Dal Gse il dettaglio sul Burden sharing

Energie rinnovabili, 14 regioni italiane hanno già superato gli obiettivi previsti al 2020

Negli ultimi anni però questa crescita si è quasi fermata: continuando così al 2030 il Paese si fermerebbe al 22%, ben lontano dai nuovi target europei

[22 Luglio 2019]

Nella maggior parte delle regioni e province autonome la quota dei consumi energetici coperta da fonti rinnovabili risulta superiore al target assegnato per il 2020 attraverso il decreto ministeriale 15/3/2012 sul Burden sharing, quello che individua il contributo minimo di ogni regione al raggiungimento dell’obiettivo nazionale (una quota dei consumi finali lordi complessivi di energia coperta da fonti rinnovabili almeno pari al 17% entro il 2020). Secondo quanto rilevato dal Gestore dei servizi energetici (Gse) nel suo rapporto di monitoraggio Fonti rinnovabili in Italia e nelle regioni, si tratta di un risultato «in linea con quanto si rileva a livello nazionale», con devi veri picchi d’eccellenza.

«La quota più elevata nel 2017 è raggiunta dalla Valle d’Aosta, che copre con le rinnovabili l’82% dei propri consumi energetici – dettaglia il Gse, riportando i dati sui consumi finali lordi di energia coperta da Fer escluso il settore dei trasporti – seguita dalla Provincia di Bolzano (64%), dalla Basilicata e dalla Provincia di Trento (entrambe 45%), dalla Calabria (43%) e dal Molise (40%). In termini assoluti la Lombardia, di gran lunga la regione più popolosa, ha il più alto dato sia di consumi finali lordi sia di consumi da fonti rinnovabili».

Più in generale, nel 2017 la maggior parte delle regioni e delle province autonome ha raggiunto una quota dei consumi finali lordi di energia coperta da fonti rinnovabili superiore alle previsioni del decreto burden sharing relative al 2018 (fanno eccezione Liguria, Lazio e Sicilia), superando in 14 regioni anche gli obiettivi fissati per il 2020. Anche a livello complessivo nazionale il dato rilevato al 2017 (17,4%, al netto del contributo Fer nel settore dei trasporti) supera di quasi un punto percentuale quello dell’anno precedente, e risulta superiore sia alla previsione per il 2018 (12,2%) sia alla previsione per il 2020 (14,3%).

«Fatte salve le caratteristiche e le condizioni specifiche delle singole regioni, tali fenomeni – spiega il Gse – si collegano, da un lato, alla notevole performance delle Fer, ormai consolidata da diversi anni; dall’altro, alla tendenziale contrazione dei consumi energetici complessivi, legata principalmente alla difficile congiuntura economica e alla crescente diffusione delle politiche di efficienza energetica».

Il problema è che se l’Italia delle rinnovabili sta rispettando perfettamente (anzi, con anticipo) gli obiettivi vincolanti fissati per il 2020 dalla Direttiva 2009/28, per quelli più sfidanti posti al 2030 è in forte ritardo: come osservato nei mesi scorsi proprio dal Gse, «negli ultimi 5 anni si è assistito a una crescita media annua di 0,3 punti percentuali dei consumi energetici soddisfatti dalla produzione da rinnovabili favorita, in parte, anche da una diminuzione tendenziale dei consumi stessi per la congiuntura economica internazionale. Continuando in questa direzione, al 2030 il Paese raggiungerebbe un obiettivo del 22%, ben lontano dal 30% che si pone il Piano energia e clima» a fronte del 32% stabilito a livello europeo dalla direttiva Red II.