Geotermia, la variante al Paer toscano per le aree non idonee attesa entro fine legislatura

Fratoni: «Dovrà anche basarsi sull’espressione della volontà politica del territorio a perseguire un determinato sviluppo socio-economico»

[13 Marzo 2019]

Sulla geotermia sta proseguendo di gran lena il lavoro della Regione per arrivare «con ottimismo, ma anche con realismo» ad approvare una variante al Piano ambientale regionale (Paer) che definisca le aree non idonee (Ani) per l’installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana: l’informativa resa ieri in Consiglio regionale dall’assessore all’Ambiente – Federica Fratoni (nella foto, ndr)– fa così il punto di «un percorso impegnativo, nel quale sono previste anche fasi di partecipazione, secondo una tempistica molto puntuale», e che mira a concludersi «entro la fine della legislatura».

Ad oggi per altre fonti rinnovabili quali eolico, fotovoltaico e biomasse le aree non idonee sono presenti nel Piano regionale, mentre non è presente una regolamentazione delle aree idonee e non idonee all’attività geotermoelettrica. Per questo sin dal 2017 la Giunta ha fornito alcune linee guida cui hanno risposto 51 Comuni – tra quelli che già oggi ospitano impianti geotermoelettrici, limitrofi e altri –, che hanno inviato le loro proposte per l’individuazione delle Ani (per 27 Comuni  la non idoneità riguarda l’intero territorio comunale con possibili eccezioni per le aree industriali e artigianali nelle quali non può essere esclusa la realizzazione di impianti almeno a media entalpia), in una vasta operazione di ascolto del territorio.

Ma che cosa comporta in concreto l’individuazione delle Ani? Come osserva Fratoni non si configura «come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio, anche in termini di opportunità di localizzazione offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio». La non idoneità, infatti, si riferisce alla “localizzazione dell’impianto” nella sua complessiva filiera di estrazione (pozzo) e utilizzo della risorsa (centrale). Non si riferisce alle infrastrutture di collegamento (linee telefoniche, termodotti, strade). La non idoneità, inoltre, non investe l’intera fase della ricerca: «Le limitazioni sono soltanto quelle eventualmente imposte in sede di valutazione di impatto ambientale», anche perché nella geotermia, diversamente dalle altre fonti, è fondamentale conoscere nel dettaglio le caratteristiche del campo geotermico e del fluido stesso. Le aree non idonee, quindi, «non sono concepite e non possono in alcun modo limitare l’ambito della ricerca mineraria». L’assessore ha accennato anche ai criteri di valutazione di non idoneità: «Oltre ai vincoli previsti per legge, occorre considerare anche la tipologia di impianto da realizzare, la vocazione economica del territorio, il grado di saturazione rispetto alla presenza di impianti geotermici o altri impianti agricolo-industriali». In questo senso Fratoni ha rilevato come i vincoli localizzativi identificati dai Comuni «non possono essere considerati preclusioni assolute ma devono essere messi in relazione a quanto stabilito negli strumenti di pianificazione territoriale della Regione, soprattutto per quanto riguarda gli impianti ad alta entalpia che dovrebbe essere confinata nelle aree storicamente vocate all’attività geotermoelettrica». Le individuazioni delle Ani non esclude categoricamente che in quelle aree non sia possibile intervenire, segnala semmai che sarà relativamente difficile ottenere le necessarie autorizzazioni. Fratoni ha comunque affermato che il procedimento di identificazione non potrà concludersi con la sola segnalazione dei vincoli, paesaggistici, ambientali o produttivi: «Dovrà anche basarsi sull’espressione della volontà politica del territorio a perseguire un determinato sviluppo socio-economico».

In sostanza «non solo accettare le Ani ma anche accompagnare altre vocazioni dei territori per il giusto punto di equilibrio», come osserva il presidente della commissione Ambiente Stefano Baccelli (Pd). L’orizzonte rimane quello di una Toscana che punta a produrre elettricità solo da fonti rinnovabili entro il 2050, un obiettivo ambizioso per raggiungere il quale occorre l’apporto e l’integrazione di più fonti pulite. «Bene che ci sia un’apertura per il rinnovo del parco impiantistico, ma dobbiamo lavorare ad una transizione energetica che permetta – sottolinea al proposito il capogruppo del M5S, Giacomo Giannarelli – anche ad altri segmenti di rinnovabili di avere un ruolo da protagonista», una posizione evidenziata dal capogruppo di Sì-Toscana a sinistra: «Ben venga intanto questo aggiornamento», afferma Tommaso Fattori, evidenziando anche come «più volte siamo tornati sulla necessità di rivedere complessivamente il Piano regionale anche per una effettiva diversificazione delle fonti rinnovabili di energia».

Un contesto nel quale comunque la geotermia non potrà che mantenere per la Toscana un ruolo determinante, se vorranno essere mantenute le promesse di sviluppo sostenibile: sia per l’apporto in termini di elettricità prodotta (già oggi le centrali geotermoelettriche soddisfano oltre il 30% della domanda regionale, e più del 73% dell’elettricità prodotta sul territorio da fonti pulite arriva dalla geotermia), sia per le possibilità di diversificazione economica offerte dalla coltivazione del calore presente nel sottosuolo (dalle filiere agroalimentari al turismo), sia per quanto riguarda la produzione di energia termica utile alla climatizzazione degli edifici come all’impiego nei processi industriali.