Falso Made in Tuscany: “persi” 30.000 posti di lavoro, dal 2007 chiuse 6.000 fattorie

Il Tuscan Sounding vale 6 miliardi. Processo ai nuovi mostri a tavola: ergastolo

[21 Ottobre 2015]

Oggi all’ex Tribunale di Firenze, nell’ambito dell’esposizione “I nuovi mostri a tavola” che resterà aperta fino al 31 ottobre, è andato in scena un processo ai prodotti taroccati e Coldiretti  ha  presentato un dossier dal quale emerge che «Dall’inizio della crisi ad oggi sono state chiuse 2 aziende al giorno tra fattorie e stalle, 60 al mese, 700 ogni anno per effetto anche della contraffazione, delle sofisticazioni e del falso Made in Tuscany che provoca danni devastanti all’economia regionale impedendo la creazione di nuovi posti di lavoro e mina l’immagine internazionale della regione simbolo del Balpaese». La sentenza del tribunale è sta senza appello: ergastolo per i prodotti Made in Tuscany tarocchi

L’evento fa parte dei progetti Work’n Florence patrocinati da Expo2015 e coordinati da PromoFirenze ed è organizzato da Coldiretti in collaborazione con i Nas di Firenze e l’Osservatorio anti-contraffazione della Camera di Commercio di Firenze. In gabbia ben 32 “tarocchi” clamorosi scoperti ed “arrestati” da Coldiretti nel mondo.

Secondo la principale organizzazione agricola «Il mercato parallelo del falso Made in Tuscany, quindi del cibo spacciato per toscano con etichette ingannevoli venduto negli scaffali non solo italiani, il Tuscan Sounding , costa 6 miliardi di euro all’anno e non consente la creazione di 30mila nuovi posti di lavoro che fornirebbero una risposta occupazionale importante in una regione dove le persone senza un impiego hanno toccato livelli record».

Roberto Nocentini, presidente Coldiretti Firenze. Ha sottolineato che «Sulle nostre tavole le percentuali di trovare dei nuovi mostri a nostra insaputa sono aumentate in maniera esponenziale. Il falso Made in Italy riguarda due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato nel nostro paese all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere. La Toscana, per questo genere di business, è uno degli hot spot più importanti poiché rappresenta, nell’immaginario collettivo mondiale, il territorio delle eccellenze, delle tradizioni, dei paesaggi, della biodiversità, della qualità e del buon cibo. La Toscana è la regione con il più alto numero di produzioni a denominazioni, 248 di cui 154 dop, 92 Igp e 2 Specialità Alimentari Tradizionali ed è leader nella speciale classifica delle bandiere del gusto con 461 prodotti: ragioni per cui è presente anche la più alta concentrazione di trasformatori, 1.187, 837 nel settore dell’olio e 205 in quello della carne a livello nazionale».

Coldiretti evidenzia lo sconcertante caso dell’olio: «Ad ogni litro d’olio prodotto  nella nostra regione corrispondono 10 litri di olio imbottigliato che finisce sul mercato». Ma c’è anche il latte: «Le importazioni superano di 360% la produzione interna contribuendo a far sparire, dal 2003 ad oggi, oltre 600 i piccoli allevamenti specializzati nella produzione di latte, 2mila vacche all’anno, 5 ogni giorno».

Secondo Nocentini, «La nostra regione è danneggiata sia dall’interno del paese che dall’esterno. All’estero utilizzano nomi che evocano e richiamano la toscanità e l’italianità per confondere il consumatore. A livello interno invece la Toscana, e più in generale il nostro paese, è utilizzata come centro di trasformazione per assicurare al prodotto finale un legame territoriale quando in realtà ingredienti e i semi lavorati provengono dall’esterno senza nessun tipo di garanzia su tracciabilità. Entra latte da ogni dove ma esce pecorino toscano. Dall’obbligatorietà dall’indicazione in etichetta dell’origine delle materie prime passa un pezzo del futuro della nostra battaglia a tutela del consumatore e delle imprese».

Coldiretti precisa che «In realtà, a differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia da dove arriva il Parmesan con il marchio Perfect italiano, ma molto diffuse sono le imitazioni dei prodotti tipici e i piatti della cucina italiana completamente inventati come la “Pasta con mais, erbe e Parmesan” indicata sul sito ufficiale di Masterchef Australia. La situazione è ancora molto più grave negli Stati Uniti dove il 99% dei formaggi di tipo italiano è realizzato in California, Wisconsin e nello Stato di New York, nonostante i nomi richiamino esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese». La Toscana non è immune da questo fenomeno: «Gli esempi sono tantissimi – dicono a Coldiretti – è il caso del Chianti prodotto in California e del celebre kit per farsi in casa o in garage, il nostro Doc, o della Finocchiona “Columbus” Made in Usa, del salame declinato in tante e diverse ingannevoli etichette come il “Firenza Salami” prodotto in Germania fino al latte americano “Fat Free Milk” che però si chiama “Tuscan”».

Ma ci si mette anche Internet: «Sui principali siti di E.commerce globali, i prodotti tarocchi sono ricercatissimi con una tendenza sempre più in crescita – dicono gli agricoltori italiani  si va dal “Tuscan Cheddar” prodotto nel Queensland, Australia, al pecorino “Tania – Toscano Sheep’s Milk Cheese” venduto su Amazon e prodotto in Ontario, Canada, fino addirittura alle patatine “Tuscany Three Cheese” e tanti altri».

Marcelli conclude con una sollecitazione alla politica: «La tutela del patrimonio agroalimentare all’estero è una area prioritaria di intervento per le Istituzioni a tutela dell’identità nazionale, ma anche per recuperare risorse economiche utili al Paese e per tornare a crescere».