Il geotermoelettrico è una chance per lo sviluppo sostenibile

Alberta, la geotermia potrà risollevare un territorio abbandonato dal petrolio?

L'impiego delle sabbie bituminose è crollato con i prezzi del barile, e oggi un incendio sta devastando l’area

[30 Maggio 2016]

Il territorio dell’Alberta, una provincia del Canada, è tristemente tornato alla ribalta della cronaca in queste settimane a causa di un vasto incendio che si estende ormai su una superficie gigantesca, circa 580mila ettari chilometri quadrati, con previsione di ulteriore allargamento del fronte. Le autorità stimano che per domare le fiamme occorreranno ancora molto tempo. Nell’area della città canadese di Fort McMurray circa 90mila cittadini sono già stati evacuati, flagellando ulteriormente un’area già pesantemente fiaccata dal mercato ribassista che continua a caratterizzare – nonostante timidi rialzi – il mercato delle commodity, e il petrolio in particolare.

L’Alberta e la zona di Fort McMurray presentano ricchi giacimenti di sabbie bituminose, dalle quali è possibile estrarre –tramite costosi processi– un combustibile tutt’altro che pulito, ma che si è reso prezioso all’economia del Paese quando i prezzi del barile erano alle stelle. L’incendio, che non ha toccato ancora i giacimenti, ha indotto un’altra brusca frenata, con la produzione di petrolio calata di un ulteriore 40%, ma la crisi prosegue da mesi: nel settore l’Alberta ha già perso 40mila posti di lavoro. Per questo si pensa a un’alternativa, in modo da tornare ad offrire un modello di sviluppo più sostenibile.

La Canadian Geothermal Energy Association si è fatta avanti con una proposta concreta: utilizzare i pozzi dismessi per facilitare stavolta l’estrazione di energia pulita, quella geotermica, permettendo al contempo di riassorbire almeno una parte dei lavoratori licenziati dalle imprese petrolifere. L’Alberta conta qualcosa come 400.000 pozzi già perforati, e non tutti sono attivi. Secondo il progetto Living energy, ammontano già a circa 170mila i pozzi petroliferi abbandonati. Molti di questi – sostiene Alison Thompson, presidente della CanGea – potrebbero essere riconvertiti per la realizzazione di piccoli impianti geotermici. Questi pozzi sono stati dimensionati per estrarre petrolio o gas, piuttosto che per il geotermoelettrico, ma i fluidi geotermici affiorano a sufficienza per il micro-elettrico», una produzione di energia elettrica da geotermia su piccola scala. Un’ipotesi che non esclude interventi più innovativi, come quei progetti industriali incentrati sull’acqua supercritica che si sperimentano anche in Italia, a Larderello, attraverso il progetto europeo di ricerca Descramble.