Investimenti e consumi pubblici al palo

Che fine ha fatto l’economia circolare nell’ultimo Def?

In Italia vigono agevolazioni fiscali per 313,1 miliardi, ma al riciclo non va neanche 1 euro

[11 Aprile 2016]

Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio dei Ministri è stato approvato il nuovo Documento di economia e finanza (Def), che sarà presto esaminato a Bruxelles. Si tratta di un elaborato dove il renziano ottimismo lascia il posto a numeri tutt’altro che incoraggianti. La crescita del Pil nel 2016 viene fissata a +1,2% (pochi mesi fa la stima era +1,6%), il debito al 132,4% e il deficit al 2,3% del Pil. Soprattutto, stretto nelle briglie dell’austerità, il Def ancora una volta non elabora una strategia per tornare a far crescere il Paese (per non parlare di declinazioni più o meno sostenibili di tale crescita).

Non esiste un economia di mercato al mondo – commenta l’economista Gustavo Piga –  che sia competitiva senza la presenza, forte e vicina, di uno Stato che sostiene l’impresa con adeguati investimenti pubblici. Ma gli investimenti pubblici italiani sono costantemente al di sotto della media dell’Unione europea e ai suoi minimi da sempre dal dopoguerra, al 2,2% del Pil». Al di là delle dichiarazioni di facciata, continua Piga, «il governo, il più importante produttore di ottimismo che esiste nell’economia di qualsiasi Paese che funzioni, in Italia ha clamorosamente fatto flop, scrivendo documenti pluriennali che deprimono le aspettative degli imprenditori».

I numeri prodotti nel Def rafforzano queste tendenze depressive. Gli “investimenti fissi lordi” del settore pubblico sono stimati per il 2016 al 2,3% del Pil, proprio come nel 2015, e tali si immagina rimarranno fino al 2019, quando addirittura caleranno dello 0,1%. Per i “consumi pubblici”, il declino segnato nel Def è ancora più evidente.

Non sarebbe una tragedia se, almeno, a fronte di investimenti e consumi calanti si individuasse una vera strategia di sviluppo, declinata secondo quella sostenibilità ambientale e sociale che i tempi richiedono. «Il punto che abbiamo di fronte – come ha sottolineato oggi il segretario della Fiom, Maurizio Landini, commentando l’ormai prossimo referendum sulle trivellazioni petrolifere – è aprire una discussione su cosa significa oggi produrre, cosa produrre e con quale sostenibilità ambientale. Ma un passaggio del genere ha bisogno di un coordinamento nazionale che oggi non c’è».

Basti dare un’occhiata al capitolo delle tax espenditures (ovvero le agevolazioni e le esenzioni fiscali) presenti oggi in Italia, cui ancora una volta nel Def ci si ripromette di revisionare. Da ultimo la Corte dei conti ha censito 799 agevolazioni fiscali, che valgono 313,1 miliardi di euro di mancato gettito fiscale. All’interno di un tale ciclopico groviglio si cela inevitabilmente di tutto, e non solo le agevolazioni per i bassi redditi.

«Leggo che il ministro dell’Economia studia tagli a detrazioni e deduzioni fiscali – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – Cominciamo da quelle sulle royalty per petrolio e gas?». Secondo il Fondo monetario internazionale, in Italia ogni anno i cittadini sono chiamati a versare 60 euro ognuno (4,02 miliardi di dollari in tutto) per sovvenzionare i combustibili fossili; secondo Legambiente, che aggrega sconti diretti e indiretti, la cifra sale a 14,7 miliardi di euro. Questo mentre l’esecutivo continua a ripetere che si trova in prima fila nella battaglia al cambiamento climatico. Perché?

E perché si continua a blaterare di economia circolare, senza predisporre né gli investimenti pubblici necessari né un sistema normativo e fiscale utile per lanciarla davvero in Italia? Nel Collegato ambientale approvato in Parlamento si ribadisce l’obbligatorietà degli acquisti pubblici verdi, senza prevedere sanzioni per gli inadempienti; al contempo, i pochi incentivi previsti per il riciclo non godono di certezze sui temi e sulle quantità. Su 313,1 miliardi di euro in agevolazioni fiscali, non c’è 1 euro dedicato al riciclo effettivo. L’ultimo Documento di economia e finanza, elemento essenziale per definire la strategia di crescita del Paese, non fa eccezione: dell’economia circolare, neanche l’ombra.