Sacchetti illegali al supermarket dei controlli mancati

Il 54% degli shopper analizzati da Legambiente nella Grande distribuzione è illegale

[15 Gennaio 2015]

Più della metà (il 54%) dei sacchetti per la spesa che Legambiente ha prelevato nel suo monitoraggio rivolto al mondo della grande distribuzione  «sono sono risultati non conformi alla legge che ha messo al bando gli shopper non compostabili», quelli tradizionali in plastica. È questo il risultato contenuto diffuso oggi nell’indagine Sacchetti illegali, effettuata tra la fine di novembre 2014 e le vacanze natalizie, e durante la quale il Cigno verde – grazie al lavoro dei suoi circoli locali e comitati regionali – ha prelevato 37 sacchetti per la spesa da altrettanti punti Gdo. Un numero statisticamente forse poco rilevante, ma che ha portato comunque a dati interessanti, e alla conferma di come in Italia alla necessità di verifiche intelligenti sulle leggi approvate sia dia sempre meno peso: siamo un supermarket dei controlli mancati.

Su 37 sacchetti, sono 20 quelli fuori legge, ovvero – come sanno i lettori di greenreport.it – quelli non compostabili. «Siamo di fronte a un diffusa situazione di illegalità nel settore delle buste per l’asporto delle merci, e questo è evidente nonostante abbiamo evitato di fare verifiche sui tanti piccoli negozi commerciali e sui mercati rionali, dove la situazione è visibilmente ancor più grave, anche a causa di una azione capillare da parte di alcuni distributori che vendono, anche online, sacchetti palesemente fuori legge – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani – Il bando sui sacchetti di plastica è in vigore da anni, la norma è molto chiara e le multe previste dallo scorso mese di agosto sono salate. Anche le forze dell’ordine e la magistratura dovranno attivarsi per fermare questa diffusa situazione di illegalità».

Come spiega Legambiente, era infatti il dicembre 2006 quando – grazie a un emendamento dell’allora senatore Francesco Ferrante alla legge finanziaria 2007 (n. 296/2006) – in Italia viene approvato il bando sulla commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili e non compostabili, una strada che solo recentemente in Unione europea si inizia a seguire. Da allora molte norme si sono succedute sul tema, e il risultato finale è che Per chi commercializza sacchetti non conformi o false “buste-bio” le sanzioni amministrative pecuniarie vanno dai 2.500 € ai 25.000 €. La multa può essere aumentata fino al quadruplo del massimo (quindi 100.000 €), se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l’asporto oppure un valore della merce superiore al 20% del fatturato del trasgressore (art. 4, legge 28/2012): all’accertamento delle violazione provvedono gli organi di polizia amministrativa.

«La ricerca di Legambiente – ha commentato Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club – conferma che in questo Paese continua a esserci la cattiva abitudine di ignorare le leggi. Sta alle forze dell’ordine e alla magistratura adesso farla rispettare». E anche per Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, «la questione degli shopper  illegali nella grande distribuzione segnalata da Legambiente è molto seria e merita un approfondimento; in assenza di controlli, infatti, anche una legge importante come quella sui bio-shopper rischia di essere vanificata».

D’altronde, il fenomeno dei sacchetti fuorilegge che oggi si presenta parte da lontano: la plastica che tanti danni fa quando viene dispersa nell’ambiente, e dalla quale ci si allontana preferendogli i bioshopper, in sé non ha ovviamente colpe. La colpa è di coloro che la gettano impunemente attorno a sé, invece di avviare i sacchetti di plastica al percorso che gli compete, e che inizia con la raccolta differenziata. La legge sugli shopper compostabili ha avuto il grande merito di aiutare le nostre imprese a diventare leader mondiali del settore nella chimica verde da fonti rinnovabili (con esempi positivi di riconversione industriale, come a Porto Torres), ma si scontra oggi con la stessa villania.

Sia a monte che a valle, la realtà è sempre più complessa di quanto sembri a un’occhiata frettolosa. Una corretta informazione è sempre a favore della verità. E a questo proposito, se rimane dunque necessario e giusto che si intensifichino i controlli per far seguire la legge approvata, la vicenda è abbastanza matura – e da tempo – per guardare anche oltre: a cosa succede cioè ai bioshopper. Se infatti i sacchetti in plastica biodegradabile vengono differenziati dai cittadini “virtuosi”, come spesso accade, confondendoli con quelli di normale plastica, una volta inseriti nel circuito (sbagliato, quello della plastica anziché quello dell’organico) vanno a danneggiare un’altra filiera fondamentale della green economy, quella del riciclo. Anche qui, dunque, l’esigenza pressante è ormai quella di vigilare, e di spiegare. Non dimentichiamocene.