Un successo globale che mostra le potenzialità di una comunicazione ambientale costruttiva

Clima, Italia da record per lo sciopero guidato da Greta Thunberg: 178 le iniziative

Nel mondo il nostro Paese è preceduto soltanto da Germania e Francia. Nel mentre la 16enne attivista svedese è stata candidata al premio Nobel per la pace

[14 Marzo 2019]

Greta Thunberg, la 16enne attivista svedese che è riuscita a trasformare i suoi scioperi scolastici in difesa del clima in un movimento di portata globale, è stata candidata ieri da tre parlamentari norvegesi al premio Nobel per la pace: «Abbiamo nominato Greta – spiega il parlamentare Freddy Andre Oevstegaard – perché la minaccia del clima potrebbe essere una delle cause più importanti di guerre e conflitti». Non si tratta soltanto di un’ipotesi: già oggi l’Onu informa che cambiamenti climatici e conflitti sono la principale concausa della fame che è tornata ad aumentare nel mondo, e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) avverte che circa 250mila morti l’anno nei prossimi vent’anni saranno attribuibili direttamente o indirettamente ai cambiamenti climatici.

Le proteste arrivano in un momento critico per limitare il riscaldamento globale a livelli di sicurezza. L’Emission gap report dell’Unep mostra chiaramente come le emissioni di gas serra mondiali siano tornate ad aumentare, mentre gli impegni nazionali per limitare il surriscaldamento entro la soglia di sicurezza di 1,5°C – individuata all’interno dell’Accordo sul clima di Parigi – sono ben lontani dal raggiungere l’obiettivo. È contro questa drammatica inazione che domani i giovani sciopereranno in tutto il mondo, per protestare contro la mancanza di azioni da parte dei governi per affrontare i cambiamenti climatici. Nell’agosto 2018 Greta Thunberg ha iniziato da sola il suo sciopero scolastico davanti alla sede del Parlamento svedese, mentre domani parteciperanno al “Friday for future” centinaia di migliaia di persone: ad oggi si contano 1.659 iniziative in 105 Paesi del mondo. Una partecipazione straordinaria, che vede l’Italia come uno dei palcoscenici più attivi. Con 178 manifestazioni programmate un po’ ovunque lungo lo Stivale, il nostro Paese siede infatti sul podio – tutto europeo – degli scioperi per il clima, sopravanzato soltanto dalla Germania (195) e dalla Francia (209), dove soltanto pochi mesi fa le proteste dei Gilet gialli furono innescate dalla decisione del presidente Macron di aumentare la tassazione sui carburanti proprio in difesa del clima.

È la dimostrazione plastica di quanto ormai le tematiche ambientali possano far presa su ampie fasce della popolazione, caricando l’azione climatica di un grande potenziale attrattivo anche sul piano elettorale e dunque politico. Un gran numero di recenti sondaggi dimostra del resto che il sostegno pubblico per politiche climatiche ambiziose è più alto che mai. Secondo Pew le grandi maggioranze a livello globale (in quasi tutti i paesi presi in esame) considerano il cambiamento climatico come una grave minaccia per il loro paese, e l’Italia non fa eccezione. L’ultimo Osservatorio europeo sulla sicurezza mette i timori di tipo ambientale in cima alle preoccupazioni degli italiani, un dato coerente con la rilevazione elaborata a inizio anno da Ipsos e Istituto per gli studi di politica internazionale, alla quale si aggiungono i dati raccolti dall’Istituto Toniolo che confermano come siano proprio i giovani i più attenti al tema.

I problemi – anche dal punto di vista del consenso – arrivano però quando dalla protesta è necessario passare all’azione. Nonostante circa il 90% degli italiani dica di essere favorevole allo sviluppo delle fonti rinnovabili, ad esempio, i dati mostrano come nel settore energetico nazionale oltre i tre quarti delle opere contestate abbia a che fare con le fonti pulite. Un paradosso che frena la crescita dell’economia verde.

«Come siamo arrivati a questa deriva anti-industrialista? Come Nimby Forum – spiega Alessandro Beulcke, ceo dell’agenzia che dal 2004 promuove l’Osservatorio Nimby forum – lo diciamo da anni: è un problema di comunicazione. E chi dice che la comunicazione sia un corollario, si accomodi in un’altra epoca. Togliere il terreno da sotto i piedi al populismo è una responsabilità di tutti, per assistere finalmente a dibattiti informati, che permettano azioni politiche volte al bene comune, oltre il consenso di breve termine».

Del resto, l’immenso sciopero globale per il clima innescato da Greta Thunberg mostra chiaramente quali sono le potenzialità della comunicazione ambientale – che oggi non è fatta soltanto dai giornali, che pur mantengono un ruolo di guida, ma in modo sempre più importante dai social network, da stakeholders di varia natura e singoli cittadini – quando si pone dal lato costruttivo della barricata. Greta, che marcia al motto “uniti dietro la scienza”, è consapevole che la sua protesta non ha messo in campo nessun elemento realmente nuovo: «Non dico nulla di nuovo – spiega – dico solo quello che gli scienziati hanno ripetutamente detto da decenni». Che cos’è dunque che ha innescato la rivoluzione dei “Friday for future”? La storia di una coraggiosa ragazzina, che è stata valorizzata in modo tale da toccare la sensibilità dei cittadini in tutto il mondo. «La prima cosa che ho fatto – spiega ancora Greta –  è stata pubblicare su Twitter e Instagram quello che stavo facendo e presto è diventato virale. Poi sono cominciati a venire i giornalisti e i giornali». L’incredibile successo dello sciopero globale per il clima è anche la testimonianza di cosa può essere in grado di fare una buona comunicazione ambientale.