Consumi(smi) privati: il mercato tessile e l’economia circolare in Europa

Il tessile è la quarta maggiore causa di pressioni ambientali nell’Ue dopo cibo, abitazioni e trasporti

[19 Novembre 2019]

L’European environment agency (Eea) ha presentato oggi il briefing “Textiles in Europe’s circular economy” dal quale demerge che «Il consumo di abbigliamento, calzature e tessili per la casa nell’Unione europea (Ue) consuma ogni anno circa 1,3 tonnellate di materie prime e oltre 100 metri cubi di acqua a persona». L’Eea evidenzia che «E’ necessario un cambiamento su larga scala verso l’economia circolare nella produzione e nel consumo di prodotti tessili per ridurre le emissioni di gas serra, l’uso delle risorse e le pressioni sulla natura».
Il briefing presenta le ultime prove sugli impatti ambientali e climatici nell’Ue derivanti dal consumo di prodotti tessili che vanno dall’abbigliamento e calzature ai tappeti e ai mobili. Un lavoro che si basa su un rapporto tecnico dell’European Topic Centre on Waste and Materials in a Green Economy (ETC/WMGE) dell’Eea e secondo il quale «La produzione e la manifattura di abbigliamento, calzature e tessili per la casa venduti nell’Ue nel 2017 utilizzavano circa 1,3 tonnellate di materie prime e 104 metri cubi di acqua per persona. Circa l’85% di questi materiali e il 92% dell’acqua che vengono i utilizzati in altre regioni del mondo».
Per quanto riguarda il consumo di acqua e l’utilizzo di materie prime, abbigliamento, calzature e tessili per la casa rappresentano la quarta categoria di consumo più elevato nell’Ue, dopo cibo, abitazioni e trasporti. Lo stesso gruppo di prodotti rappresenta la seconda più alta pressione sull’utilizzo del suolo, dopo il cibo, e anche «un notevole inquinamento chimico e dell’acqua, comprese le microfibre di plastica rilasciate attraverso il lavaggio, nonché vari impatti sociali negativi».
Il briefing dell’Eea dimostra inoltre che «La produzione di abbigliamento, calzature e tessili per la casa per gli europei ha causato circa 654 kg di emissioni equivalenti di CO2 pro capite nell’Ue, facendo del tessile la quinta fonte di emissioni di CO2 da consumo privato. Circa tre quarti di queste emissioni hanno avuto luogo al di fuori dell’Ue». Quindi nei Paesi poveri dai quali importiamo abbigliamento a basso costo per alimentare la moda “usa e getta” e dove le condizioni lavorative e ambientali sono molto peggio che nell’Ue.
Secondo l’Eea, «Le politiche e i principi dell’economia circolare, come l’eco-design e il riutilizzo, hanno il potenziale per mitigare gli impatti ambientali e climatici della produzione e del consumo dei tessili». Il briefing ricorda che «Le attuali politiche dell’Ue impongono agli Stati membri di raccogliere i tessuti separatamente entro il 2025 e garantire che i rifiuti raccolti separatamente non vengano inceneriti o messi in discarica».
L’European environment agency conclude: «I modelli di business circolari nel settore tessile – come il leasing, la condivisione, il ritiro e la rivendita – devono essere ampliati con il supporto di politiche riguardanti materiali e progettazione, produzione e distribuzione, uso e riutilizzo, raccolta e riciclaggio. Questo può includere politiche di produzione e di prodotti sostenibili, eco design e standard di durabilità, green public procurement, materiali sicuri e sostenibili, prevenzione dei rifiuti e responsabilità estesa del produttore, etichettatura e standards».