Che impedimenti ci sono per le bonifiche a Piombino? L’interrogazione di Rossella Muroni

Dopo l’intervento di Legambiente la parlamentare LeU si rivolge direttamente al ministro dell’Ambiente per fare chiarezza

[20 Dicembre 2018]

Anno dopo anno, accordo di programma dopo accordo di programma, il grande nodo irrisolto di Piombino tale rimane: le bonifiche. Solo poche settimane fa Legambiente è intervenuta ad ogni livello – dai circoli locali a quello regionale, al Cigno verde nazionale – per scongiurare l’ultimo paradosso, in quanto ad oggi sarebbero 16,4 i milioni di euro già disponibili per la rimozione dei cumuli di rifiuti che da decenni affollano il Sito d’interesse nazionale (Sin), e che anche stavolta rischiano di non essere spesi.

Una situazione sulla quale, per tentare di fare chiarezza, interviene adesso la parlamentare LeU – ed ex presidente nazionale di Legambiente – Rossella Muroni (nella foto, ndr), con un’interrogazione rivolta direttamente al ministro dell’Ambiente Sergio Costa, all’interno della quale si sottolinea come un’importante soluzione impiantistica a servizio delle bonifiche sarebbe già presente sul territorio grazie a Rimateria, azienda pubblico-privata attiva nell’economia circolare. All’interno del Sin di Piombino, 900 ettari zeppi di rifiuti speciali, ad oggi l’unica area oggetto di riqualificazione ambientale e paesaggistica è non a caso quella dentro al Piano industriale dell’azienda.

Pubblichiamo di seguito integralmente l’interrogazione di Rossella Muroni.

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MURONI. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

Legambiente da molti anni si interessa al problema dei rifiuti industriali prodotti in tutti questi anni dallo stabilimento siderurgico di Piombino e dell’inquinamento prodotto da questi scarti delle lavorazioni dell’acciaio. Il sito di Piombino è stato individuato come sito di bonifica di interesse nazionale (Sin) ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge n. 426 del 1998;

la superficie del terreno industriale, circa 900 ettari, ha ricevuto, negli oltre cento anni della vita della fabbrica, milioni di metri cubi di rifiuti che sono in parte serviti come materiale per il ritombamento di aree morfologicamente depresse e che ulteriormente è stato ammassato in enormi cumuli nelle aree libere dai capannoni industriali ed infrastrutture;

le quantità di questi rifiuti sono enormi e l’azienda siderurgica Aferpi sta continuando a produrre rifiuti. Solo come esempio nell’area sequestrata dalla magistratura dopo un’indagine della Guardia di finanza nel 2007 erano stipati oltre 600.000 metri cubi di materiali; sono successivamente seguiti sequestri di altre aree con ingenti quantità di rifiuti speciali;

si è di fronte ad una enorme quantità di rifiuti che in parte potrebbe essere riciclata con impianti che già esistono sul territorio e che hanno bisogno di essere ristrutturati e adeguati, di proprietà dell’azienda pubblico privata «Rimateria». Altri impianti potrebbero essere realizzati con il fine ultimo di avviare un reale sistema virtuoso di economia circolare;

quello che non è possibile riciclare potrebbe essere conferito nella discarica sempre di Rimateria posta all’interno del perimetro industriale e i rifiuti pericolosi potrebbero essere trattati per renderli non reattivi e messi in discarica o smaltiti altrove quando non è possibile trattarli;

a tal proposito, sono importanti l’avvio della bonifica delle aree e la rimozione dei rifiuti, a partire dalle zone a più alto livello di concentrazione di inquinanti (hot spot), la demolizione degli impianti industriali non più utilizzati, la realizzazione di una trincea drenante prevista nel progetto di messa in sicurezza idraulica del Sin, e quant’altro può essere previsto nel progetto;

la rimozione dei cumuli è però la precondizione necessaria per procedere alla messa in sicurezza di tutta l’area. Occorre pertanto avere rapide rassicurazioni sulle procedure e sulle risorse finalizzate all’eliminazione del problema dei cumuli e soprattutto sui tempi;

Invitalia, in varie dichiarazioni e documenti, dichiara che la rimozione dei cumuli sia la precondizione per procedere, anche nella disponibilità delle aree, per progettare e attuare la messa in sicurezza;

dalla relazione dell’ultima riunione del 3 ottobre 2018 della cabina di regia territoriale dell’Adp di Piombino si apprende che sarebbero disponibili 16.400.000 di euro dedicati alla rimozione o messa in sicurezza dei cumuli. Si apprende anche – questo crea preoccupazione se fosse confermato – che Invitalia proporrebbe di optare per la non rimozione dei cumuli, ma per la sola messa in sicurezza di questa enorme massa di rifiuti;

il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare non si è ancora espresso in merito alla relazione tecnica redatta da Invitalia a gennaio 2018, che prevede l’impiego di quei fondi per nuovamente caratterizzare il materiale abbancato, con circa 558 campioni, un progetto di fattibilità per la messa in sicurezza del materiale per poi procedere con la progettazione definitiva ed esecutiva, e la verifica della progettazione. Inoltre, nella relazione, la stessa Invitalia, dichiarerebbe che i fondi stanziati non basterebbero per il completamento degli interventi –:

se esistano impedimenti e, nel caso, se siano stati superati, per l’avvio dell’appalto per la rimozione dei cumuli di rifiuti e quali siano le intenzioni del Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare in merito al risanamento e alla riconversione produttiva del territorio.

(5-01138)