A che punto è la Piattaforma nazionale sul biometano

Puntare sul comparto garantirebbe oltre 21mila posti di lavoro già tra dieci anni, e 197 milioni di tonnellate di CO2 evitate al 2050

[17 Settembre 2019]

Il sistema energetico italiano fa un uso intensivo di gas, che arriva a coprire il 34,6% dei consumi interni lordi di energia, ma acquista la materia prima all’estero senza prima – paradossalmente – aver valorizzato al meglio la filiera del biometano che sta sbocciando sul territorio: il biometano realizzato da scarti agricoli potrebbe coprire da solo il 12% circa del fabbisogno di gas nazionale, al quale si aggiunge un altro 1% circa da poter coprire attraverso il biometano ricavato da Forsu.

Per dispiegare queste potenzialità è nata nell’ambito di Ecomondo, ormai tre anni fa, la Piattaforma nazionale sul biometano che ha visto insieme le associazioni di riferimento del settore, il Consorzio italiano biogas (Cib) e il Consorzio italiano compostatori (Cic). Ora che la nuova edizione della kermesse riminese dedicata alla green economy torna ad avvicinarsi – l’appuntamento è dal 5 all’8 novembre, con un ambio spazio dedicato proprio al biogas –, è il momento di fare il punto della situazione.

«Quello del biogas è un settore che può avere un impatto ambientale importante. Potrebbe certamente produrre una forte spinta al miglioramento – spiega Piero Gattoni, presidente del Cib – È un settore in cui l’Italia è all’avanguardia, con un know how industriale capace di rappresentare un veicolo per il rilancio della crescita, in un  momento in cui ce ne è forte bisogno. Come Cib puntiamo molto sulla sinergia tra le associazioni e le imprese, c’è sicuramente necessità di strutturare la Piattaforma e arrivare ad avere una voce unica».

Dare gambe alla filiera del biometano non porterebbe solo vantaggi ambientali, ma anche economici e occupazionali: si stimano emissioni di CO2 evitate per 197 milioni di tonnellate al 2050, oltre 21mila posti di lavoro già tra dieci anni e ricadute economiche complessive nell’ordine di 85,8 miliardi di euro.

«C’è un mondo di saperi e di imprenditori, fra privato e università, che si muove su questo fronte innovativo – continua il direttore del Cic, Massimo Centemero – Vogliamo raggruppare le varie realtà su una piattaforma dalla quale decolli una proposta comune. Nel corso degli ultimi tre anni la Piattaforma ha avuto il merito di caratterizzarsi come una cabina di regia tra le associazioni del mondo agricolo, delle utilities, dell’industria del trasporto e mobilità sostenibile e del gas naturale, che a vario titolo hanno interessi nello sviluppo del biometano. In una fase in cui il primo obiettivo era quello di supportare il percorso di costruzione normativa, la caratteristica di coordinamento di diverse associazioni era sufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi. Nella fase attuale dobbiamo invece valutare la necessità di andare oltre, per essere più rappresentativi a livello anche europeo».

Anche se pure sul fronte nazionale si mantiene alta la necessità di pungolare in primis le istituzioni, in quanto senza un quadro normativo coerente la rivoluzione del biometano rischia di restare al palo: manca ad esempio il relativo decreto End of waste affinché possano nascere nuovi impianti in grado di trarre il prezioso gas dai rifiuti per poi valorizzarlo a beneficio della comunità.