Il premier Conte annuncia «un piano di ingenti investimenti» oltre i 25 miliardi di euro già stanziati

Contro l’emergenza coronavirus il Governo approva il decreto “Cura Italia”. E poi?

Ronchi: «Resta ferma la necessità di puntare, anche con nuove misure di stimolo, sull’economia del futuro (decarbonizzata, green e circolare) in sinergia con il Green deal europeo»

[16 Marzo 2020]

Il Governo ha approvato il cosiddetto decreto legge “Cura Italia” e, in attesa di vederlo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, è stato presentato in conferenza stampa dal premier Conte: è composto da una serie di misure  a sostegno di famiglie, lavoratori e imprese per contrastare gli effetti sull’economia dell’emergenza coronavirus, per stanziamenti complessivi pari a circa 25 miliardi di euro.

«Siamo consapevoli che non basterà – avverte Conte – ma il governo risponderà presente anche domani; dovremo predisporre misure per il tessuto economico e sociale fortemente intaccato con un piano di ingenti investimenti, con una rapidità che il nostro Paese non ha mai conosciuto prima».

Oltre agli stanziamenti urgenti, a sostegno del Sistema sanitario nazionale e delle categorie economiche più colpite dall’epidemia in corso, occorre dunque elaborare fin da subito una strategia adeguata affinché gli investimenti annunciati sostengano l’economia nazionale dandole al contempo un chiaro orientamento in termini di sviluppo. «Occorre fare uno sforzo perché l’emergenza non annebbi la visione strategica – osserva Edo Ronchi, già ministro dell’Ambiente e oggi alla guida della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – Resta ferma, infatti, la necessità di puntare, anche con nuove misure di stimolo, sull’economia del futuro (decarbonizzata, green e circolare) in sinergia con il Green deal europeo».

L’emergenza coronavirus non cancella infatti né quella climatica né le molte altre emergenze ambientali (inquinamento, consumo eccessivo di risorse naturali, etc) con le quali conviviamo da anni ma alle quali ci siamo assuefatti: l’inquinamento atmosferico causa ogni anno 76.200 morti premature in Italia, e non ha senso constatare un temporaneo calo di inquinanti associato a una pandemia – come quello documentato nell’Italia del nord – se una volta terminata l’emergenza tutto tornerà come prima.

«Per decarbonizzare l’economia – argomenta Ronchi – occorre molta più energia rinnovabile, facendola crescere dal 18% attuale, almeno al 35% del consumo al 2030, portando già al 2025 le rinnovabili elettriche al 50% e quelle termiche al 33%. Per attivare i consistenti investimenti necessari per raggiungere questi obiettivi, occorre semplificare i meccanismi di sostegno e gli iter autorizzativi, introdurre norme e standard per quote crescenti obbligatorie di impiego di fonti rinnovabili per alcuni usi o prodotti, programmare e realizzare le infrastrutture necessarie. Per le rinnovabili elettriche, in particolare, occorre anche migliorare il sistema di incentivazione esistente; per quelle termiche occorre aumentare l’efficacia delle detrazioni fiscali per le pompe di calore, il solare termico e le biomasse e per il biometano occorre alzare il tetto fissato dal decreto di incentivazione».

Il presidente della Fondazione sviluppo sostenibile sottolinea anche la necessità di «misure consistenti per decarbonizzare i trasporti, incentivando l’acquisto in tre anni di 10.000 nuovi autobus elettrici e a biometano, finanziando la realizzazione di nuove corsie preferenziali, l’aumento dell’elettrificazione dei servizi di sharing mobility e rafforzando gli interventi che scoraggiano l’uso dell’auto privata nelle città. Occorre incentivare impianti per la costruzione di veicoli elettrici, di loro componenti, in particolare delle batterie e quelli per il loro riciclo».

Le principali cause dell’inquinamento atmosferico, infatti, risiedono nel traffico veicolare e nell’inadeguata climatizzazione degli edifici; investire per decarbonizzare i trasporti e la produzione di energia consentirebbe dunque non solo di rimettere in moto l’economia, ma anche di migliorare la salute pubblica.

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