad, Kanayo F. Nwanze, ha detto: «Dobbiamo assicurarci che questo denaro guadagnato con fatica possa essere spedito in patria a costi contenuti e, cosa ancora più importante, che aiuti le famiglie a costruirsi un futuro migliore, soprattutto nelle comunità rurali più povere, dove ha maggior peso».

Il rapporto evidenzia che «Tra i paesi da cui provengono i flussi di denaro, l’Europa occidentale e la Federazione russa sono state le fonti maggiori di rimesse. I 6 Paesi da cui ne sono state spedite di più nel 2014 sono: Federazione russa (20,6 miliardi di dollari), Regno Unito (17,1 miliardi di dollari), Germania (14 miliardi di dollari), Francia (10,5 miliardi di dollari), Italia (10,4 miliardi di dollari) e Spagna (9,6 miliardi di dollari). Complessivamente, arrivano al 75% circa di tutti i flussi di rimesse provenienti dall’Europa».

Nonostante queste cifre, per i Paesi dove lavorano i migranti le rimesse non rappresentano un flusso significativo di ricchezza in uscita. Secondo il rapporto, «Le rimesse ammontano a meno dello 0,7% del PIL di ogni singolo Paese». Per quanto riguarda i Paesi che ricevono il denaro, «Nel 2014 circa un terzo dei 36,5 miliardi di dollari di rimesse europee è andato a 19 Paesi dei Balcani, degli Stati Baltici e dell’Europa orientale, tra cui 10 Paesi membri dell’Unione Europea. I restanti due terzi, corrispondenti a 72,9 miliardi di dollari, sono andati a oltre 50 Paesi in via di sviluppo extraeuropei».

L’Ifad evidenzia che «Dei 19 Paesi europei che ricevono rimesse, le cui economie sono prevalentemente agricole, sono quelli che fanno maggior affidamento sulle rimesse che arrivano loro dall’Europa e che rappresentano il 22% del PIL in Moldavia e il 17% in Kosovo. Al di fuori dell’Europa, l’Africa settentrionale e l’Asia centrale sono state le regioni che hanno fatto più affidamento sulle rimesse europee, ricevute in gran parte rispettivamente dalla Francia e dalla Russia».

Mentre in Europa arriva un numero senza precedenti di rifugiati in fuga da conflitti, il rapporto fa notare che «L’Europa è stata una fonte considerevole di rimesse per Stati fragili come l’Iraq, il Mali, la Somalia, il Sudan, la Siria e lo Yemen» e che «Si potrebbe fare di più per amplificare l’impatto delle rimesse, contribuendo a stabilizzare e a ricostruire i paesi».

Ma dove vanno a finire le rimesse dei migranti? La maggior parte vengono utilizzate per acquisire beni primari come cibo, vestiti, riparo, medicine e istruzione, ma alcuni studi indicano che «fino al 20% di queste risorse potrebbe essere disponibile per risparmi e investimenti o per ripagare prestiti contratti da piccole imprese». Visto che il 40% elle rimesse arrivano nelle aree rurali, il rapporto suggerisce che «Svolgono un ruolo essenziale nella trasformazione di comunità vulnerabili. Effettivamente, si calcola che le rimesse corrispondano almeno al triplo degli aiuti pubblici allo sviluppo destinati ai Paesi in via di sviluppo».

Per Nwanze, «L’immenso potenziale delle rimesse ai fini dello sviluppo è ancora in gran parte inutilizzato, ma abbiamo la possibilità di far sì che ogni euro, rublo, sterlina, corona o franco svizzero, guadagnato con grande fatica e spedito a casa, possa valere ancora di più». L’Ifad stima che «Complessivamente potrebbero essere resi disponibili 80 miliardi di dollari da investire, se i lavoratori immigrati e le famiglie che ricevono le rimesse nelle aree rurali avessero maggiori possibilità riguardo all’uso dei loro fondi. Di quella cifra, circa 34 miliardi di dollari sarebbero disponibili nelle aree rurali». Sending Money Home raccomanda di migliorare l’accesso a servizi finanziari di base come risparmio e credito, ma anche di fornire alle famiglie servizi non finanziari basati sulle loro necessità, come ad esempio assistenza tecnica per avviare piccole imprese o programmi di istruzione in materia finanziaria.

Pedro De Vasconcelos, co-autore del rapporto e coordinatore dello Strumento finanziario per le rimesse dell’Ifad, conclude:«Le rimesse rappresentano un’opportunità unica di far emergere milioni nel settore finanziario formale”, “Data l’interazione frequente tra chi spedisce le rimesse, chi le riceve e il sistema finanziario, le rimesse potrebbero alimentare una relazione di lungo termine capace di cambiare le loro condizioni di vita. Benché negli ultimi anni siano stati fatti progressi significativi verso un abbassamento dei costi di trasferimento delle rimesse, si potrebbe fare di più se aumentasse la concorrenza. Se si riducessero i costi di trasferimento al 5%, come indicato dall’obiettivo del G20 stabilito nel 2009, si potrebbero far risparmiare altri 2,5 miliardi di dollari ai lavoratori migranti e alle loro famiglie in patria».