Yemen: «La Coalizione saudita usa bombe a grappolo occidentali proibite»

La denuncia di Amnesty International. Nei campi minati uccisi anche bambini

[23 Maggio 2016]

Il 4 maggio era stata l’Ong Human Rights Watch a denunciare che l’Arabia saudita sta utilizzando cluster bomb made in Usa, bandite in tutto il mondo, contro i ribelli houthi in Yemen. Oggi è la volta di Amnesty International che, al termine di una missione di ricerca di 10 giorni nelle province di Sa’da, Hajjab e Sana’a, denunciato che «i bambini e le loro famiglie che, dopo un anno di conflitto, tornano a casa nel nord dello Yemen rischiano fortemente di morire o di riportare gravi ferite a causa di migliaia di bombe a grappolo inesplose. C’è urgente bisogno di assistenza internazionale per sminare i terreni e i paesi in grado di esercitare influenza devono sollecitare le forze della coalizione a guida saudita a fermare l’uso delle bombe a grappolo, armi di per sé indiscriminate e proibite dal diritto internazionale».

Lama Fakih, senior crisis advisor di Amnesty International, sottolinea: «Anche con la fine delle ostilità, la vita dei civili, compresi i bambini, e i loro mezzi di sussistenza continuano a essere in pericolo. Al rientro in quelli che ormai sono dei veri e propri campi minati, non potranno vivere in condizioni di sicurezza fino a quando le zone intorno alle loro abitazioni e i campi non saranno ispezionati e ripuliti dalle bombe a grappolo e da altri ordigni inesplosi».

Nella sua ultima missione nel nord dello Yemen, Amnesty International ha «riscontrato prove dell’uso, da parte della coalizione a guida saudita, di bombe a grappolo di fabbricazione statunitense, britannica e brasiliana. L’uso di queste armi è vietato dalla Convenzione sulle bombe a grappolo, che il Regno Unito è vincolato a rispettare».

Amnesty ha intervistato 30 persone, tra cui sopravvissuti a bombe a grappolo e altri ordigni inesplosi, così come loro familiari, testimoni oculari, esperti di sminamento, attivisti e soccorritori e ha documentato «10 nuovi casi in cui, tra luglio 2015 e aprile 2016, 16 civili sono stati uccisi o feriti da bombe a grappolo. Tra le vittime, anche nove bambini due dei quali rimasti uccisi. Le esplosioni si sono verificate giorni, settimane o anche mesi dopo il lancio delle bombe a grappolo da parte della coalizione a guida saudita».

Col cessate-il-fuoco del marzo 2016, i civili hanno iniziato a tornare a casa nelle province di Hajjah e Sa’da, ma continuano a saltare in aria quando entrano in contatto con ordigni inesplosi. Amnesti spiega che «Il fenomeno è in particolare aumento lungo il confine tra Arabia Saudita e Yemen , nelle zone di Midi, Haradh, Hayran, Bakil al-Mir e Mustabah (provincia di Hajjah) e di al-Safra, Razih, Shada e Baqim (provincia di Sa’da). Molti civili, compresi i bambini, sono dunque alla mercé di ordigni potenzialmente mortali senza rendersi conto della loro presenza o dei rischi che pongono. Per di più, recenti inondazioni hanno trasportato questi ordigni in zone dove la loro presenza non era attesa».

La coalizione araba/sunnita appoggiata dall’Occidente e guidata dall’Arabia Saudita non ha mai ammesso di aver usato bombe a grappolo, ma Amnesti ricorda che «Tuttavia, in un’intervista rilasciata alla Cnn l’11 gennaio 2016, il generale Ahmed al-Asiri, portavoce della coalizione, nel negarlo complessivamente ha ammesso l’uso di bombe a grappolo CBU-105 nel corso dell’attacco contro un obiettivo militare, nell’aprile 2015».

Le popolazioni civili invocano aiuto per sminare i loro terreni e, riconoscendo il grave rischio che la presenza di ordigni inesplosi costituisce per la popolazione civile, ad aprile, nonostante la formazione inadeguata e lo scarso equipaggiamento a disposizione, il Centro d’azione sulle mine dello Yemen (Yemac), l’unica agenzia di sminamento presente nel Paese, ha iniziato a rintracciare e far esplodere ordigni nelle province di Sa’da e Hajjah.  Amnesty sottolinea che «Il numero esatto di ordigni inesplosi da eliminare non è ancora chiaro. Nelle prime tre settimane di lavoro nelle due province, lo Yemac ha eliminato almeno 418 sub-munizioni da bombe a grappolo, 810 resti di fusi e di pezzi d’artiglieria, 51 mortai e oltre 70 missili. Purtroppo, il 26 aprile lo Yemac ha dovuto interrompere drammaticamente le sue attività a seguito della morte di tre suoi operatori (Mohammed Ahmed Ali Al Sharafi, Mustafa Abdullah Saleh Al Harazi e Hussein Abdo Mohssien Al Salami), uccisi dai resti di una bomba a grappolo ad Hayran, nella provincia di Hajjah».

Ahmed Yahya Alawi, direttore dello Yemac, ha detto ad Amnesty International che le attività del Centro sono sospese mentre sono in corso indagini sulla morte dei suoi uomini e di ritenere che la morte dei suoi tre all’assenza di formazione adeguata e alle attrezzature a disposizione inefficaci e obsolete: «La coalizione ha usato vari tipi di bombe a grappolo ma noi abbiamo dimestichezza solo con quattro di essi. Siamo rimasti sorpresi da queste nuove versioni. Sono più sensibili, è difficile farle esplodere ma metterle da parte inesplose è pericoloso. Abbiamo bisogno di formatori provenienti dai paesi che quelle bombe le producono e di migliore tecnologia per distruggerle».

Secondo Fakih.«I paesi donatori devono agire con urgenza e sostenere l’azione a livello locale per individuare in condizioni di sicurezza, marcare e ripulire le aree in cui si trovano gli ordigni inesplosi e spiegare alle comunità di quei territori come, nel frattempo, evitare pericoli. Se non verrà fatto, sarà una bomba a orologeria per i civili, compresi i bambini. Qui vicino le bombe sono persino appese sugli alberi. L’’elevato numero di sub-munizioni usato dalla coalizione a guida saudita e l’alta percentuale di mancata esplosione non solo hanno ucciso e ferito persone ma hanno anche danneggiato gravemente i mezzi di sussistenza e trasformato i terreni in campi minati, rendendo difficile il pascolo così come i raccolti di banane, mango e pomodori».

Sotto accusa è soprattutto la Gran Bretagna: dal 25 marzo 2015, quando è iniziata la campagna aerea della coalizione a guida saudita, Amnesty International e Human Rights Watch hanno documentato l’uso di 6  tipi di bombe a grappolo nello Yemen e l’ultima missione di Amnesty ha confermato per la prima volta «L’uso di bombe a grappolo britanniche BL-755, fabbricate negli anni Settanta dalla Hunting Engineering Ltd. Questo tipo di bomba a grappolo, progettato per essere sganciato dai jet britannici Tornado, contiene 147 sub-munizioni in grado di penetrare per 25 centimetri in veicoli blindati e che rilasciano oltre 2000 frammenti che diventano armi anti-persona. Depositi di BL-755 si trovano in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti».

I ricercatori di Amnesty International  dicono di aver visyto «una bomba a grappolo BL-755 nel deposito in cui lo Yemac raccoglieva gli ordigni inesplosi rinvenuti. La bomba non era esplosa e le sub-munizioni contenute in cinque delle sette sezioni originarie non si erano disperse né avevano detonato. Si tratta del primo uso confermato di bombe a grappolo made in UK dall’adozione, nel 2008, della Convenzione contro le bombe a grappolo, nella cui stesura e nei cui negoziati il governo di Londra aveva svolto un ruolo da protagonista. La Convenzione, sottoscritta da oltre 100 paesi, vieta l’uso, la produzione e lo stoccaggio delle bombe a grappolo».

Altri tipi di bombe a grappolo identificati dalla missione di Amnesty International comprendono «la brasiliana Avibras Astros e la statunitense CBU-105, con contenitori di sub-minuzioni BLU-108/B. Nell’agosto 2013 il dipartimento della Difesa Usa aveva siglato un contratto del valore di 641 milioni di dollari per la fornitura di 1300 bombe a grappolo CBU-105 all’Arabia Saudita. La sub-munizione BLU-108/B, prodotta da Textron Defense System, viene rilasciata dalla bomba a grappolo che la contiene. Durante la lenta discesa sostenuta da un paracadute, si avvia un veloce movimento rotatorio durante il quale, grazie all’aiuto di sensori ottici multimodali, le munizioni vengono dirette contro una serie di bersagli. La sub-munizione, dotata di un potente propellente, può perforare un veicolo blindato incendiandolo, mentre i frammenti vanno a colpire oggetti e persone. La presenza di numerosi ordigni inesplosi contraddice quanto affermato dalla US Security Defense Cooperation Agency, secondo la quale meno dell’1 per cento degli ordigni non esplode “nell’ambiente operativo in cui operano”. Il governo statunitense vieta la vendita o il trasferimento di bombe a grappolo che abbiano una percentuale di malfunzionamento superiore all’1 per cento».

Per Fakih, «Senza un’azione congiunta per sollecitare la coalizione a guida saudita a cessare l’uso delle bombe a grappolo e l’immediata assistenza internazionale alle operazioni di sminamento, le bombe a grappolo e gli altri ordigni inesplosi costituiranno per anni un lascito mortale per lo Yemen, minacciando la vita dei civili e mandando a rotoli l’economia locale».

Ecco le raccomandazioni di Amnesty International:

L’Arabia Saudita e gli altri stati membri della coalizione dovranno facilitare la bonifica delle aree in cui si trovano ordigni inesplosi. Gli stati in grado di farlo dovranno fornire tutta l’assistenza tecnica, finanziaria e materiale per rendere possibile la demarcazione delle aree e la rimozione o distruzione delle sub-munizioni e di altri ordigni inesplosi. Le vittime e le loro famiglie dovranno ricevere assistenza fisica e psicologica così come avere a disposizione programmi di riabilitazione e istruzioni per evitare i pericoli.

Gli stati membri della coalizione a guida saudita dovranno immediatamente fornire alle Nazioni Unite le esatte coordinate degli attacchi con bombe a grappolo, comprese mappe, date e informazioni sul tipo e sulla quantità di armi usate, in modo tale da poter facilitare la bonifica e informare le popolazioni locali sui pericoli ancora presenti.

Gli stati che forniscono armi alla coalizione a guida saudita e i singoli stati che ne fanno parte dovranno immediatamente cessare i trasferimenti e l’uso delle bombe a grappolo ed eliminare tutti gli stock ancora a disposizione.

Da anni, Amnesty International e altre organizzazioni chiedono a tutti gli stati di porre immediatamente fine all’uso, alla produzione, ai trasferimenti e allo stoccaggio di bombe a grappolo e di aderire alla Convenzione del 2008, ma gli altri due Stati – Usa e Brasile –  che, con la Gran Bretagna, hanno prodotto le bombe a grappolo usate dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita nella guerra yemenita, non fanno parte della Convenzione contro le bombe a grappolo. Non aderisce alla Convenzione nemmeno lo Yemen, anche se il 19 maggio suoi diplomatici hanno dichiarato che stanno considerando di aderirvi, dato l’alto livello di contaminazione da bombe a grappolo nel paese. Nemmeno l’’Arabia Saudita e gli altri Stati della coalizione arabo/sunnita hanno aderito alla Convenzione. «Tuttavia . conclude Amnesty – sulla base del diritto internazionale umanitario consuetudinario, agli Stati membri di questa coalizione è fatto divieto di usare armi di per sé indiscriminate, che pongono inevitabili minacce per la vita dei civili. Dal febbraio 2016, Amnesty International sta chiedendo a tutti gli stati di assicurare che nessuna delle parti coinvolte nel conflitto yemenita riceva, direttamente o indirettamente, armi, munizioni, equipaggiamento o tecnologia militare da usare nel conflitto fino a quando le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario non saranno cessate. Amnesty International chiede inoltre a tutti gli stati di appoggiare la richiesta di un’indagine indipendente, imparziale e internazionale, sulle violazioni commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto».