Dallo stortignaccolo all’economia verde c’è un filo rosso che passa per la nostra Regione

Benedetti toscani! Una lezione per non mandare in fumo la green economy

Storia, innovazione e territorio una ricetta per l’economia sostenibile

[18 Giugno 2013]

Andando alla ricerca di modelli di produzione e consumo più sostenibili – la famosa green economy – è facile cadere nella tentazione dell’esterofilia se non dell’esotismo, che tende a trovare la pietra filosofale, la soluzione definitiva ad un problema, ovunque tranne che vicino a noi. Lo stesso vale per la caccia allo slogan più efficace, che astrae e banalizza, finendo spesso per allontanare dalla realtà delle problematiche che si troverebbero semplicemente aprendo gli occhi e guardandosi intorno.

Dalla Toscana, invece, rimane ancora molto da imparare. «E se si trattasse piuttosto, per tutti, di cambiare stile di vita, e preferire pochi prodotti, ma di alta qualità, a tanti da consumare e gettare?», si chiede la ricercatrice Costanza Lanzara, coautrice dello studio “Benedetti Toscani, alla ricerca delle origini dello stile italiano, territori, cultura materiale, filiere e prodotti di eccellenza della Toscana”, una ricerca commissionata alla cattedra di Antropologia culturale dell’università di Firenze da Manifatture Sigaro Toscano, e alla quale hanno partecipato – con il patrocinio della Regione Toscana – Gaetano Maccaferri, vicepresidente di Confindustria e presidente dell’omonimo Gruppo industriale, Stefano Micelli, economista dell’università Ca’ Foscari di Venezia, Pietro Clemente ed Elena Maria Giusti, antropologi culturali dell’ateneo fiorentino.

Partendo dalla produzione dello stortignaccolo, il sigaro toscano famoso nel mondo, lo studio che ribalta nel titolo il volume di Curzio Malaparte analizza antropologicamente «ambiti dove si potevano riscontrare saperi e processi produttivi tramandati di generazione in generazione. Cuoio, tessuto, vino, marmo, impagliato e sigaro Toscano. Non gli unici certo – spiega Pietro Clemente nel presentare la ricerca – ma significativi di un sistema toscano che ha traversato crisi e innovazione riuscendo a proporre un nuovo artigianato».

La Toscana, anche all’interno di un panorama italiano particolarmente ricco di sapere artigiano, rappresenta un palcoscenico privilegiato per un indagine di questa natura. Come sottolinea Clemente, «Mettiamo insieme la Toscana del Grand Tour, della nascita dell’arte, della politica, della tecnologia, della scienza moderna (Giotto, Macchiavelli, Leonardo, Galileo…) e avremo l’idea della potenza della parola Toscana nel definire l’Occidente moderno, nell’essere riferimento di civiltà». Se parliamo di stile italiano – si legge nello studio – la Toscana ha una sua indubbia centralità: il Rinascimento, con il fiorire delle arti, del commercio e lo sviluppo delle attività bancarie, le realtà artigiane, fanno di questa regione la culla dello stile di vita italiano, riconosciuto nel mondo grazie a prodotti di eccellenza e ad un sottofondo artistico culturale unico. Oggi il made in Italy è spesso identificato all’estero con il made in Tuscany. Lo stesso paesaggio toscano è una delle principali immagini del buon vivere italiano all’estero.

Territorio, tessuto sociale, storia e saperi vanno a comporre quel puzzle che l’economista Simon Anholt ha ribattezzato Tuscanomics, un modello per lo sviluppo sostenibile racchiuso all’interno dei confini della nostra Regione. Un fazzoletto di terra che, da sempre, è abile nell’unire sapienza artigianale ed innovazione tecnologica, in un mix unico di manifattura e artigianato che incorpora al suo interno il valore stesso del territorio, il quale merita quindi automaticamente un’attenzione e una tutela particolare.

«Tutte le ricerche – afferma Maccaferri – hanno evidenziato l’innovazione nella tradizione quale approccio seguito dalle realtà produttive toscane. La sfida per il nostro futuro sta quindi nel saper reinterpretare con intelligenza un modello che ci viene lasciato in eredità dal nostro passato. Limitarsi a riproporlo tale e quale non basta. Il nuovo artigianato e la nuova manifattura, nel XXI secolo, non sono soltanto le attività che hanno contribuito a rendere famosa la Toscana nel mondo, ma anche quelle punte tecnologiche concentrate nella green economy, nella gestione efficiente della materia e dell’energia che – ancora una volta – per propria natura offrono al territorio nel quale si svolgono una garanzia di sostenibilità.

In Toscana è possibile, lo dimostra la nostra storia, e questo significa per noi un ulteriore vantaggio, racchiuso in due semplici concetti, legati tra loro: «Territorio e non replicabilità. Il nostro brand – evidenzia ancora Maccaferri – ha radicato in Toscana il mito della sua nascita, la storia della sua crescita». Unire le vecchie e le nuove eccellenze della Toscana per proporre la Regione come modello di sviluppo sostenibile può contribuire così a metterci al riparo dal rischio che la globalizzazione dei nostri tempi porta con sé: quella delocalizzazione industriale che segue il profitto per il profitto, e nient’altro. Ma la Tuscanomics non esiste, senza la Toscana.