Aferpi, l’alba del giorno dopo a Piombino

La cessione dell'ex Lucchini a Cevital ora è nero su bianco, ma l'incertezza non finisce qui

[1 Luglio 2015]

Alla fine è arrivata nero su bianco la firma per la cessione dell’ex Lucchini ad Aferpi, ovvero al ramo di Cevital battezzato Acciaierie e Ferriere Piombino. L’Accordo di programma per la cessione è stato siglato ieri al ministero dello Sviluppo economico, poi il passaggio definitivo da un notaio in serata: il numero uno di Cevital, Issad Rebrab, conferma così la volontà di un «progetto di modernizzazione della siderurgia e per una piattaforma logistica dell’agroalimentare capace di mettere in relazione Africa ed Europa». È proprio questa una delle note più liete dell’accordo: le sponde nord dell’Africa sono oggi viste da molti in Italia come fonte di problemi, porti per i migranti, ma quella del Mediterraneo rimane una delle aree al mondo dove le prospettive di crescita sono rosee.

Per il resto, la firma di ieri rappresenta l’importante conclusione di una fase di profonda incertezza per Piombino e la Val di Cornia, ma la vicenda dell’ex Lucchini «non è sicuramente giunta al termine; anzi siamo solo all’inizio di una nuova fase». Le parole arrivano direttamente dai lavoratori dell’acciaieria riuniti nel gruppo di minoranza sindacale, che stanno organizzando «un incontro pubblico, aperto alla cittadinanza, invitando tutti ( dai sindacati alle istituzioni) e nel quale si faccia chiarezza su quali saranno gli scenari che riguarderanno  famiglie di un intero  territorio, non solo Piombino, e il futuro delle nuove generazioni».

Scenari che, molto concretamente, riguardano da subito i lavoratori dell’acciaieria. Come ricordato ieri, l’Accordo di programma impegna Aferpi “assumere entro e non oltre il 6 novembre 2016 tutti i 2.183 dipendenti della ex Lucchini, mantenendoli alle proprie dipendenze per almeno due anni”. Solo metà dei lavoratori verrà però riassunta subito, mentre per il resto si prospetta un periodo – più o meno lungo – di cassa integrazione a zero ore. Ad oggi non si conosce ancora quali saranno le 1.080 tute blu per le quali verrà previsto il reintegro, e se per le restanti si porteranno avanti azioni compensative. Dettagli non trascurabili.

Come non trascurabile è l’aspetto delle bonifiche, parte integrante dell’Accordo siglato ieri. Aferpi, come ha riassunto la Regione, si prende in carico tutte le azioni che porteranno alla messa in sicurezza dell’area dal punto di vista ambientale e ad impedire una ulteriore diffusione degli inquinanti presenti, ma con tempi e modalità che saranno determinati attraverso un successivo Accordo di programma. Inoltre per la messa in sicurezza ambientale risulta che saranno disponibili 50 milioni di euro, ma – concretamente – l’azienda al momento risulta che a garanzia degli interventi abbia messo sul piatto del ministero dell’Ambiente una polizza fideiussoria di appena 500mila euro. Con quali garanzie per le imprese del territorio, poi, non è dato bene sapere.

La buona volontà degli algerini (e delle istituzioni che più hanno seguito da vicino la partita di Piombino, Regione in primis) non è dunque messa in discussione, ma come sempre andrà verificata sul campo la validità del progetto industriale, e la sua sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In un contesto come quello della produzione di acciaio italiano, che non registra segnali di crescita almeno da marzo 2014 (9,8 milioni le tonnellate prodotte da inizio anno a oggi, con un’ulteriore frenata del 12,6% secondo le rilevazioni di Federacciai riportate dal Sole 24 Ore), rimane impresa non facile.