Dalle rinnovabili italiane 114mila unità di lavoro nell’ultimo anno, eppure stanno rallentando

Per il ministero dello Sviluppo economico la loro crescita «è evoluta in una fase di sviluppo più matura e graduale», ma occorre fare di più per rispettare gli obiettivi al 2030

[25 Luglio 2018]

Il ministero dello Sviluppo economico ha aggiornato la Relazione sulla situazione energetica nazionale, approfondendo l’andamento del settore energetico italiano nel corso dell’ultimo anno (2017): ne risulta un quadro dove rinnovabili ed efficienza energetica si confermano «una componente centrale dello sviluppo sostenibile del Paese, con ricadute occupazionali ed economiche importanti», anche se il dicastero riconosce che negli ultimi anni la crescita delle fonti pulite «è evoluta in una fase di sviluppo più matura e graduale», ovvero è rallentata.

Nell’ultimo anno ha ripreso a crescere, dopo un decennio di riduzione quasi continua, la domanda di energia primaria (+1,5% rispetto al 2016), che è stata soddisfatta sempre meno dal petrolio (che comunque rappresenta un terzo del totale), dai combustibili solidi (al 6,1%) e dall’energia elettrica importata (al 4,9%). Cresce invece il contributo del gas (al 36,2%) e si conferma quello delle fonti rinnovabili (pari a poco meno di un quinto).

In Italia le rinnovabili sono impiegate diffusamente sia per la produzione di energia elettrica, sia per la produzione di calore, sia infine in forma di biocarburanti immessi in consumo nel settore trasporti. Per quanto riguarda il settore elettrico, le stime preliminari Terna-Gse riportate dal ministero indicano per il 2017 una contrazione della produzione elettrica effettiva da rinnovabili di circa 4 TWh rispetto al 2016 (da 108 TWh a circa 104 TWh), dovuta in larga parte a fattori climatici: la contrazione ha difatti interessato principalmente la fonte idraulica, che pur confermandosi quella maggiormente utilizzata (35% della generazione da Fer), mostrerebbe una riduzione significativa della produzione rispetto all’anno precedente (-15%) a causa della bassa piovosità. Il clima ha influenzato in modo rilevante anche l’andamento del settore termico. Le stime preliminari relative al 2017 indicano infatti un consumo di energia termica da fonti rinnovabili pari a 11 Mtep; l’incremento rispetto all’anno precedente (+6% circa) è attribuibile principalmente alle temperature più rigide e al conseguente maggior fabbisogno di calore. Per quanto riguarda il settore trasporti, infine, le stime preliminari sviluppate dal Gse per il 2017 indicano un lieve incremento dell’immissione in consumo di biocarburanti, in massima parte costituiti da biodiesel; il contenuto energetico complessivo dovrebbe attestarsi intorno a 1,06 Mtep.

Complessivamente, il contributo totale offerto da rinnovabili ed efficienza al sistema-Paese risulta molto positivo anche dal punto di vista sociale ed economico, oltre che ambientale. Il Mise stima ad esempio che nel solo 2017 alle attività legate alla realizzazione e gestione di nuovi impianti alimentati da Fer siano corrisposte circa 70.000 unità di lavoro permanenti e 44.000 temporanee, per 114mila unità di lavoro totali.

Senza dimenticare che, nel periodo 2005-2017, si stima che con le misure per l’efficienza energetica l’Italia abbia risparmiato 13,4 milioni di tep all’anno di energia primaria e oltre 3,5 miliardi di euro l’anno di mancate importazioni, che hanno alleggerito la bolletta energetica del Paese: la progressiva incidenza delle Fer e la riduzione dell’intensità energetica (106,7 tonnellate equivalenti di petrolio per milione di euro) hanno contribuito, negli ultimi anni, alla riduzione della dipendenza del nostro Paese dalle fonti di approvvigionamento estere.

I progressi compiuti sul fronte dell’energia dovranno però essere più rapidi – mentre attualmente stanno rallentando, come già accennato – per centrare gli obiettivi che l’Italia si è data a medio termine. Se infatti l’incidenza delle rinnovabili sui consumi finali lordi è stimata al 17,7% nel 2017 (a 123 Mtep) rappresenta un valore superiore per il quarto anno consecutivo al target stabilito per l’Italia dalla direttiva 28 per il 2020 (17%), occorre considerare che la differenza da colmare, in 12 anni, per raggiungere l’obiettivo al 2030 fissato dalla Strategia energetica nazionale approvata a novembre 2017 (quota Fer pari al 28%) è intorno ai 10 punti percentuali. E l’Enea si è già preoccupata di spiegare che sia la sostanziale stagnazione delle emissioni di CO2eq nazionali, sia lo stallo registrato sul fronte delle energie rinnovabili non appaiono in linea con gli obiettivi al 2030: occorre accelerare, a partire da subito.