Simone Borghesi: «L’Eu Ets è il più grande mercato al mondo delle emissioni di gas serra»

Brexit, come cambierà il mercato delle emissioni di gas serra nell’Ue senza il Regno Unito

Il prezzo che deve pagare chi inquina per produrre è oggi di circa 26€ per tonnellata di CO2, e un’uscita dell’Uk potrebbe aumentare la centralità di altri Paesi come la Danimarca, la Germania, la Francia, l’Olanda e in parte anche l’Italia

[20 Settembre 2019]

L’odissea della Brexit si sta trasformando in un incubo per il Regno Unito, con l’orizzonte di un’uscita dall’Unione europea senza un accordo tra le parti – al momento la scadenza rimane inchiodata al 31 ottobre – che si avvicina pericolosamente. Secondo il Parlamento britannico il peggior scenario possibile porterebbe aumenti dei prezzi dei beni alimentari, crisi per il rifornimento di medicinali e disordini ai confini, ma un’uscita del Regno Unito dall’Ue avrebbe importanti riflessi anche sulle politiche ambientali di entrambi i partner. Per capire quali sarebbero le conseguenze, e in particolare l’impatto sul mercato delle emissioni di gas serra Eu Ets, due ricercatori italiani (Simone Borghesi  e Andrea Flori) hanno pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One la ricerca With or without U(K): a pre-Brexit network analysis of the EU ETS.

«Il sistema europeo di scambio delle quote di emissione – sottolinea Borghesi, economista dell’Università di Siena e firma del think tank redazionale di greenreport, Ecoquadro – è il più grande mercato al mondo delle emissioni di gas serra e tratta oltre i tre quarti degli scambi internazionali di carbonio. Opera in 31 paesi e copre il 45% delle emissioni europee di gas serra. Vi partecipano oltre 11mila istallazioni appartenenti a settori ad alta intensità di energia. Ciascuna istallazione deve acquistare delle quote di emissione per poter operare e può venderle qualora ne abbia in esubero. L’incontro di domanda e offerta genera il prezzo sul mercato delle quote, che costituisce dunque il prezzo che deve pagare chi inquina per produrre. Attualmente tale prezzo è di circa 26€ per tonnellata di anidride carbonica, in continua ascesa dopo la riforma mercato delle emissioni introdotta all’inizio del 2018».

In tutto questo, il Regno Unito ha svolto finora un ruolo molto attivo: il 17% di tutti gli scambi avvenuti sul mercato delle emissioni ha infatti coinvolto unità registrate in Uk, con molti operatori che «hanno preferito iscriversi al registro del Regno Unito piuttosto che a quello del loro Paese di appartenenza, presumibilmente per l’esistenza di intermediari finanziari e piattaforme dedicate allo scambio delle quote di emissione». Se ne deduce che l’Eu Ets avrebbe avuto però una configurazione totalmente diversa senza il Regno Unito, e che la Brexit potrebbe comportare una profonda modifica nella direzione degli scambi, aumentando la centralità di altri Paesi – come la Danimarca, la Germania, la Francia, l’Olanda e in parte anche l’Italia –, con importanti possibili impatti socio-politici legati all’urgenza di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità fissati negli accordi di Parigi.

«Il Regno Unito ha una politica ambientale più restrittiva della media dei paesi europei – conclude Borghesi – La sua uscita dal sistema potrebbe quindi indebolire le politiche ambientali europee. Allo stesso tempo, però, l’Ue ha stabilito un meccanismo di aggiustamento automatico che consente di far fronte ad eventuali squilibri sul mercato delle emissioni tra domanda e offerta, come quelli che potrebbero derivare dall’uscita del Regno Unito, perciò credo che il sistema potrebbe far fronte ad un’eventuale Brexit dura senza rilevanti contraccolpi sul prezzo e quindi senza perdere di efficacia. Anzi, il sistema potrebbe risultare alla fine più omogeneo, con una maggiore partecipazione agli scambi da parte degli altri paesi. Sarà interessante vedere quale sarà l’esito della Brexit, e abbiamo già in programma altri studi per analizzare l’evoluzione futura del mercato delle emissioni».