È nato Biorepack, il consorzio italiano per il recupero delle bioplastiche

Costa: nell’ambito della direttiva Ue contro la plastica monouso l’Italia sta «negoziando con l'Unione europea la possibilità di dare spazio ad una filiera importante e che ci vede tra i primi al mondo»

[15 Maggio 2020]

«Ho dato l’ok per lo statuto del primo consorzio per le bioplastiche italiano, Biorepack, ed è uno dei primi a livello europeo». La notizia arriva direttamente dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, rispondendo a un’interrogazione parlamentare della deputata LeU Rossella Muroni, e rappresenta una notizia importante per l’economia circolare italiana: si tratta del settimo consorzio di filiera all’interno del sistema Conai per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile.

Le bioplastiche, ovvero plastiche non derivate da petrolio ma da risorse rinnovabili come quelle agricole o da scarti organici, rappresentano infatti una filiera industriale di grande valore per la green economy dove l’Italia eccelle a livello internazionale. Il loro crescente utilizzo di bioplastiche sotto forma di piatti, bicchieri, posate, altre stoviglie e contenitori sta però creando difficoltà per il loro recupero una volta giunte a fine vita.

Per le loro caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità vanno conferite all’interno dei contenitori deputati alla raccolta della frazione organica, ma di fatto per essere correttamente trattate richiedono impianti con caratteristiche molto diverse (in termini di condizioni di temperatura, umidità, tempo di trattamento, etc) rispetto a quelle necessarie per gli altri rifiuti organici. Il risultato è un sistema di gestione rifiuti che rischia di andare in tilt, oltre a creare confusione nei cittadini chiamati fare la raccolta differenziata.

L’auspicio è che l’arrivo di Biorepack possa migliorare il recupero a fine vita delle bioplastiche. «Noi sappiamo – argomenta Costa – che racchiude in sé 252 aziende, 2.600 addetti, 700 milioni di fatturato, lavora 90 mila tonnellate di bioplastica, è nell’ambito del Conai, del consorzio degli imballaggi, ed è parallelo al Cic, cioè il Consorzio italiano per il compostaggio. Che vuol dire? In buona sostanza, vuol dire che si lavora insieme agli impianti di compost nel compostaggio su filiere simili. Che cosa vuol dire ancora? Che in buona sostanza queste bioplastiche, quando finiscono là, riescono ad entrare nel principio dell’economia circolare e sottraggono – abbiamo fatto dei conti “spannometrici”, poi vediamo nel corso del tempo – non meno di 120 mila tonnellate di plastiche non recuperabili».

Nel corso dell’interrogazione il ministro Costa ha inoltre precisato che nell’ambito della direttiva europea Sup, la Single Use Plastics che punta a ridurre l’impiego delle plastiche monouso, l’Italia sta «negoziando con l’Unione europea proprio la possibilità di dare spazio ad una filiera (quella delle bioplastiche, ndr) che per l’Italia è importante e che ci vede tra i primi al mondo. Chiaramente è uno spazio di negoziazione che noi concluderemo entro luglio 2021, come la direttiva ci propone».

La direttiva Ue approvata lo scorso anno introduce infatti restrizioni sui prodotti in plastica monouso: si va da riduzioni al consumo – come nel caso di tazze per bevande e contenitori per alimenti – al divieto di immissione sul mercato per prodotti come bastoncini cotonate, posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande e bastoncini per palloncini. Il testo prevede restrizioni esplicite per prodotti monouso in plastica tradizionale e oxo-degradabile, mentre per quanto riguarda le plastiche biodegradabili il Consiglio Ue si limita a suggerire che la definizione di “plastica” «dovrebbe riguardare» anche quelle biodegradabili.

Tutto dipenderà dunque da come la direttiva sarà recepita nell’ordinamento italiano, con la Commissione Ue che sarà poi chiamata a valutare la corretta implementazione. «Davvero ottime notizie – commenta Muroni – Ben venga finalmente il consorzio sulle bioplastiche, l’allargamento del sistema Conai».