Le centraline di rilevamento e la loro collocazione autonoma delle regioni

[22 Luglio 2013]

La Regione e i suoi enti esponenziali (Arpa) possono decidere autonomamente di collocare una centralina di rilevamento dell’inquinamento atmosferico. Anche perché nessuna norma vieta a un ente pubblico di monitorare alcuni parametri dell’atmosfera.

Lo ricorda il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia (Tar) – con sentenza 15 luglio 2013, n.402 – in riferimento alla richiesta della Lucchini di rimuovere la centralina in Via San Lorenzo in Selva in corrispondenza con la stazione R.F.I. e di procedere eventualmente alla sua collocazione in un altro sito. Una richiesta, però rifiutata (silenzio-rifiuti) dalla Regione.

Fra l’altro l’azienda fa presente che a partire dal 2007 l’agenzia regionale della protezione dell’ambiente Arpa ha collocato un mezzo mobile per il monitoraggio della qualità dell’aria all’interno di un comprensorio abitativo situato all’esterno dello stabilimento siderurgico.

Quindi secondo l’azienda, in considerazione dell’ubicazione della centralina, la rilevazione dei dati avverrebbe in modo contrastante con quanto previsto dalla disciplina in materia di controllo della qualità dell’aria e quindi rendendo illegittime tutte le rilevazioni sfociate in vari provvedimenti regionali.

A ben vedere, la ditta che ha rivolto un’istanza di rimozione della centralina, collocata all’esterno dello stabilimento industriale, alla regione e non direttamente all’Arpa – agenzia regionale a cui spetta la collocazione e gestione delle centraline di rilevamento – sembra lamentare non tanto la collocazione della centralina quanto l’utilizzo dei dati ricavati. Dati che – a suo avviso – verrebbero considerati come parametri di riferimento per la qualità dell’aria, cosa non consentita.

Ma la scelta autonoma della Regione o dell’Arpa della collocazione della stazione è di per sé un attività non lesiva degli interessi della ditta, la cui lesione potrà in ipotesi derivare dall’uso dei dati e soprattutto dai provvedimenti conseguenti adottati dalla regione stessa o dal comune.

Di per sé un rilevamento dei dati non può costituire un atto lesivo, anche perché nessuna norma vieta a un ente pubblico di monitorare alcuni parametri dell’atmosfera – anche oltre quelli strettamente previsti dalla normativa –  se non altro per l’applicazione del principio di precauzione.

Il principio di precauzione – che si differenzia da quello di prevenzione – è stato introdotto in Europa dal Trattato dell’Unione europea mentre, nell’ordinamento interno, è previsto dal Dlgs 152/2006.

In generale, si può affermare che il principio di precauzione costituisce una politica di gestione del rischio che deve orientare l’adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non escludono il carattere dannoso di una determinata attività. Tanto che, il principio di precauzione imporrebbe l’adozione di misure di cautela per impedire il verificarsi di conseguenza dannose o pericolose “possibili ma non attualmente prevedibili”.

L’applicazione del principio comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche.